Filippo Facci, che ama la musica, è un ipocondriaco di talento e il più giovane misantropo della storia universale. È pazzo di Wagner, e questo già la dice lunga sullo squilibrio sublime del suo orecchio. Ne fa una malattia, di questo suo amour fou.
Giuliano Ferrara (Prefazione a “Note di note” di Filippo Facci – Irradiazioni 2001)
Ho conosciuto Filippo Facci – sia pure non di persona, ma per una lunga serie i scambi di email su Wagner, la musica sinfonica e l’opera lirica – intorno al 1998, più o meno. A leggere le cose che scriveva – non solo di musica, ovviamente, mi dava l’idea di essere una persona assai curiosa, bizzarra e decisamente anticonformista.
Questa consuetudine di email, in cui si discuteva di varie cose – spesso legate alla politica ed all’attualità – lo aveva indotto a farmi gentile omaggio del file contenente il testo “integrale ed originale” del suo primo libro su Antonio Di Pietro: molto interessante.
Domani esce “Di Pietro, la storia vera”, nuovo libro di Facci. Su Macchianera.net l’autore racconta alcuni aspetti della sua vita che possono aiutare a comprendere qualche aspetto della vita pubblica degli ultimi quindici anni:
Ma un cronista dell’«Avanti!», al tempo, aveva poche alternative tra l’essere considerato un cane sciolto o l’essere considerato un cane. Ricordo quando entrai nella sala stampa del palazzo di giustizia e tutti uscirono, come capitò anche a un cronista del «Secolo d’Italia».
Nell’insieme: lavoravo da abusivo per il giornale dei ladri, ero disprezzato dai colleghi e da chiunque in quel periodo sapesse dove scrivevo, completamente gratis, in teoria non potevo neppure entrare in redazione e sotto i miei articoli c’era la firma di un altro.
Però c’era la salute.
Ho letto il pezzo su Macchianera. Potrebbe ben figurare in una raccolta di libri di Buzzati. Una roba assurda.
Gli auguro ogni bene. E mi comprero’ il suo libro non appena metto piede in Italia.