La Fame di Venere

1 Albio, non devi soffrire troppo al ricordo
della crudele Glicera, non devi intonare
elegie lamentose se uno più giovane
ti eclissa e la fa mancare alla sua parola.


5 Licoride dalla fronte sottile arde d’amore
per Ciro, Ciro invece inclina verso la ruvida
Foloe ma prima si accoppieranno i caprioli
ai lupi di Puglia che Foloe
si unisca a un amante brutto
.
10 Così vuole Venere, che con uno scherzo
crudele ama sottomettere a un giogo di bronzo
anime e corpi diversi.

E anche me, mentre un amore più nobile
mi voleva, mi strinse in dolci
15 catene la liberta Mirtale, più violenta
dell’Adriatico che forma i golfi pugliesi.

Venere cerco, come in un sogno; Venere supina, con le bianche carni accecanti le cosce ardenti; Venere che allunga le braccia verso di me le ascelle e il ventre ricoperti di brina, lei che non può aspettare e mi sprofonda in un mulinello di acque blu marine dove la luce filtra appena; alla mia età mi ispira ancora e ritorna fino a che il suo ricordo diventa profumo e poi presenza. Ricordo l’ultima volta ancora ricordo che era poco tempo fa che i fremiti mi attraversavano le ossa ma vale qualcosa ricordare le sue membra morbide e dolci, i pensieri sottili che si insinuano come tarli nel giorno, bianchi come l’avorio ed umidi, i suoi spruzzi di mare sugli scogli? vale la pena ricordarli? Da quella schiuma di sperma e conchiglie coi frutti frementi, io conservo il ricordo. Vorrei che mi abbracciasse ancora una volta restituendomi il mio antico vigore ancora cavalcare a pelo l’odore e il sudore della bestia, ritrovarsele sulle mani tra i capelli di lei. La dea che dispensa è anche quella che toglie..ma perchè lasciarmi con questa fame, condannarmi a un inverno in cui vivono i ricordi? Non sarebbe meglio, giunto ormai alla mia età avere il potere di cacciarli via come uccelli notturni dalla camera da letto? L’inverno dell’uomo è costellato da ricordi brucianti, da malanni distillati dall’anima che infettano il cuore; i memento vivi sono peggiori dei memento mori . Per inclinazione ci abituiamo all’inverno lentamente ci adattiamo a quel gelo e anche allo sfacelo del corpo sono cose che non costano molto alla fine e che soprattutto non fanno rumore: tutto cospira ad accettare la morte e anche le parole in quel giardino ovattato di qualche filosofo o scienziato leniscono e assecondano quel viaggio, preparandoci in silenzio senza schiamazzi. Ma ecco che invece del chiarore mitigato della sera spuntano contrafforti, immagini dai colori accesi e urla violente, tentacoli che stringono e che non esistono più da quaranta, trent’anni, che dovrebbero essere diventate sabbia, tornano a ferire il giorno con una luce forte, bordata di bianco, che tutto illumina come un’aureola. E’ il colore della giovinezza, i suoi ricordi trasportati dal calore bianco, tornano sempre; a volte si limitano a sventolare la loro opportunità mancata . Ma perchè e cosa sono questi ricordi che sono agitati osceni davanti che mi feriscono gli occhi? Vogliono ricordare ancora una volta cosa significava vivere quella felicità piena in un corpo pieno di vigore, dispensatore di sussulti. Sono come presentimenti alla rovescia, vogliono imprimere una svolta dal passato. Vogliono forse insegnarci qualcosa? Forse che sto sbagliando tutto e che non si deve morire da morti?

Eros in effetti vi è descritto come una forza esterna che afferra colui che prova desiderio. “Questa forza agisce sull’organo che per i Greci è la sede dei sentimenti: il petto; inonda il cuore, per sottometterlo, e provoca nella persona che ne è colpita uno stato che trova espressione nel verbo éramai “desiderare”,”amare”. Questo stato di desiderio è collegato a un’altra persona, ossia a quella che l’ha suscitato”. l’amicizia è definita dalla costanza della relazione e dallo scambio comunicativo, mentre l’amore è una passione bassa, passeggera, volubile e contingente. Venere è una dea incostante e insaziabile. Non si fa problemi ad abbandonare il marito per conservarne l’intensità. La sua fame non può essere soddisfatta, “sopravvive anche quando si è sazi” e “sconfina di continuo” (1)

La natura dovrebbe contentarsi di aver reso quest’età miserabile, non c’è alcun bisogno che la renda anche ridicola. Odio vederlo stizzirsi ed agitarsi per quel meschino vigore che lo riscalda tre volte a settimana, con una furia simile a quella dei giorni migliori. Che fuoco di paglia! (c) Mi sorprende che il suo ardore, vivo e scoppiettante, si spenga e si raffreddi all’improvviso. Il desiderio dovrebbe toccare solo il bel fiore degli anni. (b) Assecondate il vostro ardore instancabile, pieno, continuo e abbondante. Sappiate che vi abbandonerà sul più bello. Rivolgetelo senz’altro a qualche ragazza tenera, stordita e inesperta, che ancora tremi e arrossisca di fronte alla verga. 

“Tu, Dea, governi da sola la natura,
e senza di te nulla approda alle divine rive della luce, 
nulla è lieto nè amabile” (1)

(…) Eros non mi ha licenziato da molto tempo. Conservo ancora il vivido ricordo della sua forza e del suo valore, riconosco i segni dell’antica fiamma  (2) 

La febbre lascia sempre un po’ di calore e di eccitazione. E questo calore non mi abbandona nell’inverno degli anni. (3) 

Per quanto mi sia appesantito e inaridito, avverto ancora qualche mite residuo dell’ardore passato

(…) La poesia ha una disposizione più amorosa dell’amore stesso. E una Venere viva, nuda e ansimante, non è bella quanto in questi versi di Virgilio:

Così la dea ha parlato, e poichè egli ha esitato, circondandolo con le braccia bianche lo riscalda in un lieve amplesso. La ben nota fiamma lo pervade d’un tratto, l’ardore consueto gli penetra le midolla e corre per le ossa frementi. Così, scaturita dal tuono corrusco, una striscia di fuoco guizzante brillando attraversa le nubi (…) Ciò detto, la stringe nell’atteso amplesso e in grembo alla sposa abbandona le membra a un placido sonno. (5) 

Tentato invano il fianco e gli inguini molli come il cuoio bagnato, che la sua mano invano ha provato a eccitare, abbandona il talamo innocuo  (6) 
Non è sufficiente che la volontà sia retta. La debolezza e l’impotenza possono rompere legittimamente un matrimonio:
Bisognava cercare da qualche altra parte un marito con maggior forza che fosse in grado di slacciare la cintura della sua verginità. (7)
Perchè no? A seconda della sua misura, un’intesa amorosa più licenziosa e attiva può venire a capo delle sue dolci necessità. (8)  

Ma non è forse indecente portare le nostre imperfezioni dove vogliamo piacere e lasciare dietro di noi stima e un buon ricordo? Per quelle che sono le mie attuali necessità, io sono capace soltanto di un unico assalto. (9) 
Non vorrei importunare qualcuno che dovrei, piuttosto, rispettare e temere
Chi ha superato i cinquant’anni non fa più paura (10) 
Come avorio indiano intinto di porpora sanguigna, o come un giglio bianco che, fra le rose, faccia risaltare il loro colore vivo (11) 

Chi può aspettare il giorno successivo e vedere senza vergogna il disprezzo di quegli occhi consapevoli della sua spossatezza e impotenza,
I suoi sguardi erano carichi di scherno, non disse neanche una parola (12) 
costui non ha mai avuto la soddisfazione e la fierezza di aver reso quegli stessi occhi pesti e appannati in una notte operosa e attiva. Quando ho visto che qualcuna si annoiava di me non ho pensato subito alla sua leggerezza. Mi è venuto invece in mente di prendermela con la natura. La quale, non c’è dubbio, mi ha trattato da incivile e ingiustamente,

Se il mio membro non è abbastanza lungo e grosso: le matrone disprezzano giustamente un membro piccolo (13) 

Michele de Montaigne, La Fame di Venere, 1588

 
1  (Plutarco)
2 (Virgilio)
3 (Jean Second)
4 (Giovenale, Satire)
5 (Virgilio, Eneide)
6 (Marziale)
7 (Catullo)
8 (Virgilio)
9 (Orazio)
10 (Orazio)

11 (Virgilio, Eneide)

12 (Ovidio, Amores)

13 (Priapea)

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