Gorbačëv. Quel che ci si è dimenticati di dire

A qualche giorno dalla sua morte, sopravvenuta lo scorso 31 agosto, vale la pena di fare qualche osservazione su come nella circostanza è stato commemorato in Occidente Mikhail Gorbačëv, l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, con il cui scioglimento nel dicembre 1991 si concluse la Guerra fredda.

Ci si è dimenticati di dire che tale conclusione accadde, per sostanziale volontà degli Stati Uniti di Reagan e di George Bush senior, in modi ben diversi e ben più catastrofici da quel che Gor bačëv avrebbe voluto e sperato che gli Usa consentissero. Quella perestroika (= ricostruzione, riorganizzazione) dell’Unione Sovietica cui egli aveva posto mano implicava un aiuto o almeno un attivo consenso dell’Occidente che invece venne negato provocandone il collasso e la fine; e perciò ponendo molti dei semi del disordine internazionale con cui oggi ci stiamo confrontando.

La Guerra fredda era stata una guerra mondiale a tutti gli effetti, anche se non guerreggiata al centro del sistema. Lo scontro militare tra le due superpotenze avveniva indirettamente nel Vicino Oriente,  in Vietnam, in Afghanistan, nell’America centrale e nei Caraibi e così  via, mentre al centro del sistema lo scontro era invece economico-finanziario. Finita la guerra, gli Usa non vollero negoziare il grande trattato di pace, il “congresso di Vienna” che Gorbačëv si attendeva e che sarebbe stato necessario. Per avere le mani libere preferirono lasciare il mondo nella situazione incerta di cui oggi stiamo pagando le conseguenze, e la Russia in un disagio che oggi tanti russi addebitano allo stesso Gorbačëv.

Ricordo che in quegli anni ebbi l’occasione di parlare con Helmut Sonnenfelt, esperto di affari sovietici e poi russi del Dipartimento di Stato Usa, amico e stretto collaboratore di Henry Kissinger. Gli obiettai che gli Usa non stavano affatto aiutando la Russia nella difficile fase di transizione in cui si trovava. Mi rispose che era proprio così: si aspettavano che, dopo una fase convulsa, ritrovasse da sé la strada dell’economia di mercato. “Ma non c’è il rischio che esploda coinvolgendo nella sua esplosione il resto del mondo e l’Europa in particolare?”, gli domandai. “No”, mi rispose freddamente, “Al massimo implode”. “E non c’è il rischio che qualcuno in questa fase di implosione metta mano alle bombe nucleari di cui  l’URSS sappiamo aveva grandi scorte?”, gli domandai. “Deve sapere”, mi rispose, “che ieri nell’URSS e oggi in Russia per ragioni di sicurezza le testate nucleari sono immagazzinate lontano dai razzi vettori e si trovano sotto il controllo di capi militari diversi. I nostri satelliti vigilano su questa situazione e se vedessimo che qualcuno sta portando le testate là dove sono i razzi interverremmo”.

 È all’ombra di orgogliose sicurezze come questa che si è creato il mondo squilibrato e confuso nel quale viviamo oggi.

2 settembre 2022

Informazioni su Robi Ronza

Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.
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3 risposte a Gorbačëv. Quel che ci si è dimenticati di dire

  1. cesare chiericati ha detto:

    Analisi che condivido pienamente

  2. Piero ha detto:

    È andata proprio così!!!

  3. Dario ha detto:

    Eppure i cattolici italiani vogliono tutti fare gli americani. Movimenti in primis!

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