Il sosia – Le sosie – The double

sulla panchina

Il sosia

I miei pensieri che nella notte hanno guizzato
come pesci impazziti nel lago oscuro della memoria
si sono dissolti all’alba nella vampa rossa del sole.
Trascorrerò questo giorno di luce nella felicità comune
al pensiero del mondo, al suo continuo mutamento
che lascia tutto immobile nella doppiezza del suo senso.
Rapito in questa mia azzurra beatitudine
mi sono seduto su una panchina
a leggere il giornale a gambe larghe
come quei vecchi che ottant’anni addietro sbadigliavano all’ombra
dei giardini silenziosi. Li ricordo erano quattro.
Neri lucidi bramosi
si narravano tra loro con le mani incrociate sull’elsa dei bastoni
dritti tra le gambe le storie
di giovinezza, di atrocità, di guerre scampate e dell’errore
d’essersi innamorati di ragazze che pronunciavano sentenze
di morte provvisoria.
Pentimenti improvvisi sospendevano la condanna e le ragazze
concedevano la grazia tra le loro braccia.
I vecchi sapevano che se avessero chiuso gli occhi
tutto sarebbe svanito e le memorie
si sarebbero accese sulle labbra di altri. Li guardavo
e temevo che qualcuno di loro morisse abbracciato a un ricordo.
Uno in particolare
meno vecchio degli altri con un bastone nodoso simile a un ramo
staccato vivo da un albero.
Seduto alla loro sinistra guardava
con attenzione come chi attende un amico o cerca
qualcosa tra i mucchi di foglie ingiallite della memoria. Mi somigliava.
Ma io sono giovane e lui molto più vecchio. Sono certo
che ripensava a quand’era ragazzo
a sua madre che gli diceva non ascoltare i vecchi: è la loro tristezza
che uccide come tuo padre più vecchio di me ha ucciso
i sogni di entrambi.
Poi si guardava le mani e piangeva
come un impostore sui sogni dei figli. Sentiva tutto il passato
simile a un cappio che si stringeva attorno al suo collo.
Ricordava la donna
che prima d’andare al lavoro gli spianava sul petto  le pieghe
della camicia bianca e gli porgeva nel cavo della sua piccola mano
una tazza colma di un infuso azzurrognolo.

Piego sottobraccio il giornale. Allontanandomi vedo
tre cespi di rose bianche sfiorite ai lati della panchina.
Anche i vecchi sono cespi sfioriti
chiazze gialle marcite su una tomba dimenticata che il tempo
va sbriciolando in macerie.
Confuso dai miei stessi pensieri cerco di distogliere gli occhi.
M’inebrio al profumo
di erba falciata da un’invisibile mano. Sento il rimpianto
di non aver stretto amicizia
con quel giovane vecchio che ha accettato la vita
come un caso o un fato. Mi somigliava.
Decisamente.

Le sosie

Dans l’ardeur rouge du soleil l’aube a dissous mes pensées
qui dans la nuit ont frétillé dans le lac ténébreux de la mémoire
comme des poissons devenus fous .
Je veux passer cette journée de lumière dans une communion heureuse
avec la pensée du monde, avec son changement eternel
qui laisse tout immobile dans la duplicité de son sens.
Ravi dans ma béatitude azure
je me suis assis sur un banc avec les jambes écartées
à lire le journal
comme ces vieillards qui il y a quatre-vingts ans bâillaient à l’ombre
de jardins silencieux. Je les rappelle ils étaient quatre.
Noirs brillants avec des regards de convoitise
ils racontaient entre eux, les mains croisées sur le manche des bâtons
droits entre ses jambe, les histoires
de la jeunesse , des atrocités, des guerres évitées et de l’erreur
d’être tombé amoureux des filles prononçant des sentences
de mort provisoire.
Les repentirs soudains suspendaient la peine et les filles
accordaient la grâce entre leurs bras.
Ces vieillards étaient sûrs que s’ils fermaient les yeux
tout aurait disparu et ses souvenirs seraient allumés
sur les lèvres des autres. Je les regardais
et j’avais peur que quelqu’un d’entre eux mourait cramponné à un
de ses souvenir. Un en particulier
moins âgé que les autres avec un bâton noueux comme une branche
détachée encore vivante d’un arbre.
Assis à leur gauche, il regardait
soigneusement comme quelqu’un qui attend un ami ou cherche
quelque chose parmi les tas de feuilles jaunies de la mémoire. Il me ressemblait.
Mais je suis jeune et il était beaucoup plus âgé que moi. Je suis sur
qu’il repensait à quand il était un garçon
à sa mère qui lui disait de ne pas croire aux vieillards: c’est leur tristesse
qui tue comme ton père plus âgé que moi a tué
les rêves de tous les deux.
Puis il regardait ses mains et pleurait
comme un imposteur sur les rêves de ses enfants. . Il sentait que tout le passé
était un nœud coulant qui se serrait autour de son cou.
Il se souvenait de la femme
qui lui rabattait les plis de sa chemise blanche sur la poitrine
avant d’aller travailler et lui tendait dans le creux de sa petite main
une tasse remplie d’une infusion bleuâtre

Je plie le journal sous mon bras. En m’éloignant je vois
trois bouquets de roses blanches fanées à côté du banc.
Même les vieillards sont des bouquets fanés,
des taches jaunes pourries sur une tombe oubliée que le temps
réduit à un amas des décombres.
Accablé par mes propres pensées, j’essaie de détourner le regard.
Je m’enivre au parfum
d’herbe tondue par une main invisible. Je regrette
ne pas m’être lié d’amitié
avec ce jeune vieillard qui a accepté la vie
comme un cas ou un destin. Il me ressemblait.
Certainement.

The double

My thoughts that have darted in the night
like crazy fish in the dark waters of memory
they dissolved at dawn in the red blaze of the sun.
I will spend this day of light in happiness, common
to the thought of the world, to its continuous change
that leaves everything immobile in the duplicity of its meaning.
Kidnapped in my blue bliss
I sat on a bench with legs apart
to read the newspaper
like those old men who eighty years ago yawned in the shade
of silent gardens. I remember them, were four.
Black shiny eager
they tell to each other with their hands crossed on the hilt of sticks
straight between the legs, the stories
of youth, of atrocities, of escaped wars and of error
having fallen in love with girls pronouncing sentences
of provisional death.
Sudden repentance suspended the sentence and the girls
are grant grace in their arms.
These old ones that if they had closed their eyes
everything would have vanished and those memories
they would be lit on the lips of others. I looked at them
and I was afraid that some of them would die in a memory.
One in particular
less old than the others with a gnarled stick like a branch
detached from a tree.
Sitting on their left, he looking
carefully like someone waiting for a friend or looking for
something between the piles of yellowed leaves of memory. He seems my double.
But I am young and he is much older than me. I’m sure
he thinks thought back to when he was a boy
to his mother who told him “do not listen to old men: it’s their sadness
that kills like your father older than me, he killed
the dreams of both. ”
He looked at his hands and cried
as an impostor on the dreams of children. He felt all the past
like a noose tightening around his neck.
He remembered the woman
that smoothed on his chest before going to work the folds
of his shirt and she held in the hollow of his hand
a cup full of a bluish infusion.

I fold the newspaper under my arm. As I go away, I see
three tufts of white roses withered to the sides of the bench.
Even the old ones are withered bush
rotten yellow patches on a forgotten grave that the time
is crumbling into rubble.
Overwhelmed by my own thoughts I try to look away.
I get drunk with the scent of wine and
of grass mowed by an invisible hand. I feel regret
not being close friend
with that young old man who accepted life
like a case or a fate. He resembled me
Definitely.

 

33 pensieri su “Il sosia – Le sosie – The double

  1. La poesia è bella, ma decisamente troppo triste e amara, non è vero che i vecchi sono come cespugli sfioriti, pensa invece a tutte quelle cose che con il tempo migliorano, come il vino, il liquore, il parmigiano, il legno e tanti ma tanti altri!

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    • Silvia, i miei versi ti hanno procurato tristezza e questo mi dispiace. La vecchiaia non è una bella cosa: la si accetta perché non se ne può fare a meno ma c’è ben poco di che stare allegri: ogni giorno che passa si avverte sempre più che la meta buia si avvicina a passi di lupo. Poi fingiamo di non pensarci per evitare conseguenze peggiori. Ma sappiamo bene che siamo nella parabola discendente. Fingere che tutto questo non esista? Sì fingiamo, ma io scrivo quello che per me è la verità. Ciò non toglie che mi dispiace averti procurato tristezza. Buona serata, Silvia.

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      • Non la penso come te, credo che ci si debba porre con uno spirito diverso, certo che la vita che rimane di fronte non è come quella quella che abbiamo passato, ma non si può mai sapere come e quando finirà! Purtroppo ho visto molti giovani morire per mille cause diverse e questo non di certo a causa della vecchiaia! Non dico che non bisogna pensarci….ma anche aspettare giorno giorno che avvenga non aiuta di certo, rovina solo il tempo che rimane.

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  2. quante storie transitate sulle panchine al sole, dove gli anziani sono soliti radunarsi a chiacchierare o in malinconica solitudine.Ho sempre pensato ai tanti aneddoti che sono volati in cielo con quegli occhi pieni di cataratta e sofferenza, e si ravviva la malinconia ogni volta che li vedo, perchè persi il mio unico nonno vivente quando ero quindicenne, e non ho avuto il piacere adulto di rivolgergli domande o ascoltarlo con la considerazione che avrebbe meritato, lui che di guerra lutti miseria e generosità aveva pieno l’animo e che pur senza bastone ha potuto godere poco di quel sole dopo la sua vita lavorativa. Bello questo tuo spaccato di vita altrui che bene o male ci coinvolge tutti a ciclo periodico..Buona giornata Marcello

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  3. ci sono giovani che nascono vecchi e vecchi che muoiono giovani molto dipende dalla vita che si vive mi chiedo se la morte ci renda tutti giovani o tutti vecchi oppure come dici tu come cespugli sfioriti che però hanno lasciato in vita un profumo difficile da dimenticare mai dimenticherò il profumo di mio padre ciao marcello buona domenica

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  4. Quanta malinconica verità.
    Bella e dolorosa per me. credo che gli anni che passano hanno sicuramente i loto ehandicap, ma hanno anche perle preziose che posssono dare continuità alle generazioni a venire.

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  5. Pingback: Il sosia>< Le sosie, di Marcello Comitini – Alessandria today

  6. L’età che avanza ci dona consapevolezza, saggezza, forse anche una quiete che gli animi più inquieti inseguono dolorosamente e con affanno per tutta la vita.
    Pone grandi limiti, è vero, ma chiarisce e placa senza spegnere i più autentici fervori del cuore.
    A prescindere da queste mie considerazioni…trovo la poesia molto, molto bella!

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    • Grazie della visita e dell’apprezzamento, Marilena.
      So che i miei versi su quella che io chiamo crudelmente, ma anche onestamente, vecchiaia hanno scosso (per non dire indignato o quanto meno sconcertato) gli animi di molti. Ma io sono vecchio, sento i limiti della mia vecchiaia che purtroppo placa e spegne giorno dopo giorno i più carnali “fervori del cuore”. E se per caso non li spegnesse sarebbe una cosa orribile da pensare e orrenda da vedere.
      Sono uno di quegli animi inquieti, di cui parli tu, privo di saggezza e consapevolezza. Di una cosa sono pienamente consapevole, ma preferisco non dirla perché resta sempre sulla soglia dell’immaginario collettivo, mentre varca silenziosamente quella dell’immaginario dell’individuo e gli dona quiete. Una quiete paurosa?

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  7. Eccomi qui. Ho letto versi e commenti.
    È vero: ci sono persone che nascono vecchie e vecchi che restano giovani. Almeno di spirito. Certi anche di corpo.

    A mio padre davano 70, massimo 75 anni e lui ne aveva 90. E anche a 96, quando se n’è andato… era un bel vecchio.
    Dicono io abbia preso da lui.
    Ma è perché io sono innamorata! E il mio amore é la mia eterna giovinezza.

    P.s.
    Bei versi. Malinconici ma belli! 😊😘

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