Mentre erano ancora chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù.
Mi piace molto questo dato iniziale. Le porte ancora chiuse.
Il timore ancora aggrappato al cuore. Uno sguardo ancora lento.
La Risurrezione di Cristo interpella fortemente la nostra identità cristiana
e chiede a ciascuno personalmente una convinta presa di posizione
nei confronti del Vangelo e nei confronti della vita.
La Risurrezione di Cristo invoca una nuova disponibilità di testa e di cuore
un coinvolgimento intenso e intelligente della nostra libertà
una disposizione interiore forte, ordinata e coraggiosa
una spiritualità saggiamente collocata dentro la nostra umanità.
Rileggendo il percorso del Triduo
che rimane un punto di riferimento assoluto
e meditando le letture di questa domenica dell’Ottava
mi sembra di intuire l’esigenza e l’urgenza di un vero e proprio radicamento
una modalità autenticamente cristiana di essere e non semplicemente dirsi cristiani.
Forse questa è la domanda che sta dietro l’immagine delle porte ancora chiuse:
che cosa significa per me e per noi essere cristiani nell’oggi?
Cristiani con i piedi solidi dentro a una realtà sempre più frammentata e confusa.
Cristiani nei luoghi concreti del vivere e dell’agire,
nelle responsabilità e nell’impegno quotidiano.
Cristiani dove c’è un sentimento affettivo che sta diventando grande.
Esiste una attualità che invoca una presenza forte del Cristiano che è dentro di noi
una presenza che sia capace di generare la differenza autentica e feconda del Vangelo.
In questa direzione Tommaso è un uomo come noi
un cristiano che ha voglia di crescere dentro
e ha bisogno di essere confermato da qualche segno.
Io mi schiero dalla sua parte. Non me la sento di condannarlo.
Anzi, mi rileggo facilmente nel cuore fragile di Tommaso.
Rileggo la mia povertà spirituale e capisco il valore di un cammino.
Era, sì, un po’ incredulo ma era pur sempre alla ricerca di una verità
aveva dentro un desiderio coraggioso e autentico
ha saputo affrontare in modo diretto il volto di Gesù.
Tommaso vede – tocca
e si apre al Mistero più affascinante: Mio Signore e mio Dio!
Queste parole sono la meta di un cammino interiore
sono la vera Professione di Fede che apre l’orizzonte infinito della libertà!
Tommaso, con la sua testardaggine, è arrivato fino lì.
E io e noi, dove siamo arrivati? Abbiamo sul cuore una Professione di Fede?
Abbiamo dentro una Parola convinta e autorevole nei confronti di Gesù?
Pietro certamente aveva dentro questa Parola.
Aveva ben capito il valore della Pasqua di Gesù.
La sua testimonianza non può conoscere misure a metà:
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori,
e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza.
Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato.
I prossimi “cinquanta” giorni che ci preparano alla Pentecoste
ci devono aiutare a capire e a interiorizzare il Mistero del Risorto
affinché esso non venga catalogato come reperto archeologico
ma possa diventare il criterio attuale del nostro modo vero
di essere una nuova umanità
con lo sguardo del Risorto
proiettato verso il futuro
e allargato verso orizzonti di fiducia e di speranza.
La Pasqua ci deve aiutare a vivere senza esitazione
questa trasformazione interiore e profonda;
una trasformazione che apre le porte del nostro cuore
e ci rende il Volto originale della Pasqua
il Volto che annuncia ad ogni piega dell’umanità
il dono inesauribile ed efficace della Risurrezione di Gesù!
don Fabio
Tommaso l’incredulo fa il paio con Giuda traditore. Si tratta di etichette, comode a mettere a posto la nostra coscienza.
In Tommaso non c’è mancanza di fede. Anzi! C’è un eccesso di fede!
Tommaso ha creduto davvero tanto a quel Rabbi. Gli ha regalato tre anni della sua vita. Forse perchè proprio a lui Gesù ha confidato: io sono la Via, la Verità e la Vita (Gv 14, 5).
No, Tommaso non è l’incredulo. Ma l’innamorato divenuto disilluso e cinico perchè spezzato dal dolore.
Dolore che Gesù riconosce e che lo invita a far rotolare via, come la pietra dal sepolcro. Guida il dito dell’amico all’interno della propria piaga, come nel quadro del grandissimo Caravaggio.
“Vedi Tommaso?”, sembra confidargli il Maestro, “anche io ho sofferto, come te. Ma è venuta l’ora di abbandonare la tristezza.”
Tutto qui. La nostra fede è tutta qui. In un cadavere scomparso. In un uomo risorto da morte, annuncio straordinario. Annuncio di una gioia immensa e profonda di una esperienza che non si ferma al Venerdì Santo. Che non possiamo tacere.
Gabriele
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