Lettera alla rivista Praxis

di György Lukács

Introduzione e note di Antonino Infranca.

in Lukács chi? a cura di L. La Porta, Bordeaux, Roma 2021.


L’11 aprile 1968 Lukács scrisse alla rivista jugoslava Praxis a seguito della richiesta che i due direttori della rivista, Gajo Petrović e Rudi Supek, gli avevano indirizzato di firmare una lettera di protesta contro le manifestazioni antisemite in Polonia. Ricordo che in quegli anni Lukács era impegnato nella raccolta di firme per una richiesta di libertà nei confronti di Angela Davis, la giovane afro-americana che lottava per i diritti civili degli afro-americani e che era stata rinchiusa nelle carceri statunitensi con l’accusa di terrorismo1. Tre anni dopo interverrà per chiedere la liberazione dal carcere ungherese di due dissidenti maoisti, Dalos e Haraszti2.

La notizia della firma della lettera di protesta da parte di Lukács fu data da Radio Free Europe il 29 aprile. Proprio il giorno prima, il 28 aprile, il quotidiano jugoslavo Vjesnik dava la notizia che l’organo del Partito Operaio Socialista Ungherese, il quotidiano Nepszabaság, il 27 aprile, aveva pubblicato un attacco a Lukács da parte del responsabile per le questioni culturali del Posu, György Aczél. Aczél rimproverava a Lukács la sua “unilateralità” nel criticare lo stalinismo e il culto della personalità in Ungheria. Secondo Aczél, Lukács non aveva considerato i lati positivi di quel periodo della storia del socialismo e non ammetteva che si potesse tollerare alcun compromesso nella lotta ideologica. In discussioni private, Aczél cercò di far capire a Lukács che il Posu cercava di portare avanti una “politica di bilanciamento” tra la necessaria destalinizzazione e il controllo occhiuto dei sovietici. Il filosofo non accettò questa “politica di bilanciamento” e continuò imperterrito la sua condanna della continuazione dello stalinismo sotto forme nascoste3.

È molto probabile che Aczél, a nome del Comitato Centrale del Posu, avesse chiesto a Lukács un’intervista per spiegare le sue posizioni politiche. L’intervista fu tenuta nel luglio 1968, quindi un mese prima dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Adesso l’intervista è disponibile in italiano4. Lukács condannò fortemente l’invasione della Cecoslovacchia e la repressione della Primavera di Praga in un suo scritto, Demokratisierung heute und morgen5. Lo scritto di Lukács rimase sepolto negli archivi del Posu fino al 1985, quando nell’incipiente era gorbacioviana proprio György Aczél lo fece pubblicare in tedesco e poi tradurre in italiano. Era un modo per mostrare ai compagni russi che il vecchio Lukács aveva anticipato la perestroika e la glasnost di Gorbačëv.

Qui traduciamo la lettera dell’11 aprile 1968, nella quale Lukács, oltre a sottoscrivere la protesta contro i rigurgiti antisemiti, prende posizione contro le possibili “misure amministrative” che sarebbero state prese, eventualmente, nei suoi confronti da parte della dirigenza comunista ungherese.

Per “misure amministrative” si intendeva anche il carcere o l’espulsione dall’Ungheria. Lukács rimase fermamente legato alle sue convinzioni e il Posu non potè punire un intellettuale tanto famoso. “Il coraggio dei vecchi è libertà che si avvicina” (Seneca, Fedra).

* * *

(Budapest, 11 aprile 1968)

Cari compagni Petrović e Supek,

in principio, vi autorizzo a includere il mio nome nella vostra lettera di protesta. Come voi stessi, anche io sono convinto che il problema del marxismo non può essere risolto con misure amministrative.

Comunque, per esprimere con la massima efficacia le mie concezioni, che non differiscono dalle vostre, riguardanti le misure amministrative, vi prego di pubblicare le seguenti osservazioni riguardo alla mia firma:

La rinascita del marxismo può essere realizzata soltanto mediante serie ricerche scientifiche e per mezzo di critiche espresse in libere discussioni. Nell’attuale situazione è inevitabile che differenti concezioni, riguardanti queste questioni, concezioni in conflitto, siano espresse pubblicamente. Nel far ciò si deve sapere che non sempre una concezione soggettivamente onesta sia, se considerata oggettivamente, una concezione marxista. In altre parole, ciascuno di noi ha il pieno diritto di sostenere apertamente che le concezioni espresse da particolari pensatori, riferentesi al marxismo, non siano, in realtà, concezioni marxiste. Non desidero, né posso, far passare ciò in silenzio in relazione con il caso su menzionato. Il mio radicale rifiuto di qualsiasi misura amministrativa (e delle sue ufficiali spiegazioni) non è affatto indebolito dalle riserve teoretiche su menzionate. Tutto ciò che non è marxista in una teoria o nel metodo, secondo la mia opinione, può e dovrebbe essere affrontato soltanto con discussioni scientifiche.

Con cordiali saluti, Vostro

Lukács


1 Cfr. Vie traverse. Un confronto Lukács –Anders, a cura di A. Infranca e A. Meccariello, Asterios, Trieste 2019.

2 Cfr. G. Lukács, Testamento politico, a cura di A. Infranca e M. Vedda, Punto Rosso, Milano 2015.

3 Cfr. G. Lukács, Pensiero vissuto, a cura di A. Scarponi, Editori Riuniti, Roma 1983, p. 183.

4 Cfr. G. Lukács, Lukács parla, a cura di A. Infranca, Punto Rosso, Milano 2019.

5 Cfr. G. Lukács, La democrazia della vita quotidiana, a cura di A. Scarponi, manifestolibri, Roma 2013.

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