L’incipit della mia recente pubblicazione Il sigillo imperiale, racconto weird/SF ambientato nell’Impero Connettivo e uscito per la collana InnsMouth diretta da Luigi Pachì, per i tipi DelosDigital.
Emerse dall’intricato del bosco e si affacciò su una piccola altura; un lago irregolare grigio e placido si estendeva sotto di lui e amplificava il bigio crepuscolare sopra di lui. Intorno altre balze, il terreno sassoso tra i suoi piedi sembrava franare da un momento all’altro verso lo specchio d’acqua ma, in realtà, non faceva altro che amplificare il senso di cinereo dell’intero paesaggio. Il verde degli alberi era spento, ma vivo di quelle tonalità virili che narrano dell’autunno inoltrato; Andronico provò un brivido intenso e un senso di freddo lo prese allo stomaco, gli si allungò fin nelle viscere: era in piedi ad ammirare fintamente il paesaggio, ma il suo mondo interiore era in fermento, viveva un disagio che affondava dicotomico nella sua psiche e nel bosco alle sue spalle.
– Dove siamo? – chiese Xendra, uscendo pure lei sulla radura; il respiro delle fronde le era ancora addosso.
– Dove non dovremmo – rispose asciutto lui, lo sguardo aggrottato di un preoccupato che sezionava l’orizzonte.Quello che non potevano più sentire, sul limitare della selva, era un basso respiro inerziale del mondo vegetale. Quella vibrazione li aveva accompagnati fino alla pietraia sul lago, cullandoli di messaggi a basso livello, mostrando loro un lato del reale che gli tormentava inconsapevolmente i pensieri con disturbi esatti, trigonometrie di continuum adiacenti lasciate sedimentare, crescere, svilupparsi secondo percorsi sbagliati, alcune volte orrendi, altre sconosciuti, altre ancora falsamente banali da risultare ingannevoli: un Cavallo di Troia gettato subdolamente nella loro psiche per farli abboccare a dinamiche aberranti, che quando te ne accorgi è davvero troppo tardi…
Nel bosco, i lecci si erano disposti e ordinati secondo logiche apparentemente vegetali, interpretando leggi della Natura che non avrebbero convinto nemmeno un pagano: geometrie scalene risaltavano del loro abominio strisciante e rilucevano di nero corticale sui fusti più vecchi, si agitavano al vento più insidioso e nuovi arbusti crescevano sui crinali di creta che, d’estate, crepavano al calore della canicola e d’autunno, e d’inverno si gonfiavano di marcescenti punti di vista animistici; genius loci imponevano il loro culto alle energie più prossime, ed erano le divinità di un pantheon talmente arcaico che provenivano dai tempi dei Neanderthal.
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