Profumo d’amore

“Sto arrivando: non lavarti.”
è tutta qui la celebre lettera che Napoleone scrive alla moglie Giuseppina. Le quattro parole dell’imperatore dicono tutto di quanto desiderio, passione, eccitazione dipendano intimamente da quella parte del cervello, il sistema limbico, il ’cervello delle emozioni’ e il rinencefalo, il ’cervello degli odori’, che abbiamo in comune con alcune forme di vita più antiche che popolano il pianeta: gli uccelli e i rettili.

Sono proprio gli animali a utilizzare al meglio i messaggi chimici per comunicare tra loro, soprattutto per ciò che riguarda il sesso. Noi umani li abbiamo chiamati ’ferormoni’, letteralmente: sostanze eccitanti che conducono un altro individuo verso di sé. Ma li conosceva già uno degli organismi più semplici e antichi della Terra, il Saccaromices cerevisiae. Questo fungo, il comune lievito della birra, si è posto il problema di come comunicare con gli altri suoi simili. Ha preso una decina di aminoacidi, ha costruito un piccolo peptide, l’ha secreto e sparso intorno a sé. Nel peptide, il cosiddetto fattore d’accoppiamento, c’era un messaggio d’amore destinato ad altre cellule di lievito. Scritto in lettere chimiche: “Sono qui, raggiungimi”. A dimostrazione che Napoleone non aveva inventato nulla…
Ciò che affascina gli endocrinologi della riproduzione è che più o meno la stessa sequenza di aminoacidi la usiamo anche noi, nel nostro cervello, per innescare la cascata di eventi ormonali che governa sessualità e riproduzione. Ma gli animali continuano a essere più bravi degli uomini, costretti dall’assenza o dalla povertà del linguaggio a usare la chimica per comunicare e per accoppiarsi.

Saccaromices cerevisiae

Gli specialisti sono gli insetti. Veri virtuosi dell’uso dei ferormoni, sono capaci di riconoscere un partner potenziale grazie a una scia chimica secreta anche a molti chilometri di distanza, come fanno le farfalle e le falene, che hanno il loro organo olfattivo nelle antenne. Ma i ferormoni non servono solo per fare l’amore. Il gatto, ad esempio, sparge sui divani o sulla moquette l’orina pregna di ferormoni maschili per delimitare il suo territorio. Nei roditori, i maschi se ne servono per capire se una ratta è disponibile; le femmine per capire se il maschio è il padre dei propri piccoli; e tutti e due usano i ferormoni per accertarsi che l’altro non sia un parente, col quale non ci si accoppia, attraverso una specie di test del dna. E gli esempi potrebbero essere migliaia.

Gli animali, dunque, hanno un organo fatto apposta per leggere le sostanze chimiche disperse nell’aria. Si chiama organo vomero nasale e solo nel 1991 si è scoperto che anche la maggior parte degli uomini lo possiede. Si tratta di una microapertura semilunare posta alla base della cartilagine centrale del naso capace di reagire ai ferormoni e non agli odori. Le fibre nervose sensitive che partono dall’organo vomero nasale non arrivano alla neocorteccia, sede della coscienza, ma si arrestano pima, in corrispondenza del cervello emozionale. Per questo, quando un ferormone colpisce il nostro organo vomero nasale, diversamente da un profumo che si percepisce, non ce ne accorgiamo. Ma non vuol dire che il messaggio non sia arrivato…
Per molti anni gli scienziati hanno creduto che l’evoluzione avesse reso inutile la comunicazione ferormonale e che gli uomini vi avessero rinunciato. Ma recenti esperimenti dimostrano il contrario. All’Istituto di Etologia Urbana di Vienna è stato effettuato un ’curioso’ esperimento. Sono state fatte indossare per un paio di notti delle t-shirt a un gruppo di uomini. Le stesse sono state fatte poi annusare a un gruppo di donne che non conoscevano alcuno dei membri del gruppo maschile e chiesto quale preferissero. Non hanno scelto a caso: hanno riconosciuto senza saperlo la persona col sistema immunitario più simile a quello del loro padre. Ma non solo… Gli odori più eccitanti corrispondono agli ’indossatori’ coi volti più simmetrici, cioè più belli.
Chiarito che il nostro corpo è capace di inviare segnali chimici, c’era ancora da studiare cosa succede nel cervello quando siamo esposti ai ferormoni. Ha tentato di rispondere a questa domanda un gruppo di neurobiologi, guidati dalla dottoressa Ivanka Savic, utilizzando la Pet, una tecnica che permette di visualizzare le aree cerebrali che si accendono alla presenza di un determinato stimolo. Gli stimoli erano costituiti dagli ormoni maschili, gli androgeni, e da quelli femminili, gli estrogeni, così come vengono estratti dal sudore ascellare di uomini e donne.
Annusare ferormoni significa cose completamente diverse per un cervello maschile e per uno femminile. Gli androgeni attivano l’ipotalamo delle donne (cioè la risposta ormonale riproduttiva e sessuale) e la regione olfattoria dei maschi (una zona legata ai comportamenti aggressivi e difensivi); gli estrogeni scatenano esattamente l’effetto speculare. Come dire: la presenza nell’aria di ormoni del sesso opposto stimola (partner potenziale), mentre quelli dello stesso sesso mettono in allarme (rivale potenziale).
L’attrazione tra due persone non può certo essere solo questione di chimica. C’è molto di più, e lo sanno bene gli psicologi che non amano l’uso del metodo scientifico per indagare la sessualità umana. Ma provate a chiedere a una persona innamorata perché lo è: vi elencherà virtù e qualche volta difetti della persona amata. Se insistete però, la risposta sarà sempre la stessa: “Non lo so, lo sento ’a pelle’…”
Questione di ferormoni.

© Yuri Arcurs

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.