Dopo il melograno, volevo parlare di un’altra pianta da frutto ritenuta coltura marginale ma che si trova frequentemente nella mia zona di origine e che fruttifica proprio in questo periodo: il giuggiolo. Il frutto viene chiamato giuggiola ma nella tradizione dialettale di alcune regioni come il Veneto viene chiamata “zizoea” o “zizoa“.
Il giuggiolo (Ziziphus zizyphus), noto anche come dattero cinese, (in ungherese: jujuba vagy kínai datolya) è una pianta a foglie decidue della famiglia delle Rhamnaceae, utilizzato spesso come pianta ornamentale.
Si ritiene che il giuggiolo sia originario dell’Africa settentrionale e della Siria; in Italia è stato importato dai romani.
È possibile trovare esemplari di giuggiolo nei climi più diversi, tuttavia la pianta dà buoni frutti soltanto alla fine delle estati calde. La pianta è in grado di sopravvivere ad inverni freddi, con temperature fino a -15 °C e non ha particolari esigenze di terreno. La crescita della pianta è molto lenta per la formazione di cortissimi brachiblasti. La presenza di alberi di mole significativa, quindi molto vecchi, è piuttosto rara.
I semi sono molto restii a germogliare a causa dell’endocarpo molto duro, per cui la pianta è propagata più facilmente per mezzo dei polloni radicali.
L’albero può arrivare ad un’altezza che va dai 5 ai 12 metri, le foglie sono di un verde brillante. La struttura dell’albero è molto articolata ed i rami sono ramificati e contorti con una corteccia molto corrugata; i rami sono spesso ricoperti di spine. Il giuggiolo produce, oltre che un gran numero di fiori di piccole dimensioni dal colore bianco verdastro, dei frutti grandi più o meno quanto un’oliva, con buccia di colore dal rosso porpora al bruno rossastro e polpa giallastra.
La zizifina, un composto che si trova nelle foglie del giuggiolo, sopprime nell’uomo la percezione del sapore dolce.
Se colta quando non ancora maturo (ossia quando presenta un colore verde uniforme), la giuggiola ha un sapore simile a quello di una mela. Con il procedere della maturazione tuttavia, il colore si scurisce, la superficie si fa rugosa e il sapore diviene via via più dolce, fino ad assomigliare a quello di un dattero.
Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia quando sono leggermente raggrinzite. Personalmente preferisco mangiarle quando sono mature (scure) ma non ancora raggrinzite.
Nel Veneto (per es. nel mio paese di origine) i giuggioli sono piantati nei giardini di molte abitazioni a scopo decorativo, ma non solo.
Le giuggiole sono utilizzate per realizzare confetture, sciroppi e il famoso brodo di giuggiole, un antico liquore. I frutti del giuggiolo hanno un blando effetto lassativo.
Tra pochi giorni (nell’ultima domenica di settembre) a Lio Piccolo, piccolo borgo della Laguna (Nord) di Venezia, si svolgerà l’ormai tradizionale “Festa della Giuggiola”, dove vengono presentati vari impieghi di questo frutto poco conosciuto.
Saperne di più sulle giuggiole: Wikipedia
Ringrazio il sig. Gian Pietro Ballarin (dell’Ass. Culturale “Il Borgo di Lio Piccolo” , presidente del Gruppo Anziani Autogestito Cavallino-Treporti) per aver(ci) consentito l’accesso al campanile e fatto da guida.
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(Integrazione del 25.IX.2011)
Su un banchetto della “Festa della Giuggiola” – dove si potevano trovare giuggiole sotto grappa, in confettura e il brodo di giuggiole (vedi foto più sotto) – ho trovato un foglietto che riportava:
(…….) ” La giuggiola ha inoltre ottime proprietà medicinali: contiene saponine triterpeniche, piccole quantità di alcaloidi, glicosidi, flavonoidici e tanta vitamina C (10 giuggiole=2 arance); ha proprietà epatoprotettive, ipocolesterolemiche, antipiretiche, antiinfiammatorie, emollienti, espettoranti, diuretiche e lassative.
Nella medicina popolare è considerata uno dei quattro frutti “pettorali” con fichi, datteri e uvetta. Viene usata in infuso o decotto per prevenire e curare i sintomi da raffreddamento e le infezioni alle vie respiratorie.”