Forza Roma (e la potenza dei sentimenti)

Voglio davvero stupire, oggi.

Non scriverò nulla contro i laziali (ciao, ulcera, non ricordarmi ora che esisti), ma contro un avversario peggiore.
Nel postderby perso (ciao gastrite, anche tu qui?) ho scoperto che esiste una categoria di essere umani con cui non riesco proprio a relazionarmi.
Devo specificare meglio: esistono degli individui con cui non riesco a discutere normalmente dopo un avvenimento del genere e proprio su quell’evento specifico.

Insomma, andando al sodo, pubblicamente confesso:
io dopo il derby perso – e il terzo di fila, per giunta, non succedeva da tipo 20 anni – (e salutiamo anche la psoriasi) non riesco a parlare della partita con i normali. Gli atei. Gli agnostici. Vabbè, chiamateli come vi pare, ma sappiate che esistono:
con quelli cui non gliene importava niente.

Giuro, c’è tutto un mondo che ieri mattina si è svegliato sereno, si è dispiaciuto della pioggia perché nel pomeriggio sarebbe anche uscito senza doversi recare allo stadio, o accasciarsi sul divano di casa, e magari addirittura dalle 15 alle 17 avrebbe vissuto una vita serena fatta di pennichella postprandiale, giochi con i bimbi piccoli sul tappeto del salotto, primo spettacolo al cinema o meglio ancora un bel po’ di sesso spinto.

Io mi sono svegliata con il terrore.
Poi l’amico Giggio, che vorrei avere ora sotto mano per strozzarlo, mi aveva infuso speranza “Annaè, io me la sento calla”; e anche le sbruffonerie dell’editore su facebook avevano alimentato le mie illusioni (Simone, pure a te, se te pijo te ammazzo, perché io oggi ho bisogno di capri espiatori). Alle ore 14:40 tremavo. La testa a ricordi graditi, chissà perché avevo rimosso gli ultimi due derby. Alle 14:50 ho annunciato ai miei affetti più cari che li amo, amo tutti, e d’amore immenso e ci mancherebbe, ma er capitano è er capitano e nessuno potrà mai competere con lui. Alle ore 14:55 argomentavo un “eddài, scherzavo, tesoro, ma ti pare” con credibilità prossima allo 0.

Questo l’elenco dei sentimenti che ho provato in soli 90’ + 15 di intervallo:

–       divertimento (il black out con il coro “Lotito, paga la bolletta”);
–       romanticismo (la sud con gli accendini);
–       esaltazione, felicità, commozione (Lamela, ragazzo mio, grazie lo stesso);
–       preoccupazione (pioggia battente);
–       rabbia (goal del romanista Candreva, traditore col pigiama celeste);
–       rabbia immensa (replay in cui si capisce che il goal è colpa del nostro portiere);
–       paura (detta anche “aiuto, mo ce rimontano come tutti”, meglio nota come ‘boemofobia’);
–       sconforto (Klose);
–       sportiva ammirazione (ehi, che assist Hernanes: mi dispiace che ora siano in vantaggio, ma oggettivamente meritavano il pareggio);
–       rosicata da ulcera duodenale (la sportiva ammirazione m’è durata 5 nanosecondi);
–       incredulità (ma che ha fatto De Rossi?);
–       incredulità (no dài, non è possibile);
–       incredulità (oddio, guarda il replay, è vero!);
–       sospetto (ha già firmato per il City?);
–       sommessa approvazione (vabbè, però ha preso Mauri, così stasera quando c’ha il rientro a Rebibbia lo trovano già gonfio, nun je devono dà er resto…);
–       umana autodisapprovazione della tua precedente inumana approvazione (eh, ma sono cose che non si fanno! I veri campioni sono altri);
–       rassegnazione (l’espulsione ci stava);
–       voracità (questa è per l’intervallo, ho gli amici che ti si presentano a casa con un megavassoio di pasticcini ciccioni e io non c’ho capito più niente: mangiavo, piangevo e bofonchiavo un “malimortaccidederossi” pieno di briciole sputazzate);
–       speranza, piccolo lumicino dato dall’effetto del cioccolato al mio sistema nervoso (inizio secondo tempo, le squadre entrano in campo);
–       depressione (inizio secondo tempo, ci segna l’ergastolano);
–       disperazione nera (secondo tempo);
–       autocommiserazione (secondo tempo);
–       la vita per me non ha più senso (secondo tempo);
–       incanto (il goal di Pjanic è un capolavoro);
–       menefreghismo (Pjanic sfancula Zeman);
–       perdita di totale lucidità e razionalità da “ragazzi, forse ce la facciamo” (mannaggia al goal di Pjanic);
–       goduria malvagia (tièèèèè, l’hai toccata co le manooo! Ammerda!);
–       senso di imminente tragedia (oddio, ma mancano solo 2 minuti al fischio finale);
–       voglia di morire (fischio finale, terzo derby di seguito ai ciociari).

Ora, onore al merito ai cugini, etc. etc.
Aggiungo anche che stamattina sono scesa giù al bar e ho incassato la facile battuta (“dal fruttivendolo c’è un’offertona: co Lamela te dànno 4 pere”) dal barista laziale. Io non scappo, amo la Roma, so che è un amore che mi fa soffrire, da quando sono nata m’avrà dato ‘na mezza soddisfazione, etc. etc.

Ma non è questo il punto. Il centro del mio discorso è che per una mia passione, io ho fatto vibrare le corde dei sentimenti mille e mille volte ieri.
Prego tutti coloro che non hanno questa passione (direi anche nel senso greco di “sofferenza”…) di non offendermi.
I calciofili, non importa quale maglia indossino, mi capiranno. Ma mi comprenderà anche chi è innamorato di arte, politica, altri sport, letteratura. Chi è partigiano, fazioso, lottatore, schierato.
Gli ignavi – che non a caso il Maestro pone nell’antiInferno, perché non meritano nemmeno d’essere considerati tra i malvagi – non devono stuzzicarmi.
Non vi interessa il calcio? Non ve ne frega niente del derby? Va benissimo, beati voi, ma per favore allora oggi tenetevi alla larga da me.

E invece no. Becchi il vicino di casa, il collega, il garagista, il quellochetepare che sa a mala pena che tu sei della Roma perché t’ha visto il portachiavi giallorosso, che Dio solo sa stamattina ha voglia di prenderti in giro. Non sa nulla di calcio, non sa di che squadra sia Totti, cosa sia uno scudetto, etc. Però ti vede:

“Alloooooora? Ciao Anna Eva, ieri ho sentito in tv al tg che la Roma ha perso… ahahhahahaha… t’ho pensato… chissà come sta Anna Eva stasera… che ridere… oh, dài, ma che ti frega di quei milionari! Mica penserai che loro ci stiano male quanto te! Ahahhahahah… e poi perdete sempre, ormai sarai abituata!”

Primo pensiero:
Io all’ora del tg (delle 20:00) ero già morta da 3 ore.

Secondo pensiero:
Non li faccio io gli stipendi dei calciatori e se loro non ci stanno male, beh, io non sono loro.
(e purtroppo: vedi alla voce “ulcera” e “stipendi di”)

Terzo pensiero:
Non sono abituata alle sconfitte. E’ vero che perdo da sempre, ma da sempro continuo a crederci.

 

Perché?
Perché sono della Roma, perché so’ dde Roma, perché tifo la Roma, perché amo la Roma.
E se non capisci, mi dispiace per te.

 

 

Anna Eva Laertici

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