ovvero:
l’iranizzazione dell’Occidente Classico e le influenze nelle origini della letteratura italiana

di Giovanni Caselli
La caduta ufficiale dell’Impero Romano avviene, come tutti sanno, nel 476, ma in effetti Roma era caduta sotto i Visigoti di Alarico nel 410. Nel 406 Firenze scampa alla distruzione da parte di Radagasio grazie a Stilicone, ma cade nelle mani di Totila nel 552 per poi passare sotto il dominio dei Longobardi qualche decennio più tardi, quando era già in rovine e semi deserta.
L’Appennino tosco-romagnolo diviene così un confine fra due mondi diversi, quello romano-bizantino e quello longobardo-barbarico fino alla caduta del regno longobardo per mano dei Franchi. Le vie transappenniniche ad est dell’Appennino pistoiese si chiudono ed acquista importanza il passo della Cisa con la via che nel XX secolo diverrà nota a tutti col nome di Via Francigena.
I Carolingi portano un risveglio culturale nell’area fiorentina che era rimasta isolata e tagliata fuori per almeno un paio di secoli. Nell’801 Carlomagno assegna alla famiglia germanica degli Ubaldini in feudo le montagne del Mugello che verranno da loro amministrate col sistema curtense. Nell’XI secolo troviamo che gli Ubaldini si dividono il potere sulla valle e soprattutto sulle montagne che circondano il Mugello, con le schiatte anch’esse germaniche degli Alberti ad occidente e dei Guidi ad oriente, oltre che con i Vescovi di Fiesole e di Firenze che hanno domini qua e là, un po’ dappertutto. Ma come cambia il mondo dal V secolo in poi? E quali sono la natura e le cause del cambiamento?
L’Impero di Alessandro, ponendo in rapporto diretto l’India col Mediterraneo, crea un “ponte” culturale fra città distanti fra loro migliaia di chilometri, quali Samarcanda, Babilonia Aleppo, Alessandria, Ippona, Volubilis.
In virtù della diffusione anche del greco laddove l’aramaico (la lingua della Siria) era già lingua franca dal VII secolo a.C: avendola i Parti adottata come lingua dell’amministrazione e del commercio, si stabiliscono contatti culturali fra tutte le civiltà dell’Eurasia, quali la Cina, l’India, la Persia, la Grecia e l’Egitto. Grazie a questi contatti prende vita un notevole progresso scientifico ed economico su tutta l’area soprattutto a Samarcand a Bukhara, a Balkh, Isfahan, Pendjikent, io oriente e in occidente a Baghdad, Aleppo, Alessandria, ma anche a Petra in Arabia e persino in Cirenaica e ad Ippona in Africa.

Impero di Alessandro Magno

In Mesopotamia, in Persia e negli attuali Uzbekistan, Afghanistan e Pakistan, la cultura greca si attarda nelle accademie delle città fondate da Alessandro (vedasi Ai-Kahun =Alessandria sull’Oxus in Afghanistan), mentre nel mondo greco-romano l’Imperatore Giustiniano chiude le Accademie ellenistiche, poiché “pagane”.
A parte questo fatto, sfuggito forse alla maggior parte dei medievisti monolingui e monoculturali nostrani, Platone così come tutti i classici greci e latini furono tradotti in persiano (in achemenide, partico, pahlavi, ecc). La cultura classica greco-latina, praticamente bandita in occidente dopo lo scorticamento di Ipazia d’Alessandria nel 400, non ci e’ stata tramandata affatto dai monaci amanuensi, come vuole la tradizione monolingue e monoculturale, bensì dalla facoltà di traduzioni dell’università di Jondishahpour o Giondisapore.
In tale università situata nel sud-ovest dell’Iran, poco lontano dall’attuale Dezfoul, dal 200 D.C. hanno trovato rifugio letterati, medici ed uomini di cultura in fuga dalle guerre di religione che flagellavano l’impero Romano. Fino al 600 D.C., la traduzione avveniva dal greco, latino, egiziano e siriaco in persiano e dopo tale data e’ iniziata la traduzione di tutta la letteratura prima in persiano con caratteri arabici e poi direttamente in lingua araba.
Con la globalizzazione islamica, tutta questa letteratura si è diffusa sia in oriente sia in occidente e, grazie all’occupazione Normanna della Sicilia mussulmana, la cultura classica ci e’ stata restituita tradotta in latino e quindi in “Italiano” dalla scuola di Sicilia.
Non è tutto: nel VI secolo d.C. a Merv, a Bukhara a Samarcanda, a Balkh la cultura ellenistica che continua a prosperare si amalgama con le culture persiana, indiana e cinese.

Al Kwarizmi

Quando l’Islam penetra nel cuore dell’Asia, numerosi studiosi di Merv, Balkh, Samarcanda, Bukhara, Penjikent ecc. si trasferiscono in occidente ed insegnano a Baghdad, ad Aleppo, ad Alessandria, al Cairo, a Cordoba, a Siviglia, a Palermo. Fra questi studiosi vi sono: Al Kwarizmi, nativo di Khorasmia, studioso dei sistemi di numerazione indiani ed il primo ad usare lo zero, fu il padre degli “algoritmi”che infatti da lui prendono il nome. Al Biruni di Samarcanda studioso di matematica astronomia, fisica, medicina. Al Farabi, nato in Sogdiana nell’870 ed insegnante di filosofia aristotelica a Baghdad e ad Aleppo. Avicenna, nato a Bukhara nel 980, insegnante di medicina, scienze e filosofia, l’uomo che più di ogni altro diffuse la cultura persiana nel mondo arabo e medievale europeo.
Averroè ed altri studiosi islamici ed ebrei quali Maimonide, che, pur essendo nati in Spagna, furono diffusori dell’ellenismo nella stessa interpretazione dei loro maestri e predecessori, tutti persiani.
In Spagna, in Catalogna, in Provenza ed in Sicilia, ancor prima del regno di Federico II, incomincia a prendere forma quella cultura che noi europei abbiamo definito “Medievale”, il risultato della sintesi culturale tra mondo iranico e arabo. Vedasi il poeta artabo-siciliano Ibn Hamdis come esempio emblematico.
Forme letterarie persiane, fino ad allora sconosciute in occidente, quali ad esempio la novella, raggiungono la Siria e la Spagna. Testi dell’Avesta, il libro della religione Persiana, raggiungono, le città dell’Europa meridionale, tradotti in arabo, greco e latino e ispirano soprattutto scrittori catalani, provenzali e italiani, essi stessi assai spesso di origini levantine più o meno lontane.

Immagine di Dante (olio su tela di Sandro Botticelli 1495)

Tutto ciò porta in Europa forme consuete dell’antica cultura orientale quali, appunto, la novella, il romanzo, il poema d’amore, delle quali beneficeranno nei secoli successivi i poeti del Dolce Stil Novo, Dante, Boccaccio, Petrarca. Infatti i loro precettori avevano avuto rapporti diretti col mondo islamico in Spagna, Catalogna e Provenza.
Raggiungono l’Europa, per le stesse vie, nuovi strumenti musicali quali la chitarra, il gioco degli scacchi, la pratica della falconeria, i tornei cavallereschi, nuovi sistemi di contabilità, come la cambiale, e la partita doppia, che fu a lungo in uso comune nell’oriente iranico. Tutte queste cose entrarono in Europa via Bisanzio o mediante gli Arabi che in realtà erano quasi tutti persiani islamizzati.
La diffusione in Europa del sistema numerico moderno e del calcolo, inventati in India e diffusi a Samarcanda, Battria e Bukhara, rende possibile lo sviluppo delle scienza e quindi l’edificazione delle grandi cattedrali gotiche attorno a Rheims, il massimo centro di cultura orientale in nord Europa.

Syntipae Fabulae (Da Wikiorg)

La diffusione della novellistica persiana e della tradizione dei bardi (cantanti e musici di corte dell’oriente persiano), nella Sicilia, in Catalogna e in Provenza diede impulso all’interesse per la lingua, la letteratura e la poesia, che da qui si diffusero poi in tutta la Francia, la Spagna e l’Italia.

Una pagina dell’Arda Viraf (in persiano)

E’ infatti un compendio di novelle persiane intitolato Syntipas a fornire a Boccaccio il materiale per il Decameron, mentre il libro di Arda Viraf, dell’Avesta fornisce a Dante la struttura portante della Divina Commedia, con le sue chiare illustrazioni delle pene dell’Inferno e del Purgatorio e le gioie del Paradiso, che Dante fedelmente copia, come del resto aveva fatto in precedenza il compilatore del Libro della Scala del Corano (Liber scalae Machometi).
A chi volesse iniziare ad informarsi in materia consiglio di leggere ad esempio Alessandro Bausani, La tradizione arabo-islamica nella cultura europea, in “I quaderni di Ulisse, giugno 1977 e Maria Rosa Menocal, Principi, poeti e visir,trad. M. E. Morin, Il Saggiatore, 2003.