Archeologia industriale in provincia di Firenze di Alessandro Ferrini

Nel comune di Signa verso il confine con il territorio di Carmignano e a alcune centinaia di metri da Comeana, in un folto bosco situato alla confluenza dell’Ombrone pistoiese con l’Arno si possono scorgere fra la vegetazione un centinaio di edifici di varia grandezza ormai in gran parte diroccati. Alcuni ruderi somigliano a edifici industriali, altri sembrano appartenere all’architettura militare, e sono visibili le garitte per le sentinelle lungo l’Ombrone: è ciò che resta dell’imponente struttura industriale della vecchia fabbrica di esplosivi della Società Alfred Nobel.

La struttura sorse nel 1913 e il luogo fu scelto per la sua particolare ubicazione: le caratteristiche del luogo, isolato e protetto dall’altopiano e circondato in buona parte dall’Ombrone, che in quel punto forma un’ansa, sicuro e facile da controllare. Una fabbrica di esplosivi doveva trovarsi nell’entroterra, in posizione orografica protetta, vicino alla ferrovia, lontano da grandi città, con a disposizione molta acqua per gli impianti e per la sicurezza antincendio. L’area tra Comeana e Signa presentava tutte queste caratteristiche; risultava inoltre circondata dai fiumi su buona parte del perimetro, favorendo la difesa dalle intrusioni.
Il vasto territorio, di proprietà della tenuta agricola di San Momeo, precedentemente coltivato a vigneto subì radicali trasformazioni: fu spostata la strada provinciale tra Signa e Comeana che transitava proprio dentro l’area prescelta per la fabbrica; fu di conseguenza costruito un nuovo ponte; venne impiantato il bosco in porzioni della collina che invece erano coltivate a vigna al fine di rendere l’impianto difficilmente individuabile dalle aviazioni militari che cominciavano a svilupparsi; furono costruiti solidissimi edifici, tracciate strade, viali e piazze e scavate gallerie.

La produzione fu indirizzata a soddisfare le necessità dell’Esercito Italiano con la fabbricazione di esplosivi principalmente destinati a munizioni e proiettili di cannone di grosso calibro. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la società fu venduta alla Montecatini prendendo il nome di Nobel-SGEM acronimo della Società generale esplosivi e munizioni di cui la Montecatini aveva acquisito la maggioranza delle azioni.

Negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica ebbe nuovamente un ruolo militare importante; riprese la produzione di esplosivi e furono costruiti molti nuovi edifici. Con un treno con venticinque chilometri di binario a scartamento ridotto (di cui restano alcuni tratti delle rotaie) i materiali erano distribuiti tra i vari padiglioni che ospitavano uffici, laboratori, magazzini, cucine, mense, refettori, spaccio dei viveri e di distribuzione del latte (utilizzato per disintossicare gli operai addetti alle lavorazioni nocive). La struttura era suddivisa in sette aree principali: cinque erano destinate alla produzione, una per i servizi generali e una alla produzione energetica. Si producevano nitroglicerina, nitrocellulosa, balistite, tritolo. Le materie prime, principalmente pirite e cotone, erano trasportate dalla stazione di Carmignano su vagoni che, oltrepassato il ponte Bailey sull’Ombrone, arrivavano direttamente dentro lo stabilimento e venivano scaricati nel piazzale.

Sia per quanto riguarda la capacità produttiva che il numero degli occupati gli anni dal 1939 al 1943 rappresentarono il periodo d’oro: vi lavoravano circa 3500 addetti tra uomini e donne, queste ultime impiegate principalmente al compattamento dell’esplosivo negli involucri delle bombe e negli essiccatoi, all’interno di un’area che era detta comunemente “harem”. Lavorare alla “Nobile” per molti rappresentava un privilegio. La fabbrica infatti era considerata all’avanguardia, non solo per la struttura, ma anche per la gestione delle risorse e per la sicurezza.

I tedeschi la occuparono nel 1943 dichiarandola stabilimento “protetto”. Gli alleati provarono ripetutamente a bombardarla. Gli antifascisti e i partigiani ne fecero oggetto di sabotaggi, il più famoso dei quali fu attuato l’11 giugno 1944: un gruppo di partigiani guidati da Bogardo Buricchi fecero saltare in aria otto vagoni carichi di tritolo in sosta a poca distanza dalla stazione di Carmignano. L’azione mise fuori uso la stazione rendendo impossibile qualsiasi rifornimento della Nobel. I tedeschi non reagirono con nessuna rappresaglia, anche perché nell’azione non vi erano state vittime tedesche; prima di ritirarsi minarono lo stabilimento.

Dopo il 1945 la produzione bellica diminuì clamorosamente e la Montecatini operò una serie di licenziamenti di massa: da 3500 che erano gli addetti si ridussero ad appena 159.
Il 28 agosto 1945 la giunta comunale di Signa prospettò ai dirigenti della Nobel-SGEM la riconversione dello stabilimento in fabbrica di pace, ma anche questo tentativo non migliorò la situazione di disoccupazione dilagante. Nel biennio 1947-1948 la fabbrica fu usata come base sperimentale per fito allevamenti ed antiparassitari con il nome di I.R.A.G. (Istituto per ricerche agrarie) in una porzione dell’area dismessa e bonificata. La riconversione non produsse i vantaggi economici sperati e la struttura fu definitivamente chiusa nel 1958.
La bonifica successiva e definitiva è stata effettuata nel 1964 da parte del Genio militare di Firenze.

Dagli anni settanta l’area è stata oggetto di numerosi progetti di riqualificazione, nessuno dei quali realizzato.
L’area dell’ex Nobel non è visitabile, solo raramente vengono organizzate visite guidate.

 

 

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