FOTO: MÁRCIO FERNANDES/ESTADÃO

Eduardo Gudynas
13/06/2019
Tratto da: 
Adista Documenti n° 23 del 22/06/2019

La catastrofe di Brumadinho[1] offre probabilmente un esempio estremo dell’estrattivismo del XXI secolo, caratterizzato dallo sfruttamento massiccio o intensivo delle risorse naturali a fini di esportazione, con un pesantissimo impatto sociale e ambientale. L’evidenza è schiacciante, e non solo per gli incidenti minerari in Brasile, ma anche per realtà come gli sversamenti di petrolio in Ecuador, le enormi amputazioni ecologiche causate dalle miniere colombiane o l’avanzata della soia in Argentina. Nessuno può sostenere che gli estrattivismi siano sicuri, dal momento che gli incidenti si ripetono in tutto il continente. E neppure è possibile porre l’accento sul fatto che produrranno automaticamente benessere economico, se è vero che vengono portati avanti nei luoghi più poveri di ciascun Paese.
Ma, nonostante tutte queste evidenze e malgrado le resistenze dei cittadini, gli estrattivismi continuano in ogni modo ad avanzare, sostenuti, come tutti sappiamo, dalle imprese, ma ugualmente difesi, e con la massima convinzione, da quasi tutti i politici, dalla maggior parte delle università e da una buona parte dell’opinione pubblica. L’appoggio è maggioritario, specialmente nelle città, proprio in quanto i loro abitanti vivono lontano dai luoghi in cui si registra veramente l’impatto di tali progetti.
Tutto questo obbliga a riconoscere che l’estrattivismo si basa su convinzioni profondamente radicate, condivise da posizioni politiche e di partito sia conservatrici che progressiste, sia di destra che di sinistra. Si tratta di atti di fede che lo rendono immune a ogni evidenza di impatto e a ogni incidente.

Teologia estrattivista
Per tutto questo è giustificabile affrontare l’estrattivismo come una teologia. Con ciò non intendo affermare l’esistenza di qualcosa come un cristianesimo estrattivista, benché non siano mancati tentativi al riguardo. Per esempio, nel 2013, in Colombia, si è svolto un incontro molto commentato sul tema “Cristianesimo e attività mineraria”, in cui l’amministratore delegato di un’impresa riconduceva questi progetti a un mandato di Dio. Per quanto, al contrario, l’enciclica Laudato si’ sia piena di elementi diretti a smantellare l’estrattivismo.
Mi riferisco invece a una teologia politica, intesa come la produzione di politiche che, diversamente da quanto proclamano, non sono né neutre né razionali, bensì sono immerse in credenze e spiritualità. Politiche circonfuse da una sacralità che viene utilizzata per legittimare e fondare ordinamenti e pratiche politiche relative ai rapporti tra gli umani e tra questi e la Natura. In effetti, l’idea della Modernità rispetto a una secolarizzazione che la spoglierebbe da ogni trascendenza per renderla oggettiva e neutra ha finito in realtà per generare altre credenze. E se con ciò siamo riusciti ad annullare l’organicità e l’incantamento della Natura, abbiamo al tempo stesso intronizzato l’utilitarismo e la mercantilizzazione. Si incontrano qui le radici di teologie politiche estrattiviste che possono contare su proprie narrative, su una propria sacralità e persino su proprie liturgie. Tutte queste teologie politiche condividono un discorso che considera inevitabile ed essenziale l’utilizzo intensivo della Natura. Ne offre un esempio noto la definizione del Perù come Paese minerario, ripetuta da quasi duecento anni. Sembrerebbe che la condizione mineraria sia ontologica per tutto un Paese, per ciascun individuo e per ogni luogo della sua geografia. La crescita economica viene sacralizzata come fondamento dello sviluppo, il quale deve essere alimentato dalle esportazioni di minerali, idrocarburi o cereali, così da generare le condizioni per un’imperiosa necessità di sfruttare la Natura per evitare un’apocalisse economica.
Si sviluppano pastorali estrattiviste che insistono sulla necessità non solamente di legittimare l’estrattivismo, ma anche di renderlo desiderabile. Sul terreno dell’economia si pubblicano rapporti che pongono l’accento sui successi economici, ma senza calcolare i costi provenienti dal loro impatto sociale e ambientale; nell’ambito dei ministeri si stampano documenti che presentano i progetti estrattivisti come trampolini per lo sviluppo; e sul campo dei mezzi di comunicazione vengono celebrati i benefici dello sfruttamento minerario o petrolifero.
L’opposizione non è solo impossibile, ma anche quasi impensabile. Secondo l’ex presidente dell’Ecuador Rafael Correa coloro che criticano l’estrattivismo sarebbero folli e in un Pese sviluppato dovrebbero essere rinchiusi in manicomio.
Siamo circondati da liturgie estrattiviste. Sono le celebrazioni di presidenti, ministri o imprenditori che applaudono a una nuova miniera o a una nuova torre petrolifera o a un incremento delle esportazioni. Forse uno degli esempi più drammatici è stato offerto dal presidente della Bolivia Evo Morales nel 2015, durante un atto di inaugurazione di un nuovo giacimento che triplicava le riserve di idrocarburi del Paese. Il presidente era circondato da ministri e da alte autorità e davanti a lui si trovava il pubblico e la stampa. Fermo ai piedi di un’enorme valvola, Morales l’ha ruotata per poi immergere la mano nel petrolio e poi, come se fosse un sacerdote nell’atto di celebrare la messa domenicale nella chiesa del quartiere, è passato a spalmare il combustibile sui caschi che portava ciascuna di queste autorità. Una benedizione politica governativa somministrata con il petrolio.
Esiste anche un’istituzionalità estrattivista che alimenta queste teologie, costituita dalle grandi associazioni imprenditoriali del settore minerario, di quello petrolifero e dell’agribusiness. Tutto questo tessuto legittima e sostiene gli estrattivismi, ma incide anche sulle politiche pubbliche, genera campagne pubblicitarie e può determinare la nomina di ministri.

Spiritualità eretiche
È necessario comprendere queste teologie estrattiviste per poter formulare alternative in termini di concetti, sensibilità e spiritualità. La soluzione agli estrattivismi non passa per un mero cambio di governo, come sanno molto bene quei Paesi del sud che hanno vissuto ogni tipo di esperienza su questo terreno.
Tale sforzo non è solo necessario ma anche urgente. L’accumulazione di impatti sociali e ambientali è intollerabile in America del Sud e ha raggiunto livelli talmente alti da mettere in discussione l’integrità ecologica di tutto il pianeta. Il cambiamento climatico globale ne rappresenta un chiaro esempio. Il primo passo per rompere con le teologie estrattiviste è quello di recuperare la capacità di pensare le alternative e di poter decidere di percorrere altri cammini, di sperimentare o anche solo desiderare un altro modo di relazionarsi con la Natura e con le persone. In altri termini, abbiamo bisogno di figure eretiche che possano mettere in discussione tali teologie. Ricordiamo che, al di là dei suoi usi comuni, eresia, nel suo significato originale, significa scelta. Oggi risulterebbe eretica la decisione di stabilire una moratoria allo sfruttamento di petrolio nella foresta amazzonica perché andrebbe contro alle necessità dei mercati. Ma, recuperandone il significato originario, sarebbe la scelta che ci permetterebbe di costruire spiritualità eretiche per pensare e sentire un altro tipo di legame tra noi umani e la Natura.
Siamo circondati, in realtà, da sperimentazioni e tentativi che vanno in questa direzione, benché le teologie estrattiviste li nascondano e li rendano invisibili. Esistono molteplici esperienze in tutta l’America Latina di relazioni con la Natura estranee agli estrattivismi e tali da garantire una migliore qualità di vita. Vi sono anche organizzazioni che offrono spazi per la denuncia dell’impatto degli estrattivismi e per individuare risposte in un’ottica di fede, come è il caso della rete Iglesias y Minería.
È possibile condividere alcuni elementi di queste spiritualità eretiche nel quadro di una riflessione preliminare. È chiaro che si debba fare appello tanto al pensiero quanto ai sentimenti, coinvolgendo entrambi nel cambiamento. Non bastano le trasformazioni tecnologiche o i programmi di sviluppo, deve cambiare anche la sfera dell’affettività. Si deve cercare senza dubbio di assicurare la qualità della vita delle persone e di eliminare la povertà, ma bisogna anche riconoscere come gli attuali livelli di consumo siano intollerabili. Ci troviamo pertanto di fronte a spiritualità che incorporano l’austerità.
Occorre rompere con la dominazione in tutte le sue forme. Ciò include, per esempio, tanto la dominazione dei vecchi sui giovani, quanto quella degli uomini sulle donne. È pertanto uno sforzo mirato al tempo stesso alla convivialità e alla de-patriarcalizzazione.
Le nuove spiritualità devono essere ecumeniche e interculturali. Distinti aspetti della sfera senti-pensante dei popoli indigeni ci rivelano altri tipi di legami con l’ambiente e i territori.

In ascolto delle rocce
Da tutto ciò derivano altri elementi. Inizierò con l’evidenziare l’importanza di prestare ascolto alle rocce. Nelle teologie degli estrattivismi gli imprenditori e gli economisti “ascoltano” il mercato e nessuno sembra meravigliarsene. Pertanto, l’alternativa è iniziare ad ascoltare le rocce, il suolo, gli alberi. Ciò non vuol dire evidentemente insegnare loro a parlare, ma significa che siamo responsabili di decifrare – e che abbiamo la capacità di farlo – ciò che questi hanno da dirci sulla salute dell’ambiente. E su questo punto esistono innumerevoli segnali e messaggi rispetto al dramma ecologico.
Il ritmo del tempo è quello degli aceri. Le teologie degli estrattivismi lavorano sempre nel breve termine ed è raro che vadano oltre i pochi anni di una presidenza. Per queste teologie non esistono le generazioni future. Al contrario, il ritmo degli aceri ci mostra come debbano intendere il tempo le spiritualità eretiche. Poiché questi maestosi alberi andini possono vivere mille anni, risulta evidente, quando un incendio distrugge boschi nativi nel sud del Cile e dell’Argentina, che le misure di restaurazione ecologica devono essere pensate nell’arco temporale di cui gli aceri hanno bisogno per riprendersi. Cioè, mille anni. E lo stesso avviene negli altri ambienti sudamericani. Tutto ciò ci porta a ripensare le nostre responsabilità nel lungo termine e a cominciare ad affrontare una questione che diventerà sempre più decisiva: come possiamo essere antenati migliori per assicurare che le generazioni future possano vivere?
La giustizia deve essere tale anche dal punto di vista sociale ed ecologico. Benché gli attuali estrattivismi siano segnati da enormi ingiustizie, fino al caso estremo delle violenze contro le persone e contro la natura, le teologie dominanti li hanno trasformati in qualcosa di naturale. È necessario ribellarsi fino a quando non appaia intollerabile che, per esempio, si possano uccidere impunemente leader ambientalisti o si distruggano migliaia di ettari di ambienti naturali. Lo sradicamento della povertà deve essere accompagnato dalla preservazione ambientale.
Infine, è fondamentale un radicale cambiamento nel modo di intendere i valori. La visione tradizionale, condivisa da molte diverse correnti della Modernità, insiste sul fatto che solo gli umani sono soggetti di valore, cosicché la Natura finisce per apparire come un insieme di oggetti che possono essere sfruttati a nostro piacimento. Ciò consente di concepire in maniera riduzionista la natura appena come una risorsa con un valore economico.
Le categorie di capitale sociale o di capitale naturale hanno finito per imporsi e l’utilitarismo mercantilista è diventato il modo generalizzato di sentire e di intendere l’ambiente ecologico e sociale. Probabilmente la più grande eresia consiste nel rompere tali vincoli e nel riconoscere che anche altre forme di vita hanno valori propri e indipendenti dalla loro utilità per gli esseri umani. Il precedente più chiaro di questo sforzo è il riconoscimento dei diritti della natura in Ecuador, a cui è seguito, per esempio, un analogo riconoscimento per l’Amazzonia colombiana, a conferma della quantità di esperienze alternative esistenti. Si tratta di un cambiamento etico, ma non in relazione alla dimensione morale, bensì al modo in cui si intende il valore e in cui lo si attribuisce.
Tutti questi punti, appena accennati, hanno in comune il tentativo di rompere i dogmi relativi agli estrattivismi. È un impegno che molti rifiutano o disprezzano, nella convinzione che le trasformazioni non siano cose di sentimenti ma di ragione. Ma le teologie estrattiviste esistono e ci mostrano chiaramente che è indispensabile sfidarle per promuovere cambiamenti reali. E, come si è già evidenziato, è indispensabile farlo prima che sia troppo tardi.

Fonte: “Teologías extractivistas y espiritualidades herejes”, nel sito Iglesias y minería.

[1] A Brumadinho, nel Brasile Sud-orientale, il 25 gennaio 2019 il cedimento di una diga di scarti minerari ha provocato la morte di 225 persone e ha rilasciato un fiume di fango tossico che ha raggiunto il fiume São Francisco, unica fonte di acqua per 14 milioni di brasiliani.