Ansia: come si forma e persiste

In pratica, le battaglie che l’ansioso deve quotidianamente combattere, possono essere diverse:

1) Un PASSATO SEGNATO DA UNO O PIU’ FALLIMENTI realizzati o subiti dai quali non riesce ad emanciparsi e che fanno si’ che la vita attuale non è quella che sarebbe stata senza di loro (es. «se le cose fossero andate diversamente magari ora non sarei cosi’...») per cui anche se frustrati e insoddisfatti, in parte possono andare avanti portandosi sulle spalle il pesante fardello, in parte rimangono invischiati in quel passato che inevitabilmente continua ad invadere il presente inquinandolo e compromettendo il futuro. Quanto detto puo’ far pensare al famoso film “Ritorno al Futuro” in cui Michael J. Fox, protagonista della storia, torna indietro nel tempo e si accorge che ogni sua azione puo’ modificare gli eventi futuri, perfino la sua stessa nascita. La mente si diletta spesso in giochi di questo genere: pensiamo a come sarebbero state le cose se avessimo fatto questo o quello e se invece di dire questo avessimo detto quell’altro. Pensare al passato ci dà l’illusoria percezione di poterlo modificare a nostro piacimento, ma la vita non si puo’ riavvolgere come il nastro di un film, non si puo’ tornare indietro nel tempo per cambiare il corso degli eventi. In compenso, quando il passato non ci consente di vivere un presente sereno, puo’ essere riposto nella scatola delle nostre esperienze evitando che invada il presente, rovinandolo.

2) Il TIMORE DI EVENTI FUTURI IMPREVISTI, ovvero avere la sensazione o la paura che possano accadere eventi al di fuori del proprio controllo assimilabili a delle catastrofi. In questo caso, invece, è il futuro ad invadere il presente, rovinandolo, e pregiudicando la costruzione proprio di quel futuro che si teme. «Doc cosa fai? Ritorni al futuro?» – chiede Michael J. Fox«No, ci sono già stato – risponde Cristofher Lloyd sempre nel citato film “Ritorno al Futuro”. Questo scambio rende benissimo  il tipo di sensazione che il catastrofico si trova ad esperire sin da quando si sveglia la mattina. È come se si indossassero delle lenti scure attraverso cui si filtra la realtà, si crede magicamente che si verificheranno degli eventi funesti e allo stesso tempo di non poter fare assolutamente nulla per impedirne la realizzazione catastrofica. Questo persistente stato d’allerta, non solo non consente di prevenire eventuali disastri futuri, ma limita enormemente la vita della persona stessa che, in funzione della credenza «tutto andrà male», organizza la propria vita limitando il proprio raggio d’azione o rinunciando a certe cose, con il risultato paradossale di confermare a se stessi che qualcosa di brutto avverrà di sicuro, secondo la logica «se rinuncio ci sarà un motivo».

Un esempio molto evocativo di proiezione nel futuro si trova nel romanzo Il piccione, di Patrick Suskind, che racconta un’incredibile storia di fobia degli uccelli. Non osando tornare a casa per paura di ritrovarsi faccia a faccia con alcuni piccioni incrociati poco prima sulle scale, l’eroe si proietta di colpo in un terribile scenario catastrofico sul proprio avvenire:

«In ogni caso la tua stanza l’hai già persa da tempo, vi abita un piccione, una famiglia di piccioni che sporca e devasta la tua stanza, i conti dell’albergo raggiungono cifre spaventose, e tu bevi fino a ubriacarti per dimenticare le preoccupazioni, bevi sempre di piu’, ti bevi tutti i tuoi risparmi, diventi definitivamente schiavo della bottiglia, ti ammali, è il decadimento, la miseria, la decrepitezza, persino l’ultima e la meno costosa delle pensioni ti mette alla porta, non hai piu’ un soldo, davanti a te c’è il nulla, non hai piu’ un tetto, dormi sotto i ponti, vai a defecare sotto i ponti, è la fine, Jonathan, tra meno di un anno sarà la fine, sarai un barbone cencioso sdraiato su una panchina in un giardino pubblico, come quello straccio d’uomo laggiu’, che è tuo fratello…»

Ma capita anche che certi pazienti non “prendano coscienza” fino a questo punto dei contenuti delle loro paure: provano semplicemente una paura devastante e viscerale, senza sapere chiaramente, almeno sul momento, che cosa li spaventa. Non per questo le loro paure sono meno spaventose.

3) Un SENSO DI INCAPACITÀ PERSONALE attraverso il quale si vive le propria vita, dove il presente è una continua conferma della propria incapacità (es. «vorrei avere piu’ autostima» , «non mi sento abbastanza capace»). Nel film Io e Annie, il grande Woody Allen dipinge bene come si percepisce l’ansioso incapace: «Non vorrei mai far parte di un club che accetta come socio uno come me». La convinzione di essere poco capace puo’ portare in due direzioni: a impegnarsi sempre di piu’ per dimostrare a se stesso e agli altri di valere, ma con un esito paradossale perchè più ci si impegna ad avere tutto sotto controllo più si finisce per perderlo; oppure a trattenersi dall’agire per il timore di non fare la cosa giusta o a fare meno rispetto alle proprie possibilità in funzione della credenza «non posso aspirare ad avere di piu’» con il risultato di non essere mai soddisfatti di quello che si fa perché «avrei potuto fare di piu’ ma non l’ho fatto». Questa, per l’incapace, rappresenta la prova della sua inettitudine (la profezia si è avverata!);

4) Il TIMORE DI ESSERE RIFIUTATI NELLE RELAZIONI SOCIALI Chi ha paura di essere rifiutato dagli altri (spesso dall’altro sesso) crede fervidamente di non essere «abbastanza sciolto, bello, fascinoso, estroverso, di non avere argomenti…», per cui si comporta come se lo fosse davvero, evitando in via precauzionale le occasioni di contatto sociale e negandosi la possibilità di creare rapporti soddisfacenti. Quest’atteggiamento di rinuncia alimenta un senso sfiducia nei confronti di se stessi e degli altri, i quali, sentendosi rifiutati evitano a loro volta di contattarlo, confermando in modo ricorsivo la credenza iniziale del soggetto «non sono all’altezza».

Ad esempio, se un uomo è convinto di non avere fascino con le donne, si sentirà intimidito e l’effetto sarà veramente quello di essere privo di fascino. Se pensa di essere poco attraente, non prenderà mai l’iniziativa e rimarrà da solo, avendo cosi’ la prova di essere poco interessante. Si tende a costruire un sistema che si autoconferma da sè. (vedi FOBIA SOCIALE)

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BIBLIOGRAFIA:


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