Pyongyang

Pyongyang, Guy Delisle

Questo libro l’ho comprato alla Fiera di Roma. Fra gli altri.

Guy Delisle è un fumettista canadese, del Québec.
Si tratta, infatti, di un fumetto o, come si dice ora, di un graphic-novel. Un po’ sullo stile di Persepolis, se avete presente di cosa parlo.

Delisle trascorre due mesi nella famigerata capitale della Corea del Nord per lavoro, e ne ritorna con questo reportage a fumetti. Pyongyang è la città di cui meno sappiamo al mondo, e francamente non è che questo fumetto ci illumini molto. Perché l’autore alloggia in un albergo posto su un’isoletta, e agli stranieri è proibito lasciare l’isola. A meno che non girino con guida e interprete. Un po’ più di libertà viene concessa ai lavoratori delle ONG, con i quali ogni tanto Delisle si accompagna. Ma non si possono avere contatti con gli abitanti. Fanno eccezione solo, appunto, le guide e l’interprete. Non si può andare da nessuna parte senza prima avvisare le guide. Alcuni luoghi sono proibiti. Per esempio, la stazione, ma il nostro autore la visita ugualmente, e viene subito scoperto. Eppure, dice, non c’è niente in quella stazione che non si possa vedere. Altri luoghi sono obbligati. Come la visita al Museo dell’Amicizia, che raccoglie i doni di tutti gli Stati a Kim Il-Sung e Kim Jong-Il. E, prima ancora, appena arrivati in città, la rituale deposizione dei fiori ai piedi della gigantesca statua (22 metri) di Kim Il-Sung, morto nel 1994 ma tuttora presidente (presidente eterno, così viene chiamato).
Quello che veniamo a sapere non è tanto di più rispetto a quel quasi niente che trapela dai pochissimi giornalisti ammessi. Che non ci sono luci, salvo quelle destinate a illuminare i monumenti ai due leader. Che alcune ONG hanno deciso di abbandonare il Paese, perché gli aiuti umanitari vengono distribuiti a seconda della fedeltà al regime, e alcuni milioni di cittadini ne sono lasciati totalmente privi. (Perché, ebbe a dire il presidente eterno, «per ricostruire una società vittoriosa dovrebbe sopravvivere solo il 30 per cento della popolazione»). Che in ogni ufficio c’è una foto di Kim Il-Sung e una di Kim Jong-Il, opportunamente ritoccate in modo da rendere i due quasi identici. Che non si può ascoltare la radio, eccetto l’unica emittente di Stato. Che tutti portano sulla giacca una spilla con il ritratto del presidente eterno o del caro leader o di entrambi. Che la musica è solo musica di Stato, celebrativa del caro leader. Che alcune persone semplicemente smettono di esistere, orwellianamente vaporizzate come se non fossero mai esistite.
Tutto questo assomiglia tanto proprio a quel 1984 che Orwell aveva ipotizzato nel 1948, anno della fondazione della Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord. Che Delisle legge la sera a letto, in albergo. Alla luce di una candela. Che presta al suo interprete, il quale, dopo averne lette alcune pagine, glielo restituisce tremando.
Insomma, a me pare che, in così tanta carenza di informazioni, tutto quello che fa un po’ di luce, benché poca, vada letto.

Fusi Orari è la casa editrice che pubblica i libri di Internazionale.

5 pensieri su “Pyongyang

  1. Ciao Marina, ottima segnalazione… il regime della Corea del Nord, oltre ad essere un argomento che mi affascina e mi inquieta, è un vero mostro ai confini della realtà, una sorta di antologia dell’assolutismo triste e drammaticamente vera!
    D

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