THE NEW POPE

La religione è una narrazione, una storia che viene raccontata, una storia di incredibile successo, visto che Dio è il protagonista più popolare di sempre.”

Che cosa rende la religione uno dei misteri più grandi della storia? Cosa rende la Fede, in certe circostanze, l’unica strada percorribile nel momento in cui l’uomo si interroga sul mondo? A domandarselo è uno dei registi che più indaga l’inafferrabile, tutto ciò che è “liquido” e difficile da comprendere. Un regista che mai cerca di trovare delle risposte, quanto più tenta di generare nuove domande, Paolo Sorrentino.

“The New Pope” riprende esattamente da dove avevamo lasciato “The Young Pope”. Il titolo di entrambe le stagioni fa presagire quale sarà il tema chiave che Sorrentino dipingerà con il suo inarrivabile stile visivo, domandandoci sin da subito se Lenny Belardo, ex-Papa colpito da un malore e ora in coma, sarà in grado di risvegliarsi.

É un miracolo quello che i fedeli e i cardinali attendono con impazienza, un miracolo che già in passato Lenny aveva dimostrato di essere in grado di compiere, e il suo ritorno è desiderato e temuto come la riapparizione dello stesso Gesù Cristo.

Inutile, però, attendere. La Chiesa necessita un altro Papa, un volto che rinvigorisca il corpo fin troppo deturpato di una chiesa non solo distrutta dal malore di Lenny, ma continuamente attaccata per la sua ipocrisia e le sue continue provocazioni.

CHI PUÓ ESSERE IL PAPA?

Se la Chiesa non può attendere, diventa necessario nominare un nuovo Papa. Ma chi è pronto a diventarlo davvero, in un periodo di turbamento e vero e proprio terrore, per la chiesa cattolica? Sorrentino dà voce ai desideri dei cardinali: chi desidera un Papa che promuova le coppie gay, chi un Papa che dia la possibilità ai preti di sposarsi, chi semplicemente una figura che ricordi il proprio padre, un padre che forse non hanno mai conosciuto.

Se la religione è una narrazione, il Papa è la voce di questa storia. E dunque il Papa non è solo un volto, ma anche una voce in grado di riunire con le proprie parole i fedeli, sempre più proiettati verso un moto di idolatria nei confronti di Lenny.

“Vorrei che il Papa fossi io perché solo io sono in grado di capirvi”, pensa il cardinale Voiello (interpretato dall’immenso Silvio Orlando), figura cardine per la serie e per la Chiesa stessa. Ma comprendere non significa conoscere, e seppur Voiello si sia sempre rivelato un abile tessitore all’interno di San Pietro non sembra aver la “voce” adatta per farsi ascoltare davvero, e viene più temuto che ammirato.

SIR JOHN BRANNOX

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É singolare come chi sia destinato a divenire il nuovo Papa non lo desideri mai davvero. Sir John Brannox (l’iconico John Malkovich), resta stupito quando gli viene comunicato che i cardinali hanno scelto lui per concorrere alla carica più importante della Chiesa. Fautore della “via media”, che si muove tra protestantesimo e cattolicesimo, si dichiara sin da subito “fragile come la porcellana” e inadatto a sostenere un simile ruolo.

É un dandy, una figura magnetica ed ermetica che catalizza lo sguardo, in grado con le sue parole, di scavare nell’animo umano. La sua immensa forza sta nel comprendere il valore narrativo della religione, rendendola un messaggio non solo universale, ma quantomai “umano”. Quando Voiello gli domanda cosa lo porti a piangere, la sua risposta è complessa ma sincera, “piango per l’inesauribile imperfezione del mondo”.

Brannox sembra portare con sé quei valori papali che lo rendono l’erede non solo giusto, quanto più necessario per succedere a una figura ingombrante come quella di Lenny Belardo. Ma ben presto la sofferenza di un’infanzia distrutta da un terribile lutto, e una salute mentale e fisica alquanto cagionevole renderanno evidente tutte le debolezze di un Papa veramente fragile come la porcellana.

“Sono indolente, sono presuntuoso, sono irresponsabile, sono vanitoso”. Sir John è un Papa che vive tra due estremi, con una vanità che lo rende certo di essere la figura giusta per sopportare il fardello che il ruolo di Papa porta con sé e una continua insicurezza e volubilità che lo portano a dubitare di ogni sua scelta.

LENNY BELARDO

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Diametralmente opposta è la figura di Lenny. Il ritratto che Sorrentino regala nella prima stagione non viene dimenticato, specialmente dai fedeli che per giorni, settimane e mesi attendono speranzosi il suo miracoloso ritorno. Bello come lo stesso Messia era descritto, Lenny è il simbolo di quel volto misterioso ed enigmatico che la Chiesa ha da sempre sognato di avere.

Se la Chiesa è, per Sorrentino, spettacolo, Lenny Belardo ne è il divo per eccellenza. É interessante come fisicamente non sia presente all’interno del nuovo universo papale, ma di come si presenti anche sotto forma di spirito, in alcune delle scene cardine della serie. Perché Lenny ha perso da tempo la sua umanità, i fedeli stessi l’hanno reso simbolo di un movimento spirituale tanto sentito quanto (come si dimostrerà nel corso degli episodi) pericoloso.

“L’idolatria è l’anticamera della guerra”. É questo che più si teme tra le mura di San Pietro, un moto di idolatria irrefrenabile che nasce dalla figura miracolosa di Lenny Belardo, ormai osannato come il nuovo Messia. E seppur San Pietro sia il cuore della Chiesa, è inutile negare quanto il cuore della religione siano i fedeli stessi, fautori di questo moto di fanatismo che non farò che far implodere la Chiesa su se stessa.

IL TOCCO DI SORRENTINO

É dunque l’idolatria la minaccia più grande che la Chiesa deve affrontare, e l’unico modo per farlo è fare in modo che Lenny ritorni uomo tra gli uomini, e perda dunque l’aura divina che con il tempo si è cucito addosso.

Sorrentino indaga dettagliatamente questo lato spettacolare della Chiesa, dimostrando come tutto ciò che è celato e ignoto diventi quantomai divino agli occhi di guarda. Il lato spettacolare non manca anche in una messa in scena maestosa, tipica del tocco sorrentiniano. Ogni inquadratura è armonica e perfettamente costruita, tra il pittorico e il teatrale. Non manca l’impronta pop che, in una serie come questa, non fa che evidenziare quanto sacro e profano sembrino andare nella stessa direzione. La grande croce al neon posta sopra la figura di Lenny ancora in coma ne è un esempio lampante.

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Ma sono i dialoghi che fanno da padrone, che non fanno che aumentare il carattere onirico che permane in quasi tutte le scene, specialmente in quelle che vedono protagonista lo stesso Lenny. Sorrentino ha più volte dichiarato come i dialoghi migliori gli vengano in mente prima di addormentarsi, quando la mette viaggia creando discorsi magari sconnessi, ma sicuramente intimi. Crea dialoghi che perfettamente delineano l’anima dei suoi personaggi, dando a ognuno di essi una simbolica importanza.

“The New Pope” segna un’altra vittoria per Paolo Sorrentino. Il suo stile tra il kitsch e il solenne resta impresso nella mente, regalando anche delle vere e proprie perle della scrittura. Il suo stile è impareggiabile, e non è un caso che la serie sia universalmente apprezzata, da critica e pubblico. Lascia sempre con infinite domande, Sorrentino. Domande che forse non troveranno mai risposta, domande che forse non dovremmo neanche porci. Ma ora non ci resta che attendere con impazienza quale nuovo gioco Sorrentino abbia in serbo per noi.

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Vittoria

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