Sergio Bruni

Sergio Bruni, la storia d’ ‘a voce ‘e Napule

Perché Sergio Bruni è ricordato come ‘a voce ‘e Napule? Perché c’è stato un tempo in cui tutta la città si è identificata nel suo modo di cantare. L’identificazione dei ceti agiati e del popolo, senza distinzioni. Merito di una voce dalle inconfondibili emissioni nasali e gutturali e di uno stile ricco di effetti smorzati e fioriture. Eppure, non sarebbe mai diventato la voce di Napoli se la sua vita non fosse passata per due paesi dell’entroterra.

GUGLIELMO CHIANESE DA VILLARICCA, IN ARTE SERGIO BRUNI

Guglielmo Chianese, in arte Sergio Bruni, nasce il 15 settembre 1921 a Villaricca, all’epoca un grosso borgo agricolo. Si appassiona alla musica che è ancora bambino: lo affascinano i canti tradizionali e le voci dei venditori ambulanti. Appena dodicenne entra a far parte della banda locale, dopo aver imparato, da solo, a suonare il clarinetto. Di fatto, la sua carriera inizia in quel periodo, suonando a battesimi, matrimoni e feste di paese.

È questo contesto ad esercitare un’influenza decisiva sul suo stile. Lo ha ben detto Roberto De Simone: “Bruni è nato a Villaricca. ossia nell’interno profondo della Campania. Sua madre stessa era una contadina. Quell’identità etnica e musicale d’origine si è, in seguito, felicemente sposata con la tradizione urbana napoletana. E ne è venuto fuori qualcosa che non esiterei a definire una personalità unica”.

SERGIO BRUNI PARTIGIANO A CHIAIANO

Dopo aver svolto lavori umili e sottopagati, parte per il servizio militare. Nel 1942 debutta come cantante a Torino in uno spettacolo per le reclute. A seguito dell’armistizio ritorna a casa, giusto in tempo per partecipare alle Quattro Giornate. Poco più che ventenne, contribuisce a salvare il ponte di Chiaiano minato dai nazisti ma rimane ferito ad una gamba nella violenta sparatoria che segue all’azione cui partecipa. L’episodio si rivela decisivo per la sua carriera artistica.

È l’autunno del 1943 quando Vittorio Parisi fa visita all’ospedale dove è ricoverato. Bruni si presenta come cantante. Parisi gli dà appuntamento dopo la guarigione e, quando lo incontra, gli dice: “Voi non avete bisogno di maestri.” È la svolta: un colpo di fortuna, celato in una profezia che si avvera. Nel 1945, infatti, vince un concorso bandito dalla Rai, sbaragliando 2.500 concorrenti. Finisce nell’orchestra di Gino Campese, che gli suggerisce di cambiare nome per evitare confusione con un altro Chianese cantante. Inizia la gavetta, ma nel 1948 è già un protagonista della Festa di Piedigrotta con le edizioni La Canzonetta.

I NUMERI DELLA CARRIERA DI SERGIO BRUNI

La carriera napoletana di Sergio Bruni è sintetizzata da numeri che lasciano pochi dubbi sulla sua importanza. Le partecipazioni al Festival di Napoli sono 12, con 32 canzoni presentate e 23 portate in finale Sono 2 le vittorie, con i brani Marechiaro Marechiaro e Bella, mentre sono 3 i posti d’onore. Senza la sua interpretazione, sarebbero probabilmente inosservate canzoni diventate poi famose. È il caso di Sciummo (1952), ‘O ritratto ‘e Nanninella (1955), Suonno a Marechiaro (1958) e Vieneme ‘nzuonno (1959). E questo considerando solo il Sergio Bruni “napoletano”, poi c’è quello “italiano” e “sanremese”.

È un’impresa ardua, se non impossibile, portare il conto delle sue incisioni. Di sicuro, le pubblicazioni a suo nome superano abbondantemente le 100 unità. Si parte con i 78 giri e si arriva ai cd passando per i 33 e i 45 giri. Tra i tanti dischi incisi, va ricordata l’antologia della canzone napoletana realizzata con Roberto De Simone e intitolata Sergio Bruni. Napoli, la sua canzone Stesso discorso per l’ormai introvabile album intitolato Levate ‘a maschera Pulicenella. Insomma, sono numeri di un caposcuola che, insieme a Murolo, ha riportato in vita l’anima più genuina della canzone napoletana

LE CANZONI DI SERGIO BRUNI FAMOSE: CARMELA E LE ALTRE

Le canzoni di Sergio Bruni che hanno fatto la storia della musica napoletana sono tante. Su tutte, però, merita una menzione speciale Carmela, composta con Salvatore Palomba nel 1976. Il brano è unanimemente equiparato ai grandi classici di fine Ottocento. Del 1980, invece, è Amaro è ‘o bene, incisa anche da Mina. Dal canto suo, Palcoscenico va ricordata perché è la prima canzone di cui ha scritto la musica (1956). Un autentico gioiello è poi ‘Na bruna, delicato canto d’amore del 1966.

GLI ANEDDOTI DI UN CARATTERE FORTE

Il carattere di Sergio Bruni era alquanto spigoloso, è cosa nota. Va detto, però, che il rigore era rivolto innanzitutto verso sé stesso. La sua carriera è stata importante anche perché basata su una serietà e volontà ferrea. Per quanto consapevole delle sue qualità, studiava per migliorarsi e non lasciava mai niente al caso. E, giustamente, pretendeva rispetto e attenzione. Come molti aneddoti testimoniano.

SERGIO BRUNI E MIKE BONGIORNO

L’episodio risale al Festival di Napoli 1968, edizione a cui partecipava anche un certo Tony Bruni. Troppo per il Maestro, che lasciò infuriato il teatro protestando per un’omonimia che sapeva di speculazione. Nelle vesti di presentatore, Mike Bongiorno provò a placarne le ira presentando il cantante come “Tony da Palermo”. Ma ci fu poco da fare…

SERGIO BRUNI E BARBARA D’URSO

Vent’anni dopo altra protesta clamorosa, anzi un litigio vero e proprio. Stavolta con Barbara D’Urso. Il motivo? La presentatrice si era azzardata a chiedergli di stringere i tempi della sua esibizione. Bruni la redarguì severamente, il tutto in diretta televisiva.

SERGIO BRUNI E IL MAESTRO ANGELINI

La determinazione di Sergio Bruni non si è fermata nemmeno davanti ai mostri sacri della musica italiana. Emblematico l’episodio che lo vide contrapporsi al maestro Cinico Angelini, reo di voler modificare l’arrangiamento de Il mare. Le sue parole furono lapidarie e definitive. “I’ so venuto c’ ‘o successo int’ ‘a valigia. Si nun se fa comme dico io, t’ ‘a suone tu sulo”. Si fece come diceva lui.

CONCLUSIONI

Sergio Bruni è considerato un indiscusso caposcuola. Insieme a Roberto Murolo, ha il merito storico di avere riportato in vita l’anima più genuina della canzone napoletana. “Il suo stile, prezioso e viscerale allo stesso tempo, si apparenta alla tipologia dei cantori popolari.” è stato scritto “Sembra far riemergere in vibrate modulazioni l’eco di influssi arabi e spagnoli, non del tutto cancellati dall’anima del popolo napoletano.”. Ecco perché è stato e sarà ‘a voce ‘e Napule.

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