‘Non categorizzare’ sembrano essere le parole d’ordine nelle discussioni dei salotti fotografici. Ci si aspetterebbe a questo punto che i salotti siano quelli bene, ma in realtà sono tutt’altro.

Se facciamo cose in un certo modo, con una certa cadenza e in determinati luoghi, ci accomuna ad altre persone che fanno cose, in un certo modo, con una certa cadenza e in determinati luoghi. Non bisogna quindi avere paura di sentirsi in una cerchia, più o meno ristretta, perché entrare in una categoria può aiutare molte volte.

Come dicevo qualche giorno fa in una discussione su Facebook non bisogna a tutti i costi essere diversi, per due motivi fondamentali: più si cerca di essere differenti e più si ricade nei cliché, più si cerca di essere differenti e più si perde la naturalezza e ci si allontana dall’obiettivo finale.

La categoria presa di mira nell’ultimo periodo è quella che in assoluto NON è realmente praticata: la Street Photography.

Non realmente praticata perché come più volte detto nei salotti fotografici, non basta prendere una fotocamera ed andare per strada per realizzare immagini.

E, dopo aver per giorni ragionato su uno status molto divertente di un amico, non sono riuscito ad esimermi dal notare che la categoria di cui parlava è nata naturalmente e di prepotenza ha invaso il mondo dell’immagine donandoci presenza in ogni dove. La Walking Photography. Immagini di gente che cammina a caso, in posti scelti a caso, definite impropriamente Street Photography.

Da li ho notato che è sempre più diffusa anche la Back Photography. La fotografia di strada con soggetti ripresi dalle spalle, senza alcun senso, con l’utilizzo improprio anche di profondità di campo che apparentemente mettono il soggetto in primo piano.

Che la Street Photography debba inglobare soggetto, azione e quinta già lo sappiamo  ed abbiamo parlato più e più volte di come debba raccontare un evento.

La quantità di immagini realizzate in strada che non raccontano nulla, ma mostrano solo gente che cammina a caso, o che sia ripresa di spalle, sta solo creando confusione e mettendo in ombra la vera natura di questa tipologia di fotografia.

La possibilità di ottenerla semplicemente con una fotocamera ha generato un traffico di utenza tale da evidenziare anche la mancanza di conoscenza delle dinamiche che ne hanno determinato la nascita del genere.
Si, perché è strettamente riduttivo pensare che basti realizzare immagini per strada senza un senso, se non solo quello estetico (tra l’altro anche opinabile).

Molti miei studenti hanno le idee poco chiare su questo genere e per loro scoprire tutto ciò che c’è dietro è l’apertura di un nuovo mondo che, fortunatamente li allontana dal “mucchio distorto” e li dirige verso uno stile più consono alla definizione delle proprie immagini come Street Photography.
Non è importante per chi si avvicina alla Street riuscire ai primi tentativi, ma è importante avere il giusto orientamento, così evitando di ricadere nella Walking Photography o addirittura nella Back Photography.

Credo fortemente che la maggior parte della confusione sia creata da quelli che si crede siano fotografi di Street. Infatti la maggior parte degli autori contemporanei (che possano essere professionisti o semplici amatori) che realizzano immagini street non consone propriamente al genere, hanno un’idea di autore street che in realtà non è.

Anche i canali tematici creano confusione, forse più di tutti, dando false informazioni, suggerendo autori che apparentemente possono sembrare street photographer ma che hanno avuto attitudini diverse. Professionisti del settore che non conoscono l’argomento di cui parlano. Non c’è bisogno di fare nomi, anche perché gli autori che hanno fatto street e che ancora ne fanno li potete leggere nell’articolo scritto ad hoc. QUI.

A tal proposito consiglio di leggere l’unico libro (un vero e proprio trattato) per poter capire il genere, la storia e l’anima della Street Photography:
Bystander: A History of Street Photography – di Colin Westerbeck e Joel Meyerowitz

Al suo interno potete trovare ad esempio informazioni sul primo libro di street photography della storia, pubblicato nel 1877 da John Thompson – Street life in London, o la vera anima della Street, consigli anche tecnici e tanto altro ancora.

In un mondo dove tutti si avvicinano alla Street Photography sarebbe bello avere meno gente che cammina a caso all’interno delle immagini, meno spalle, meno nuche e più ‘cose che accadono’.

Una replica a “WALKING PHOTOGRAPHY – QUELLO CHE NON È LA STREET!!!”

  1. […] non crediamo che si tratti banalmente di una fotografia che si può fare semplicemente andando in giro e fotografando qualsiasi cosa si muova o attiri la nostra attenzione. Si tratta di un modo di essere, di uno stile […]

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