Non le migrazioni, ma accogliere i migranti è volonta di Dio

Non c’è religione che non faccia riferimento alla volontà di un Dio, cui si vuole e si deve “liberamente” obbedire: “sottomissione” è una parola mistica nelle religioni. Anche nel cristianesimo, cioè in quella fede nata dall’evento del Figlio di Dio nella carne umana, si tratta di “fare la volontà del Padre”, come si prega quotidianamente nell’unica preghiera lasciata ai discepoli da Gesù di Nazareth. La questione religiosa resta, però, sempre la stessa: chi interpreta la volontà di Dio per tutti quelli che devono obbedire attraverso la fede? Poiché non è dato di sentir “parlare direttamente Dio”, le religioni si sono affidate a uomini, accolti come messaggeri, come inviati da Dio per la sua possibile automanifestazione. La storia delle religioni, che per lo più corrisponde alla storia dell’uomo consapevole di sé, evidenzia quanto sia grande il pericolo di strumentalizzazione della volontà di Dio, dentro interpretazioni che non corrispondono per nulla alla “natura di Dio”.

Se è vero, per esempio, quanto ha sostenuto Benedetto XVI nella famosa lezione a Regensburg — «Agire con violenza è contrario alla natura dell’anima e di Dio» —, allora tutte le interpretazioni della volontà di Dio, tese a giustificare qualsiasi genere di violenza perpetrata su esseri umani “in nome di Dio”, risultano assolutamente falsanti l’immagine di Dio e la sua natura, così volgarmente mascherata. Dio è onnipotente nell’amore e, dunque, radicalmente impotente circa il male. Non dovremmo proprio oggi riconoscere nessuna dignità teologica (e tantomeno cristiana) a certo occamismo del de potentia Dei absoluta, volto a giustificare l’immagine di un Dio arbitrario che può fare quello che vuole. In realtà, lo capiamo tutti che Dio può fare solo la Sua volontà, la quale in Dio coincide con la sua stessa essenza. Poiché la natura di Dio è agapica — Dio è solo e sempre amore — ecco che Dio può volere solo l’amore in libertà e amare la libertà dell’amore in tutti gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza sua. La violenza in nome di Dio ha altra causa, obbedisce a un altro “demone”, non riguarda minimamente la volontà di Dio. Si comprende allora l’inequivocabile affermazione di papa Francesco: “agire con violenza in nome di Dio è satanico”.

È verissimo. Piuttosto, la domanda che io farei al vescovo di Roma — segno visibile dell’unità della Chiesa cattolica e interprete della volontà di Dio in Gesù, insieme al collegio dei vescovi, successori degli Apostoli — è la seguente: agire con violenza in nome di Dio è satanico solo oggi o anche domani, e fu sempre satanico? 

La questione non è filosofica e, se si vuole, nemmeno teologica in senso tecnico, sicuramente non è politica (spero che nessun malevolo lo sospetti), ma è semplicemente evangelica, mettendo a fuoco il motivo vero per cui Gesù venne condannato a morte:la sua bestemmia. Chissà cosa avrà detto Gesù davanti al sommo sacerdote per meritarsi un “giudizio di blasfemia”, giudizio giusto, perché dichiarato dal Sommo sacerdote, l’unico che aveva il potere di interpretare per tutti la volontà di Dio. 

Gli ipsissima vox Jesu non mi pare riguardino questo episodio, perciò ognuno di noi può “immaginare” le parole dette da Gesù, seguendo quanto i Vangeli ci hanno trasmesso. Certa “intelligenza spirituale” (Gioacchino da Fiore) presente nel sensus fidelium potrebbe azzeccare se pensasse che Gesù abbia con parresia testimoniato “tutta la verità su Dio”, cioè che Dio è solo e sempre amore, perciò non pratica la violenza, non manda flagelli, non procura dolore, è radicalmente impotente quanto al male, essendo onnipotente in misericordia. Sulla base di questa verità su Dio — giudicata però come una bestemmia — nessuno avrebbe potuto in nome di Dio fare violenza a Gesù, condannandolo a morte, né praticare violenza su esseri umani. E, tuttavia, non poté essere solo questo lo scandalo che portò il Sommo sacerdote a stracciarsi le vesti e sentenziare la morte di Gesù. Fu bestemmia perché “si fece Dio”. E allora — incalza l’immaginazione fedele ai Vangeli (Newman) — cosa disse Gesù per farsi Dio? Sicuramente non pronunciò la frase “io sono Dio”. Avrebbe sortito una generale risata da parte di tutti. Al massimo avrà pronunciato: “Io sono”, richiamando il nome di Dio di Es. 3, come sostengono alcuni teologi. Immagino, allora, abbia detto più o meno così: “Nessuno ha mai visto Dio, e la Sua volontà è stata interpretata sempre da qualcuno, che l’ha praticata a spese di altri, facendola pagare con violenza, in particolare ai propri nemici; Io sono venuto da Dio, per dirvi le cose che il Padre vostro e Abbà mio mi ha detto di dire, dicendomi anche come le devo dire; e, in verità, in verità vi dico, Dio non ha mai fatto violenza a nessuno, mai, da sempre e nel sempre è solo amore, perciò in nome suo Io vi comando l’amore ai nemici”. Gesù si è fatto Dio perché ha preteso “interpretare” la volontà di Dio non solo da quel momento in poi, ma da sempre, essendo — come noi crediamo — Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. 

Il “cristocentrismo obiettivo” della teologia contemporanea giustifica criticamente questa immaginazione che non potrebbe essere inquinata da “nessun fantasma marcionista”. Piuttosto, sono gli esegeti che dovrebbero spiegare come, allo specchio del Crocifisso risorto, è assolutamente inimmaginabile ogni proiezione di violenza in Dio, ieri, oggi e sempre. Anche quella sugli innocenti figli primogeniti degli Egiziani?

Ha fatto bene il Cardinale Sarah di recente a sottolineare che non si può far appello alla Parola di Dio cristiana per supportare le “attuali migrazioni”, perché non sono volontà di Dio. È piuttosto evidente che queste migrazioni sono causate dalla miseria e dalla violenza, dalla guerra e dal potere tirannico, oltre che dalle “strutture di peccato”, ben visibili nelle tante forme dell’ingiustizia nel mondo. I preti e i vescovi sanno bene che queste migrazioni non sono “volontà di Dio” e nessuno che abbia un minimo di acculturazione teologica potrebbe affermarlo, senza dire sciocchezze. Tuttavia, poiché Dio parla al cuore degli uomini, i preti e i vescovi intervengono, invece, nell’interpretare autenticamente la Parola di Dio e, soprattutto il Vangelo di Gesù, quando sostengono che i migranti (la cui sofferenza, emarginazione e schiavizzazione, Dio non vuole e nemmeno i cristiani, né da loro, né da noi in Europa) vanno guardati con amore, con gli occhi della tenerezza di Dio, e secondo il comandamento dell’amore di Gesù, per essere realmente cristiani e vivere secondo il Vangelo. Accogliere i migranti è volontà di Dio, non le migrazioni. D’altronde, tutti dovrebbero riconoscere che la Chiesa cattolica è la più grande Internazionale della carità che ha aiutato questi fratelli a casa loro, li aiuta e li aiuterà. Lo fa per obbedienza al comandamento dell’Agape trinitaria, ma anche per un senso di giustizia, nello spirito di Caritas in veritate di Benedetto XVI e di Laudato si’ di papa Francesco.

di + Antonio, vescovo

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