Cinque mesi di relazione virtuale. Non virtuale per modo di dire, della serie ci si vede quando capita, totalmente virtuale: mai incontrati. Salvo alla fine, quando lei, forse affamata di concretezza, ha iniziato a frequentare un altro e lui, un uomo di cinquant’anni, ha perso la testa: l’ha cercata, l’ha vista e dopo averla pedinata le si è scagliato contro con una spranga di ferro, fracassandole il cranio ed uccidendola. E’ successo l’8 luglio 2010 ed ora i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Bari hanno confermato la condanna per l’omicida, sottolineandone la «completa assenza di sentimenti di umana compassione e pietà» [1].

Una storia orribile ed assurda, indubbiamente. Ma anche una storia emblematica, in tempi di “femminicidio” e violenza; una storia che dovrebbe farci riflettere non soltanto sulla pericolosità delle relazioni che nascono virtualmente ma anche di quelle, a prima vista concrete, che in realtà virtuali sono e restano nel tempo. E che poi, puntualmente, finiscono prima di quando avrebbero dovuto. In questo senso è difficile – al di là di qualsivoglia valutazione morale – non notare come la violenza interna alle coppie stia crescendo in una fase di nomadismo affettivo e di diffusa precarietà sentimentale.

Così dicendo, sia chiaro, non si vuole giustificare alcuna forma di violenza, ma solo osservare come questa, la gran parte delle volte, abbia un’origine precisa; un’origine in una frattura dolorosa che diventa ferita, e in una ferita che sfocia dapprima in rabbia e poi, talvolta, in follia. L’eterno pendolo fra Eros e Thanatos, tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, commenterà qualcuno. Eppure la frequenza dei crimini che oggi si consumano è tale da suggerirci di andare oltre e d’interrogarci non soltanto sulla tragica fine di certe relazioni ma anche sul loro inizio, non solo sull’infausto Omega ma anche sull’Alfa.

E l’impressione è che molte storie che in un secondo momento finiscono male, in fondo, non siano neppure iniziate bene. Che i problemi, anche se avvolti dal rosso velluto della passione, ci fossero dal principio. Non per mancanza di attrazione, per ragioni economiche, di appartenenza sociale o religiosa. Piuttosto per un malinteso senso di Amore, per un equivoco inizialmente offuscato dalla fiamma dall’innamoramento e poi delineatosi, amarissimo, come tale. Un equivoco per cui si sta insieme senza una meta; per cui si condivide una strada ma non si è certi sulla direzione; per cui ci si desidera, certo, ma più per la paura di restare soli che per la gioia di non esserlo più.

Di qui il sospetto che la vicenda costata la vita alla povera Chiara Brandonisio, di cui si parlava all’inizio, costituisca – pur nella sua singolare trama – un sorta di macabro simbolo delle tante storie d’amore che sono iniziate male per poi, purtroppo, finire peggio. Ragion per cui è bene, come dicevamo poc’anzi, interrogarsi sul serio sulla rapidità – peraltro crescente – con cui molte relazioni si frantumano e finiscono nel sangue. Pensateci: è come se, tutto ad un tratto, i nuovi palazzi costruiti nelle città iniziassero a precipitare, uno dopo d’altro. Da soli, senza scosse di terremoto o cariche esplosive. Tutte le attenzioni e le indagini, giustamente, si contrerebbero sul materiale e sui progetti di queste costruzioni.

Lo stesso crediamo debba avvenire per gli episodi di violenza e per la facilità con cui molte coppie, anche sposate, si lasciano: troppo facile fermarsi alla denuncia del “femminicidio”, prendersela con la presunta oppressione della vita familiare oppure ipotizzare una ulteriore riduzione dei tempi di divorzio e separazione. Se i palazzi crollano l’urgenza non è quella di raderli al suolo il prima possibile, così che tutti si possano dimenticare prima della loro passata esistenza; se i palazzi crollano il problema è la qualità del cemento e la stabilità dei progetti.  Per questo è opportuno che ciascuno di noi rifletta su quel che sta accadendo. Senza la tentazione di giudicare, naturalmente, ma con la volontà, per quanto possibile, di capire.

Perché se città intere, apparentemente senza una ragione, iniziano ad implodere su se stesse, significa che in realtà una ragione di queste implosioni, da qualche parte, ci deve pur essere. Significa – anche se la cosa può suonare scomoda – che dobbiamo ricominciare daccapo. Che dobbiamo tornare ad educarci e ad educare, a chiederci e a chiedere seriamente la ragione per cui stiamo insieme. Perché se da un lato è vero che l’Amore, in quanto naturale e inscritto nel cuore dell’uomo, non risponde a schemi e a formule, d’altro lato è altrettanto vero come la sua liquefazione sia del tutto innaturale. E debba, come il crollo improvviso di un palazzo, essere studiata.

E se ci si accorge quasi l’87% di divorzi, separazioni e cessazioni di convivenza hanno avuto implicazioni penali come calunnia, minacce, sottrazione di minore, percosse, maltrattamenti, lesioni, sequestro di persona, violenza privata, violenza sessuale [2]; se si registra che le coppie che convivono prima del matrimonio statisticamente contraggono un maggior rischio di dissoluzione coniugale [3]; se si rileva che all’interno di coppie conviventi le donne, dati alla mano, risultano più esposte al rischio di subire violenza [4]; ebbene, se si accerta tutto questo occorre dirsi la verità. E la verità è che il problema – nei palazzi di oggi – non è neppure il cemento, ma la sua assenza. Non quindi la vituperata vita matrimoniale, ma il suo sabotaggio e le sue fragili parodie.

Ed anche se la cosa può suonare antiquata, l’urgenza non è quella – rassegnata e sciaguratissima – di accelerare il crollo dei nostri palazzi, bensì quella di studiare le strutture più robuste, di andare a vedere i palazzi che non sono mai crollati. Di smetterla di pubblicizzare i cosiddetti “divorzi vip” e di dibattere sul “divorzio express”, per andare a spulciare le foto spesse ed ingiallite dei nostri nonni e dei nostri bisnonni. Che erano mediamente ignoranti, viaggiavano pochissimo, parlavano quasi sempre in dialetto, rispetto a noi non avevano un soldo eppure sapevano costruire, chissà come mai, eccellenti palazzi. E riuscivano bene, senza scrivere articoli o manuali, ad insegnare ai loro figli a fare altrettanto. E’ da quel concreto passato – oltre che dal nostro impegno e dalle tante belle testimonianze di vita matrimoniale che i media occultano o minimizzano – che possiamo trovare il cemento che manca.

[1]http://www.baritoday.it/cronaca/omicidio-chiara-brandonisio-motivazioni-sentenza-assassinio-brutale.html; [2] Cfr. Dati Associazione Ex cit. in. Lodovici G.S. «Il Timone» – N. 55 – Anno VIII – Luglio/Agosto 2006, pp. 32 – 33; [3] Si veda per esempio Rhoades G. – Scott S. – Markman H. (2009) The pre-engagement cohabitation effect: A replication and extension of previous findings. «Journal of Family Psychology», 23(1):107-111; Bumpass, L. L., Sweet, J. A., & Cherlin, A. (1991). “The role of cohabitation in declining rates of marriage”. «Journal of Marriage and the Family»; 53: 913– 927; Heaton, T. B. (2002). “Factors contributing to increasing marital stability in the US”. «Journal of Family Issues»; 23, 392–409; Teachman, J. D., & Polonko, K. A. (1990). “Cohabitation and marital quality and stability in the United States”. «Social Forces»; 69: 207–220; [4] Cfr. Abramsky T. – Watts C.H. – Garcia Moreno C. – Devries K. – Kiss L. – Ellsberg M. – Jansen H.A. – Heise L. (2011) What factors are associated with recent intimate partner violence? findings from the WHO multi-country study on women’s health and domestic violence. «BMC Public Health»; 11: 109; Maston C.T. (2011) Criminal Victimization in the United States, 2007 – Statistical Tables. «Bureau of Justice Statistics»; http://www.bjs.gov/index.cfm?ty=pbdetail&iid=1743;