Fargo – 3×08 Who Rules the Land of Denial? 3


Fargo - 3x08 Who Rules the Land of Denial?Per sette episodi, questa terza stagione di Fargo si è portata dietro un velo di critiche: il distacco con le altre due annate e l’impostazione più misurata hanno portato a degli sviluppi lenti, (con qualche eccezione) prevedibili, privi dei guizzi – narrativi e stilistici – che costellavano ogni ora della scorsa annata. Fermo restando che una tale scelta di struttura non può essere casuale, ecco che i guizzi sono arrivati: “Who Rules the Land of Denial?” è il coniglio nel cilindro di Noah Hawley, la scossa che ribalta la stagione, ne scopre un’altra faccia e la catapulta verso la sempre più vicina conclusione.

Fino ad ora, si diceva, la scelta di impostazione degli episodi aveva privilegiato uno sviluppo più misurato, posizionando le pedine prossime allo scontro fin dalla premiere e proseguendo, invece, in maniera inesorabile ma lenta verso la loro collisione. Non sono mancate le sorprese, certo (si pensi all’incidente con Ray del sesto episodio), ma le aspettative riposte sui ritmi della narrazione non potevano che essere diverse dopo un’annata col piede sull’acceleratore come la scorsa (e anche, in maniera lievemente minore, la prima). Ed è in questo che sta uno dei lavori più importanti di Hawley: nel (parziale) distacco dal passato in termini di contenuti e storie raccontate, creando un’antologia capace di mettere un pezzo vicino all’altro e di costruire un progetto più grande della somma delle sue parti.
È una scelta che si fa obbligatoria quando si tratta di serie antologiche, una scelta che crea anche lo spunto per il gioco sulle aspettative che lo showrunner mette in scena ogni anno: e così si passa dall’impostazione centrata sul rapporto protagonista-antagonista della prima stagione a quella corale della successiva, per poi mantenere la pluralità di personaggi costruendo, però, una narrazione che evita e rimanda di proposito le svolte per cui mette le basi. C’è da dire che, per quanto un impianto di questo tipo abbia del tutto senso, non sempre ha funzionato e ha portato, in qualche caso, a momenti di stanchezza narrativa a fronte di uno stile forse fine a se stesso; un problema, tuttavia, evitato da questa seconda parte di stagione e da questo episodio in particolare, in cui il gioco sulle aspettative nasconde molto, molto di più.

Fargo - 3x08 Who Rules the Land of Denial?In quanto in linea con l’andamento e lo stile finora adattati, la seconda metà dell’episodio è la più utile a comprendere questo fatto. La scelta che salta subito all’occhio è di sicuro il salto temporale adottato, un’ellissi in cui, al contrario di quanto visto nella prima annata (in cui cambiava praticamente tutto), gli eventi che ci siamo persi sono soprattutto introspettivi, lasciando la situazione molto simile a prima. È una formula che, come si diceva, ribalta le aspettative dello spettatore in quanto diversa da un’altra identica già utilizzata, ma c’è di più: il sottotesto che ne nasce è anche e soprattutto tematico.
Uno dei concetti più ricorrenti di questa annata, infatti, sta nella resistenza al cambiamento che la nuova epoca sembra portare. In parte, ciò si traduce in un cambiamento di carattere: il Lester della prima stagione non era poi tanto diverso da Emmett, un uomo forzato dalle buone intenzioni di cui fuoriesce inevitabilmente l’anima violenta e perversa; la differenza è che Emmett rimane schiacciato dalla passività, non riuscendo a far emergere il suo lato negativo se non in goffe ed involontarie situazioni. La solidità di un personaggio all’inizio visto come bidimensionale sta proprio in questo fatto, emerso prepotentemente a partire dall’incidente con Ray: il fratello maggiore è sempre incapace di reagire in maniera appropriata, e il suo difetto principale sta proprio in questo. Un difetto che si è realizzato fin dall’inizio nel non opporsi all’arrivo di Varga e dei suoi soci, e che è proseguito in questo caso con la perdita (forse definitiva) di Sy.

Fargo - 3x08 Who Rules the Land of Denial?L’altro risvolto del tema di questa stagione riguarda la rigidità di una cultura, se non delle istituzioni in generale: la storia di Gloria parla di un sistema bloccato dalla burocrazia e dal maschilismo, in cui i ruoli sono definiti in partenza e il raggio d’azione della donna finisce per essere interrotto in continuazione. Se si pensa all’evoluzione dei processi investigativi rappresentati nel tempo, ciò appare piuttosto chiaro: Lou Solverson, negli anni Settanta, ha dovuto affrontare un problema esterno, ma ciò non si è mai tradotto in difficoltà con i propri colleghi; un problema che è sorto con la figlia, in parte bloccata da un superiore ottuso che si è saputo infine fare da parte. La situazione di Gloria è ben più grave: il caso è forse il più semplice affrontato nella serie (la donna arriva vicina alla soluzione con una rapidità disarmante), eppure il più grande ostacolo incontrato è il sistema di ruoli che è diventato ormai invalicabile e che rende la cecità del superiore impossibile da contrastare. Se non fosse stato per i blocchi ricevuti dai superiori, Gloria sarebbe già arrivata alla risoluzione del caso: una gran parte delle cause di questo nuovo disastro viene proprio dall’interno.

That’s the nature of existence: life is suffering. I think you’re beginning to understand that.

Ma questo ottavo episodio non sarebbe la svolta di cui si parla se non fosse per la sua prima metà, una mezz’ora scura e cupa che conferma Noah Hawley come la persona più adatta a gestire un universo come quello di Fargo e della filmografia dei Coen in generale. A partire dalla conclusione della scorsa puntata, infatti, l’ampliamento di questa stagione è stato vertiginoso, passando da una storia finora indipendente ad un racconto che tocca i vertici più disparati: e si pensa all’introduzione di Mr. Wench, il killer sordomuto che abbiamo incontrato nella prima annata; alla coppia che passa casualmente sulla scena dell’incidente e finisce giustiziata al lato della strada, in un omaggio al film originale del 1996; e ovviamente alla sequenza nel bowling, con Ray Wise a sostituire Sam Elliott (il movimento di macchina che li presenta è identico) in un’incredibilmente riuscita ripresa di The Big Lebowski.
Fargo - 3x08 Who Rules the Land of Denial?Ma non è nella semplice citazione la magia di Hawley: sta tutto nella rielaborazione. Gli elementi “presi in prestito” dai Coen o dalle altre stagioni non sono mai giochi di prestigio fini a se stessi, ma servono uno scopo narrativo e tematico ben preciso, ampliando allo stesso tempo un universo che si serve delle soluzioni più diverse per renderle ancora più significative di prima. E allora il racconto di Giobbe, il perno centrale di A Serious Man dei Coen, viene riportato in vita per potenziare una scena che già in sé è densa e profonda, che, anche senza scomodare il film del 2009, ha già come tema principale il divino (o il Fato, o il caso) e il suo intervento negli eventi terreni. Si tratta, fra l’altro, di una gestione delle atmosfere che non ha bisogno di commenti, a partire dall’intera sequenza dell’inseguimento (che tra violenza, ironia e cupezza pare direttamente girata dai fratelli in persona) per arrivare alla splendida enigmaticità del dialogo con Paul Marrane, una scena che nella sua ambivalenza racchiude lo spirito migliore della serie. Non è chiaro se si tratti di un limbo ultraterreno o di un’allucinazione per le ferite subite, ma la potenza della situazione è ciò che rende la risoluzione del dubbio superflua – così come la reincarnazione di Ray in un gattino prescinde dal senso logico che le si vorrebbe dare per agire esclusivamente tramite la sua valenza simbolica.

È in sequenze come questa, sicuramente tra le più belle dell’intera serie, che si riconosce la grandezza di Fargo: una serie che riesce ad essere forte ed indipendente pur citando in continuazione, che supera la concezione tradizionale di racconto televisivo per costruire nuovi standard qualitativi. Perché si potranno avere più o meno dubbi sugli episodi che lo precedono, ma “Who Rules the Land of Denial?” è un esperimento che dimostra la capacità della serie di creare qualcosa di straordinario.

Voto: 9

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3 commenti su “Fargo – 3×08 Who Rules the Land of Denial?

  • Sasà

    Davvero una bellissima recensione di un episodio monumentale. Non capisco però perchè parli di Paul Marrane come di una possibile allucinazione; ha interagito anche con Gloria e Yuri. A me sembra più che altro un rivale di Varga

     
    • Pietro Franchi L'autore dell'articolo

      Ciao Sasà, prima di tutto grazie mille!
      Riguardo Paul Marrane, ovviamente l’ipotesi principale è che sia un’entità ultraterrena scesa in gioco per alterare gli eventi (e distruggere Varga), un po’ l’equivalente (anche se con valenza simbolica totalmente diversa) dell’UFO dello scorso anno. Ho ipotizzato un’allucinazione come possibilità, ma ciò non esclude la natura “divina” di Morrane, semplicemente indica che l’incontro si svolge non in un “non-luogo” o sulla Terra ma nella testa della persona coinvolta (Yuri, Gloria o Nikki). Diciamo che l’ipotesi di “allucinazione” semplicemente mette in dubbio l’esistenza effettiva del bowling oppure no 🙂 il senso del personaggio di Marrane però rimane lo stesso!