SEÁNIE Ó’LOINGSIGH “Chongie Road”

SEÁNIE Ó’LOINGSIGH “Chongie Road”

SEÁNIE Ó’LOINGSIGH “Chongie Road”

Autoproduzione. CD, 2024

di alessandro nobis

Piper nativo dell’isola di Achill, Seánie Ó’Loingsigh ha recentemente pubblicato il suo primo disco “Chongie Road” dedicato al luogo di origine della sua famiglia. E’ l’ennesima splendida autoproduzione di un musicista irlandese che ha scelto di rinunciare a firmare un contratto con un’etichetta discografica per avere il controllo del repertorio e della produzione nella quale è coadiuvato da Alan Doherty che qualcuno ricorderà nell’ottimo ensemble Grada (visti anche in Italia, parecchi anni fa). Album d’esordio pensato e realizzato per omaggiare la sua terra natale, ricca di repertori e di musicisti tra i quali il maestro John Twin McNamara, una sorta di viaggio che racconta della sua vita che per una sua buona parte è stata occupata dalla professione di pilota di linea civile e che da poco lo ha riportato a dove era iniziata, alla sua isola di Achill e soprattutto alla musica popolare irlandese ed alle uilleann pipes. Un disco il cui ascolto ti porta al purissimo suono delle pipes e anche al suono contaminato da suoni moderni inseriti sempre in modo perfettamente intelligente ed equilibrato grazie agli amici che hanno collaborato con Seánie Ó’Loingsigh alla sua realizzazione: il chitarrista Tony Byrne, il violinista e percussionista Joseph McNulty, in contrabbassista Niall Hughes, il trombonista e tastierista Alex Borwick e il percussionista Collie Ahern. Poco importa sapere se il repertorio è composto di brani tradizionali (la maggior parte) oppure originali (la bellissima slow air eponima con l’evocativa voce di  ……., qui quel che più conta è che sia nella purezza dei brani in solo (la slow air “Valencia Harbour”) che in quelli dove è accompagnato da altri strumenti (il reel “Nine Pint Coggie“, il tradizionale “Jewels of the Ocean” il brano forse più significativo che nella parte finale manifesta elementi anche legati al jazz per lo splendido solo di trombone di Alex Borwick) il livello qualitativo è davvero notevole, tra come diceva la purezza della tradizione e le modernità sonore che in qualche caso non possono non ricordare quelle seminali (e chiedo perdono per la citazione) dei Moving Hearts di Dave Spillane & C..

Disco magnifico, un viaggio introspettivo nella vita del suo autore e nelle molteplici sfaccettature della tradizione musicale irlandese.

https://chongieroad.bandcamp.com/album/chongie-road

Piper native of Achill Island, Seánie Ó’Loingsigh recently released his first album “Chongie Road” dedicated to his family’s place of origin. It is yet another splendid self-production by an Irish musician who chose to give up signing a contract with a record label to have control of the repertoire and production in which he is assisted by Alan Doherty who some will remember in the excellent ensemble Grada ( also seen in Italy, several years ago). Debut album conceived and created to pay homage to his native land, rich in repertoire and musicians including the maestro John Twin McNamara, a sort of journey that tells of his life which for a good part was occupied by the profession of civil airline pilot and who recently brought him back to where it began, to his island of Achill and above all to Irish folk music and the uilleann pipes. A record whose listening takes you to the pure sound of the pipes and also to the sound contaminated by modern sounds always inserted in a perfectly intelligent and balanced way thanks to the friends who collaborated with Seánie Ó’Loingsigh in its creation: the guitarist Tony Byrne, the violinist and percussionist Joseph McNulty, double bassist Niall Hughes, trombonist and keyboardist Alex Borwick and percussionist Collie Ahern. It matters little whether the repertoire is made up of traditional pieces (most of them) or original ones (the beautiful eponymous slow air with the evocative voice of ……., here what matters most is that it is in the purity of the songs in solo (the slow air “Valencia Harbour”) and in those where he is accompanied by other instruments (the reel “Nine Pint Coggie”, the traditional “Jewels of the Ocean” perhaps the most significant piece which in the final part manifests elements also linked to jazz for Alex Borwick’s splendid trombone solo) the level of quality is truly remarkable, between as he said the purity of tradition and the sound modernities which in some cases cannot fail to recall the seminal ones (and I ask pardon for the quote) of Moving Hearts by Dave Spillane & Co..

Remarkable album, an introspective journey into the life of its author and into the many facets of the Irish musical tradition.

GRAZIA DE MARCHI E IL CANZONIERE VERONESE “Balè cantè butèle”

GRAZIA DE MARCHI E IL CANZONIERE VERONESE “Balè cantè butèle”

GRAZIA DE MARCHI E IL CANZONIERE VERONESE “Balè cantè butèle”

Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella. 2LP, 1990

di alessandro nobis

Dando uno sguardo alla produzione discografica degli ultimi decenni riguardante la riproposta della materiale musicale della tradizione veronese, due sono la opere a mio modesto parere più significative che mi sento di qualificare come le uniche in grado di competere per il loro importante valore con altre italiane e continentali: una è “Varda che bela luna” dell’Ensemble Folkamazurka, l’altro è questa testimonianza del Canzoniere Veronese al tempo formato dalla cantante Grazia De Marchi, dal chitarrista Alfredo Nicoletti (che curò anche la direzione musicale) dal violinista Corrado Ferraro (tutti membri della prima line up del Canzoniere assieme a Paolo Biasioli e Nicola Nicolis, n.d.r.) e da un secondo chitarrista, Antonio Recchia. Il doppio ellepì, prodotto dall’encomiabile Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella riporta un concerto tenuto a San Pietro in Cariano il 17 febbraio del 1990 e venne stampato in un numero decisamente non copiosissimo di copie e mai ne venne riproposta una versione in compact disc; una produzione molto accurata che coinvolse alcuni dei massimi esperti della cultura popolare come Marcello Conati ed Enrico De Angelis ciascuno autore di un saggio riportato in copertina e adeguate note a descrizione di ogni brano accompagnate ai testi. Indovinatissima a mio parere la scelta timbrica del quartetto e perfetta l’esecuzione, con la doppia chitarra ed il sontuoso violino di Ferraro a supportare la voce di Grazia De Marchi: potente, spontanea e naturale con il suo vigore interpretativo (basta ascoltare il brano che apre il lato A “Un bel giorno andando in Francia” eseguito a cappella per averne un’idea) che dà il giusto e doveroso risalto ai “portatori” della cultura popolare che i musicisti hanno conosciuto non tanto come curiosi indagatori ma piuttosto come compagni di feste, di canti, di vita anche quotidiana. Fiorina Chesini, Domenico Anselmi, Arturo Zardini, Eurosia Allegrini, il Coro Fontanelle e Pina Guardini hanno passato la loro memoria orale a quanti erano interessati non solo a “carpire” i repertori ma a riviverli rispettandoli dai portatori per poi rivitalizzarli, e questo era il progetto del Canzoniere Veronese. In questo “Balè cantè butèle” non troviamo un repertorio contestualizzato al ballo (a parte la “Villotta a ballo“) ma diciotto canti raccolti soprattutto nell’area della Valpolicella veronese alcuni dei quali molto comuni nell’Italia Settentrionale e pubblicati tra gli altri, con diverse lezioni, da Costantino Nigra, Arrigo Balladoro e Ettore Scipione Righi. Voglio citarne solamente tre: naturalmente “Donna Lombarda” (lezione raccolta da Ettore Scipione Righi), “Ninna Nanna” (raccolta dalla De Marchi dal Corodelle Fontanelle di San Bonifacio) e “Un’eroina / L’ingresa” che assembla in modo preciso la parte proveniente dall’informatrice Fiorina Chesini con il testo raccolto da Arrigo Balladoro e pubblicato nel 1905.

Disco importante, da avere assolutamente: forse ne esistono ancora copie da qualche parte, ma ormai è oggetto di collezionismo ….. datevi da fare

LATO A

Un bel giorno andando in Francia

Villotta a ballo

Cara mama me voi maridar

Marideve butelote

Balè cantè butèle

LATO B

Donna lombarda

I vol che me marida

La prova (La bela la va in giardino)

La mosca mora

LATO C

Oh butele o butelote

La bela la va al bosc

La bevanda sonnifera (La mia mama l’è vecchierela)

Un’eroina (L’ingresa)

Tentazione

LATO D

L’uselin de la comare

Amore risponde a tutto

Dormi mia bela

Dormi mia bela

Ninna nanna

La cena della sposa

TERREMOTO 1891 (ventesima parte) ARENA, 19 – 20 GIUGNO 1891

TERREMOTO 1891 (ventesima parte) ARENA, 19 – 20 GIUGNO 1891

TERREMOTO 1891 (ventesima parte) ARENA, 19 – 20 GIUGNO 1891

ECHI DEL TERREMOTO

Da Tregnago

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(Nostra Corrispondenza)

17 giugno.

Anche questa notte qualche piccola scossa, pochi però furono quelli che l’avvertirono; si è tanto stanchi che oramai una volta immersi nel sonno ci vogliono dei terremoti – distruttori di cittadi – perchè vengano sentiti. La frequenza e l’intensità delle scosse mi pare tuttavia che vadano diminuendo; speriamo che il periodo sismico da macro sia diventato micro. Curiosi sono i fenomeni che vengono avvertiti; ier l’altro alcuni lavoratori che stavano zappando il sorgoturco udirono per circa una ora un rombo sotterraneo, senza avvertire scosse. Parlando poi con alcuni terrazzani pare che fenomeni simili siano stati uditi altre volte. Essi dicono che tali rumori provengono dal lago e sono sicuro indizio di cambiamento di tempo.

Prima di lasciare questo argomento, permettete che vi dica qualche cosa delle impressioni mie personali sul nostro amabile ospite. Di giorno le scosse, se non si è nelle case, è difficile avvertirle; quando poi le tenebre notturne s’addensano sulla valle, stesi che si sia nel letto, nel mentre che si cerca, con tutti quei migliori mezzi che vengono suggeriti, di prender sonno, sia contando da uno a cento, sia leggendo qualche romanzo sperimentale, in mezzo al silenzio profondo si sente scricchiolare il letto; ora il moto sembra di rollio, ora di beccheggio. I travi cigolano e gemono i muri; pare di trovarsi non sulla terra ferma, ma sopra una nave. Il movimento talvolta è brusco e cessa subito, tal’altra è un leggero ondeggiamento che sembra una carezza. Qualche volta il rumore o rombo pare continui per delle mezz’ore. Così cullati si finisce per prender sonno e alla mattina non si sa, se si abbia passata la notte svegli o addormentati.

Ieri feci una corsa attraverso i paesi che furono più colpiti. I danni variano a seconda della località; in generale molto più gravi lungo il thalweg, della valle principale, minori in alcune delle secondarie. Procedendo dal basso in alto il danno diminuisce, così questo è stato minore a Centro, Saline, Velo. Pare perciò che la grossezza della montagna abbia opposto una resistenza al progredire dell’onda; se così fosse, il centro il centro da dove è partito il movimento dovrebbe essere poco profondo. Il paese che fa maggiore impressione è Cogolo: le case che il genio militare fu costretto ad abbattere sono in numero rilevante, cosicchè chi venisse a visitare questo villaggio, ò come avesse, visto Casamicciola, qual era nell’autunno del 1888. Ora il genio militare, qui nel capoluogo, sta procedendo radicalmente contro qualche casa pericolante.

Gli ingegneri del Genio civile stanno facendo la stima del danno credo nei riguardi dell’eventuale sgravio e diminuzione d’imposta.

Il Comitato è molto grato all’opera di questi ingegneri e specialmente dell’ing. Ravà, colto, gentile, indefesso, il quale molto pratico di tali disastri, per essere stato in Liguria dopo il terremoto del 1887, ci fu di grande aiuto sotto tutti i riguardi.

Questi paesi non vennero mai tanto visitati come ora.

Domenica scorsa fu un continuo andirivieni di omnibus che conducevano una folla di turisti dalla stazione alle località più colpite. Non crediate però che si abbia avuto soltanto della gente volgare. Ieri l’altro ci venne l’onorevole Fagiuoli e ieri l’amabile avv. Dovigo, deputato provinciale. Rimase anche parecchi giorni tra noi il prof. Goiran – pei suoi strumenti e per quella sua barba – battezzato dai contadini col nomignolo di mago.

L’idea espressa da alcuni di una lotteria pei danneggiati sarebbe, ove venisse assunte da una abile banchiere, cosa ottima, poichè varrebbe a dare un aiuto durevole, al quale, sottoscrizioni per quanto estese, non potranno mai giungere. Ho sentito poi da altri mettere innanzi l’idea d’un “numero unico”. Per quanto non sia da aspettarsi un grande vantaggio economico da un tale prodotto letterario, poichè, già si sa, i letterati a questi lumi di luna, sono imbrogliati a tirare innanzi magramente loro, pure al piccolo contributo, resterebbe almeno un ricordo durevole del triste avvenimento; poichè una tale pubblicazione la riterrei io non già un’accozzaglia di prosa e versi, alla quale basta cambiare il titolo perchè serva a commemorare qualunque fatto, ma sibbene una pubblicazione ad hoc. Questo, premesso il racconto semplice e veritiero del disastro, dovrebbe essere un’aillustrazione delle bellezze naturali dell’alta valle d’Illasi.

Alcuni versi, pochi ma buoni, non guasteranno. Alcune incisioni o meglio fototipie dovrebbero arricchirla; bella e nitida l’impressione, possibilmente in cromo, edita con cura, maggiore di quanto ne spende il vostro proto a stampare queste mie prose. Ci sarebbero degli argomenti interessanti da trattare; per esempio, l’illustrazione dell’antichissima chiesa di San Mauro di Saline. Si potrebbe pubblicare una cronaca, fattami vedere dall’amico Sgulmero, che si conserva inedita alla Comunale, dell’antica Badia Calavena, scritta nel secolo scorso da un abate dei S. S. Nazario e Celso. La valle ha, come noto, una rarità etnografica; i Cimbri, che con fraterna concordia i nostri Cipolla illustrarono, storicamente l’uno, filologicamente l’altro.

Ora anche questo è un bel bozzetto. Ci sarebbe ….. ma finiamola, che pernserà il Comitato centrale della provincia nella sua saggezza a sviluppare convenientemente il programma.

Era qui giunto, quando una scossa forte, proprio alle 5,13 pom. getta dall’alto dal soffitto dei calcinacci e dello spolvero su quanto ho scritto. Si vede il proprio che il terremoto vuole che faccia punto.                                                                          c. f.

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Da Venezia

è giunto al Sindaco il seguente dispaccio:

Parteciper dolori recente disastro. Società Filodrammatica silvio Pellico costituivasi Comitato promotore favore danneggiati augurandosi esito proporzionale gravi necessità.

Presidenza.

Siano benedetti i veneziani!

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VENIAMO IN SOCCORSO

di TREGNAGO E BADIA

E Comuni finittimi

E’ inutile ormai ogni fervorino per incitare il pubblico a venire in soccorso dei colpiti dal terremoto del sette.

I paesi di Badia Calavena e di Tregnago, di Selva, di Vestena, ecc., si possono dire per tre quarti distrutti: la popolazione attende l’obolo dei generosi.

Lista di ieriL. 4175.62
Offerte d’oggi:                     
Esportazione Uova100.
A. Annaratone, R. Intendente di Finanza10.
I bambini degli Asili Aportiani (1)17.69
Insegnanti ed alunni della Regia Scuola Tecnica di Legnago (2)28.35
Famiglia Fano20.
Carlotte Alberti – Menegazzoli10.
Zoppi Dr. Gio, Batta20.
Avv. Carlo Inama5.
TotaleL. 4386.66

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(1) Preg. Sig. Direttore,

Per insinuare nell’animo de’ miei teneri bambini la carità verso i fratelli sofferenti proposi loro di offrire un piccolo obolo a favore dei poveri danneggiati dal terremoto-

Eccone la somma: L. 17.69

Verona, 19 giugno 1891.

Innocenzo Zamboni. Ispettore.

(2) Illust. sig. Aymo

Il Corpo Insegante e gli alunni della Regia Scuola Tecnica di Legnago offrono questo obolo di L. 28,35 per venire in soccorso delle sventure, che colpirono i poveri danneggiati dal terremoto nella nostra Provincia.

Favorisca di volerlo pubblicare nell’elenco delle sottoscrizioni.

Continui, egregio signor Aymo, nell’opera di carità iniziata, e colla riconoscenza dei beneficati avrà il plauso dei cuori educati all’emore del prossimo.

Col massimo rispetto me le protesto servo,

Il direttore

Prof. Alessandro Pangrazio

Legnago, 17 giugno 1891

***

Offerte ai danneggiati dal terremoto pervenute al Comitato Centrale di Verona

Giuseppe FracassoL. 5.
Dal Giornale il Messaggero di RomaL. 22.65
Comune di Isola della ScalaL. 100.

Per il Comitato

M. Dalla Biasia

***

Il signor Ipsevich Giovanni, vice-presidente della Fratellanza Militare, ci comunica:

La Fratellanza Militare nel suo Consiglio del 18 corr, ha deliberato concorrere con lire cinquanta a favore dei danneggiati dal terremoto; e poichè essa associazione ha una prorpia sezione a Tregnago, tale somma verrà spedita direttamente a quel Comitato locale.

Qui potete leggere. se lo volete, la diciannovesima parte: https://ildiapasonblog.wordpress.com/2024/03/16/terremoto-1891-diciannovesima-parte-arena-15-16-giugno-1891/

ALEX CLINE  “The Lamp and the Star”

ALEX CLINE  “The Lamp and the Star”

ALEX CLINE  “The Lamp and the Star”

ECM Records. CD, 1989

di alessandro nobis

Il catalogo dell’etichetta di Manfred Eicher nasconde dischi di grande valore talvolta poco “frequentati”. Un esempio? Questo bel lavoro del batterista · percussionista americano Alex Cline  registrato a Los Angeles nel 1987, è il primo album a suo nome alla di guida del suo quartetto (Nels Cline alla voce, Jeff Gauthier al violino e voce e Eric Von Essen al contrabbasso) che per l’occasione “raddoppia” con una line up che ospita anche Susan Rawcliffe al digeridoo, Wayne Peet alle tastiere, Aina Kemanis alla voce e Hank Roberts al violoncello e voce. Cinque le tracce tutte accreditate al leader anche se molto spesso l’aspetto improvvisativo, mi sembra di capire, prende il sopravvento creando una musica innovativa, creativa, stimolante e mai noiosa che alterna parti scritte ad altre create dai musicisti in fase di registrazione. Come nel lungo brano che apre il disco, “A Blue Robe in the Distance” con la straordinaria performance di Aina Kemanis ed il pianismo cameristico di Wayne Peet che intervengono dopo uno splendido lavoro alle percussioni di Alex Cline protagoniste in modo marcato anche nel terzo segmento della traccia assieme agli archi ed alla voce. “Emerald Light” si apre con gli archi che introducono la voce ed il pianoforte, un brano contemplativo che ci riporta a quella forma di jazz, o di musica contemporanea (del 20° secolo), lungamente cercata e trovata dalle produzioni ECM nel corso della sua storia, ovvero dal 1969: uno dei brani più suggestivi e significativi di questo “The Lamp and the Star” assieme a quello citato in precedenza che disegnano meglio il progetto del percussionista compositore americano.

Senza dubbio un musicista e un disco da andare a riascoltare o da scoprire per il pathos, definirei magico, che permea tutta la sua durata e che vi terrà in tensione, una magica tensione rara di questi tempi, fino a premere nuovamente il tasto “play”.

LEONARD BARRY “Littoral”

LEONARD BARRY “Littoral”

LEONARD BARRY “Littoral”

Autoproduzione. CD, 2024

di alessandro nobis

Ad essere curiosi, ad esplorare, a cercare le piccole e spesso significative produzioni musicali è sempre appagante soprattutto se ci si muove nel puntiforme mondo della musica tradizionale nello specifico di quella irlandese. Si scoprono solisti, ensemble, piccoli combo che dedicano la loro vita artistica allo studio, alla ricerca, alla valorizzazione ed alla creazione di nuovi repertori. Come Leonard Barry per esempio, validissimo piper originario della Contea di Kerry che ha pubblicato questo “Littoral” che va a seguire “Mind the Pipes” del 2002 e “New Road” del 2013 pubblicati a proprio nome e, con Seamie O’Dowd, Rick Epping ed Andy Morrow “Stonewalls and Street Lights” del 2016 fino a “Hurry the Jug” del 2019 con Declan Folan e Shane McGowan. Questo lavoro, il cui nucleo è costituito dal trio con il chitarrista Dhane McGowan e il violinista Andy Morrow, è uno splendido sguardo verso il folk revival degli anni Settanta (nel set “Bedford Cross · The Knocknaboul · Johnny Mic” c’è il violino di Kevin Burke della Bothy Band ed il jig “The Pipe in the Hob” faceva parte del repertorio del gruppo di Paddy Keenan e del già citato Burke) e verso il passato del folk irlandese come il secondo reels del set “Comronalty · The Mills are Grinding“, eseguito in modo magistrale solo dalle uilleann pipes che risale ad un secolo fa e la sua origine va cercata nella Contea di Galway. Magnifico anche l’arrangiamento delle due mazurke “La Valse de Pasteriaux · La Polverita Fiera“, prima composta da Jacky Molard, provenienti da aree diverse da quella irlandese e da ultimo voglio assolutamente citare “Yom Busby’s · The Humours of Ballingally“, due jigs con l’intervento della precisa chitarra di Shane McGowan che vengono dal passato più lontano, dagli anni Trenta la prima (composta dal piper di Fermanagh Tom Busby) e dalla raccolta di Captain O’Neill la seconda e qui torniamo alla metà dell’Ottocento.

Disco che merita la più grande diffusione: musicista di livello eccellente, arrangiamenti accurati, repertorio scelto in modo perfetto. Cosa chiedere di più? Procuratevi questo disco allora, lo troverete sul sito del musicista (www.leonardbarrymusic.com) e lo potrete ascoltare anche su Spotify. Poi, e lo voglio dire, il disco lo si acquista queste piccole e molto significative produzione vanni aiutate ….. sapete come la penso.

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Being curious, exploring, searching for small and often significant musical productions is often satisfying, especially if you move into the world of traditional music, specifically Irish music. We discover soloists, ensembles, small combos who dedicate their artistic lives to the study, research, valorization and creation of new repertoires. Like Leonard Barry to say one, a very good piper originally from County Kerry who published this “Littoral” which follows “Mind the Pipes” of 2002 and “New Road” of 2013 published under his own name and, with Seamie O’Dowd, Rick Epping and Andy Morrow “Stonewalls and Street Lights” in 2016 up to “Hurry the Jug” in 2019 with Declan Folan and Shane McGowan. This work, whose core is made up of the trio with the guitarist Shane McGowan and the fiddler Andy Morrow, is a remarkable look towards the folk revival of the seventies (in the set “Bedford Cross · The Knocknaboul · Johnny Mic” there is the violin of Kevin Burke of the Bothy Band and the jig “The Pipe in the Hob” was part of the repertoire of Paddy Keenan’s group and the aforementioned Burke) and towards the past of Irish folk such as the second reels of the set “Comronalty · The Mills are Grinding”, performed in masterful way only from the uilleann pipes which dates back to a century ago and its origin must be sought in County Galway. Also magnificent is the arrangement of the two mazurkas “La Valse de Pasteriaux · La Polverita Fiera”, first composed by the Breton Jacky Molard, coming from areas other than the Irish one and lastly I absolutely want to mention “Yom Busby’s · The Humours of Ballingally”, two jigs with the intervention of Shane McGowan’s precise guitar which come from the most distant past, the first from the 1930s (composed by the Fermanagh piper Tom Busby) and the second from Captain O’Neill’s collection and here we return to the mid-nineteenth century.

Record that deserves the widest diffusion: excellent musician, accurate arrangements, perfectly chosen repertoire. What more could you ask for? Get this album then, you will find it on the musician’s website (www.leonardbarrymusic.com) and you can also listen to it on Spotify. Then, and I want to say this, you buy the record, these small and very significant productions need to be helped….. you know what I mean.

SUCCEDE A VERONA: 19 maggio 2024 “CHITARRE” CENTRO CULTURALE 6 MAGGIO 1848

SUCCEDE A VERONA: 19 maggio 2024 “CHITARRE” CENTRO CULTURALE 6 MAGGIO 1848

SUCCEDE A VERONA: CENTRO CULTURALE 6 MAGGIO 1848 “CHITARRE” · Audizione aperta al pubblico ·

19 maggio 2024 h 17:00

di alessandro nobis

Un incontro di un paio d’ore tra musicisti che frequentano ambienti musicali spesso lontani tra loro: il jazz, la musica tradizionale, l’avanguardia, il blues, la composizione di nuova musica. Così è nata l’idea dell’Associazione Culturale ZONACUSTICA e dell’Associazione Onlus · Le Fate di proporre ad alcuni chitarristi di incontrarsi domenica 19 maggio a partire dalle ore 17:00 nell’ombreggiato cortile del Centro Culturale “6 maggio 1848” in Via Mantovana 66, nel borgo di Santa Lucia a Verona e così darsi la possibilità di conoscere personalmente e ascoltare lontano dalle tensioni dei concerti ufficiali altri colleghi oltre che approcciarsi a nuovi idiomi musicali.

Una formula, uno scambio di idee “live”, di impressioni che potrebbe anche far scaturire nuove e impensate collaborazioni: una formula, insisto su questo termine, che dovrebbe essere sempre a mio avviso adottata dai cosiddetti festival · jazz e kermesse chitarristiche · dove talvolta però alla fine del proprio spazio assegnato dalla direzione artistica ognuno ripercorre la strada di casa o dell’hotel senza un arricchimento o scambio culturale. Aggiungo che spesso anche in questo “ambiente” aleggia una certa autoreferenzialità che non aiuta proprio ………..

Invitati dagli ideatori sono per questo primo incontro i chitarristi Enrico Breanza, Giovanni Ferro, Giulio Redaelli, Balen Lopez De Munain e Roberto Zorzi oltre alla violoncellista Paola Zannoni e Lorella Baldin con la sua nikelharpa, mi dicono che tutti hanno aderito immediatamente all’iniziativa che può essere anche letta come un’occasione per provare nuovi repertori (un mio amico dice “che una prova con il pubblico vale dieci prove private“) e nuove collaborazioni. Poi da cosa può nascere cosa, si sa. Interessanti tutti set, da quello del trio Lopez De Munian · Baldin · Zannoni (un nuovissimo progetto con insolite sonorità del chitarrista e compositore di Bilbao) al blues arcaico “personalizzato” di Roberto Zorzi, dalle melodie originali del fingerpicker Giulio Redaelli alle rivisitazioni del jazz e della canzone d’autore di Giovanni Ferro per finire con l’avanguardia improvvisativa legata allo stilema afroamericano di Enrico Breanza.

Non essendo un vero e proprio concerto ma piuttosto l’occasione per conoscere artisti di grande valore e capacitò, si è deciso di dare la possibilità al pubblico di partecipare a questo incontro che si terrà, in caso di maltempo, in una delle sale interne del Centro.

AGOSTINO STEFFANI · Baroni · Bertuzzi · Ferri · Pasotti · Tosi “Vocal Chambers Duets”

AGOSTINO STEFFANI · Baroni · Bertuzzi · Ferri · Pasotti · Tosi “Vocal Chambers Duets”

AGOSTINO STEFFANI · Baroni · Bertuzzi · Ferri · Pasotti · Tosi

“Vocal Chambers Duets”

Brilliant Classics Records. CD, 2015

di alessandro nobis

La casa discografica Brilliant si distingue oltre che per la fascia di prezzo delle sue pubblicazioni anche · e soprattutto · per il suo catalogo che propone autori del periodo barocco e pre barocco molto apprezzati dagli specialisti del settore, musicisti e musicologi, ma poco conosciuti dal pubblico che frequenta la musica “classica” ma che opta però nella · confort area · degli autori più celebri. Questo “Vocal Chambers Duets” registrato a Mantova nel 2014 è a mio avviso paradigmatico di quanto detto: Agostino Steffani nativo di Castelfranco Veneto e vissuto tra il 1654 e il 1728 è autore misconosciuto ai più · compreso lo scrivente · nonostante venga considerato uno dei maggiori compositori Barocco italiano. Musicalmente molto prolifico, condusse una vita attivissima anche come religioso e come diplomatico dello Stato Vaticano e senza entrare nei dettagli della sua vita e tanto meno nei meandri musicologici della sua attività di compositore dico solamente che da giovanissimo, intorno ai vent’anni, compose oltre duecento brani dedicati alla voce: racconta Elena Bertuzzi: “Agostino Steffani scrisse soprattutto per due soprani e per soprano e contralto, ma, scegliendo bene i duetti per due voci pari (come due soprani, o due contralti, ecc… ), questi possono diventare duetti per soprano e tenore, oppure per soprano e basso“. Il CD ne presenta sette alla cui registrazione hanno prestato la loro arte e la loro passione la soprano Elena Bertuzzi, il tenore Alessio Tosi, la violoncellista Rebeca Tosi, Michele Pasotti alla tiorba e Francesco Baroni al clavicembalo: cinque musicisti che riescono nella non facile impresa di “trascinare” fuori dai pentagrammi queste autentiche perle musicali facendole rivivere come un’araba fenice in tutta la loro bellezza translandoli nel ventunesimo secolo. Naturalmente ad un ascolto “superficiale” le voci di Elena Bertuzzi e di Alessio Tosi sono quelle che “emergono” · anche grazie alla lingua madre che permette loro una perfetta calibratura di toni e accenti · ma è sufficiente un secondo attento ascolto per apprezzare il preziosissimo lavoro del tutto complementare del piccolo “combo strumentale” che assieme alle due voci ridà nuova vita a questo repertorio i cui temi sono l’amore, la gelosia, la lontananza, la perdita: la breve “Lontananza Crudel” (“Lontananza crudel tu mi tormenti · lascia ch’io goda un giorno“), la struggente “Saldi marmi” (“Saldi marmi che coprite · del mio ben l’ignuda salma“) o ancora “Gelosia” (“Gelosia, che vuoi da me? · Folte schiere · di fantasmi e di chimere · già nell’alma · van turbando · …….”).

Musica di grande fascino, personalmente un’apertura su un ricchissimo mondo musicale che ho poco frequentato.

Purtroppo nel libretto allegato non sono presenti i testi dei sette duetti che comunque si possono rintracciare, e modestamente vi consiglio di farlo, sul sito della casa discografica (https://www.brilliantclassics.com/media/972186/94969-Steffani-COMPLETE-Sung-Texts-Download.pdf).

Ricordo in conclusione che ad Agostino Steffani è dedicato il Conservatorio Statale di musica della sua città di origine, Castelfranco Veneto.

OREGON “Treffpunkt Jazz · Live In Ludwigsburg 1990”

OREGON “Treffpunkt Jazz · Live In Ludwigsburg 1990”

OREGON “Treffpunkt Jazz · Live In Ludwigsburg 1990”

SWR Classics Records. 2CD, 2024

di alessandro nobis

Nel classico tour europeo di fine 1990, il quartetto Oregon (Ralph Towner, Glenn Moore, Paul McCandless e Trilok Gurtu) approda il 27 novembre a Ludwisburg nel Baden-Württemberg, il concerto per nostra fortuna viene registrato in modo eccellente ed ora viene pubblicato in due compact disc dalla SWR Records. Al tempo di questa performance il disco più recente era “Ecotopia“, terzo per l’ECM di Manfred Eicher, ed il suono naturalmente rispecchia proprio quelle delle registrazioni per la casa tedesca, meno profumi etnici (Colin Walcott era scomparso nel 1984 in un incidente stradale durante il tour della band) e più vicino al jazz con ancor più spazio lasciato al dialogo spontaneo ovvero all’improvvisazione; a questo proposito segnalo i diciotto minuti di “Opening · Pepe Linque” (da “Crossing”), gli oltre undici di “Opening II“, i quindici di “Leather Cats” (da “Ecotopia”) e l’iniziale “June Bug” (da “Roots in the Sky” del ’79) aperta da Towner con l’esposizione del tema curata dall’oboe di McCandless e con bellissimi soli di chitarra e delle tabla di Gurtu. Ma uno dei brani più interessanti oltre ad essere l’unico non composto dai componenti degli Oregon, è a mio avviso “Witchi·tai·to” per il quale penso sia utile spendere qualche parola in più; composto da tenorista Jim Pepper, è ispirato da una melodia dei nativi americani (Pepper proviene da una famiglia di sangue “Kaw”, gruppo etnico dell’area oggi Kansas e Oklahoma, e “Creek” gruppo del sudest degli Stati Uniti), un canto associato alla lunga cerimonia del peyote (detto anche mescal) e dedicato in particolare al potere curativo dello spirito dell’acqua. Nella rilettura degli Oregon la dodici corde apre il lungo brano, l’oboe imita quasi il lungo flauto del nativi con il tappeto delle tabla ed i soli si susseguono trasformando il brano dal sapore inizialmente etnico al suono intriso di jazz della band: spettacolare.

Un gran bel disco, sia che vi foste persi gli Oregon “live” di quel periodo o che invece foste stati presenti a qualche loro concerto, comunque questo doppio cd lo dovete avere.

Praticamente un anno prima, il 25 ottobre del 1989, il quartetto tenne un memorabile concerto al Club “Il Posto” di Verona.

PLANXTY “Words & Music”

PLANXTY “Words & Music”

PLANXTY “Words & Music”

WEA Records. Lp, 1982

di alessandro nobis

Scrive Leagues O’Toole nel suo “The Humours od Planxty” (Hodder Headline Ireland, 2006): “A differenza di altri gruppi, i Planxty erano formati da quattro musicisti ognuno dei quali dava ugual contributo alla musica. Gruppi com questo sono entità rare e generalmente si costituiscono senza un disegno prestabilito a tavolino.” “Words & Music” è il loro sesto album pubblicato nel 1982 e l’unico per la multinazionale WEA Records registrato nel periodo in cui  Lunny, Moore e O’Neill militavano nella prima line · up dei Moving Hearts e come il precedente “The Woman I loved so well” ha una line · up allargata con l’apporto della violinista Nollaig Casey, del tastierista Bill Whelan, del già citato bassista Eoghan O’Neill e di un altro violinista, James Kelly. L’ennesimo ottimo disco per il quartetto irlandese con una brillante scelta del repertorio tra canti narrativi, arie da danza e interpretazioni di brani d’autore come il dylaniano “I Pity the Poor Emigrant” originariamente su “John Welsley Harding” con il testo ispirato dal Terzo Libro Biblico di Mosè, “Il libro del Levitico” con un’interpretazione però che come riporta sempre O’Toole non aveva convinto all’epoca Christy Moore (ma che invece con questo arrangiamento fa sembrare la ballad tratta dal repertorio tradizionale irlandese). Particolarmente interessante l’esecuzione di “Irish Marche” proveniente dal “My Ladye Nevells Book of Viriginal Music” di William Byrd composta nel 1591 probabilmente ispirata da una marcia che identificava un particolare clan. Un altro brano che voglio segnalare è la ballad tradzionale cantata da Andy Irvine, appresa dal flautista Cathal Mac Connel “Thousand are Sailing” · che non va confusa con l’omonimo brano dei Pogues, peraltro splendido ·: è la visione da parte di una terza persona dei preparativi degli emigranti la sera prima della partenza, l’ultima notte a casa, la preparazione delle poche cose da portare, l’ultimo saluto alla famiglia e agli amici prima di affrontare la traversata dell’oceano nell’incertezza del proprio futuro. Che dire ancora a mio modesto avviso i Planxty non hanno mai sbagliato un colpo, erano sono e resteranno uno dei più luminosi fari per chi si avvicina al folklore musicale irlandese.

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Leagues O’Toole writes in his “The Humours of Planxty” (Hodder Headline Ireland, 2006): “Unlike other groups, Planxty consisted of four musicians who each gave an equal contribution to the music. Groups like this are rare entities and generally they are formed without a pre-established plan.” “Words & Music” is their sixth album released in 1982 and the only one for the multinational WEA Records recorded in the period in which Lunny, Moore and O’Neill played in the first line · up of the Moving Hearts and like the previous one “The Woman I loved so well” has an expanded line up with the contribution of violinist Nollaig Casey, keyboardist Bill Whelan, the aforementioned bassist Eoghan O’Neill and another violinist, James Kelly. Yet another excellent album for the Irish quartet with a brilliant choice of repertoire including narrative songs, dance arias and interpretations of signature songs such as Dylan’s “I Pity the Poor Emigrant” originally on “John Wesley Harding” with the inspired lyrics from the Third Biblical Book of Moses, “The Book of Leviticus” with an interpretation however which, as O’Toole always reports, had not convinced Christy Moore at the time (but which instead with this arrangement makes the ballad seem taken from the traditional Irish repertoire) . Particularly interesting is the performance of “Irish Marche” from William Byrd’s “My Ladye Nevells Book of Viriginal Music” composed in 1591, probably inspired by a march that identified a particular clan. Another song that I want to point out is the traditional ballad sung by Andy Irvine, learned by the flautist Cathal Mac Connel “Thousand are Sailing” · which should not be confused with the Pogues’song of the same title, which is also splendid ·: it is the vision of a third person of the emigrants’ preparations the evening before departure, the last night at home, the preparation of the few things to bring, the last farewell to family and friends before facing the ocean crossing in the uncertainty of one’s future. What can I say, in my humble opinion, Planxty never missed a beat, they were and will remain one of the brightest beacons for those approaching Irish musical folk music.

ALARICO GATTIA “Ivanhoe”

ALARICO GATTIA “Ivanhoe”

ALARICO GATTIA “Ivanhoe (di Rotherwood)”

Edizioni Segni D’Autore 2020, 68 pagg. cm 24 x 30. € 15,00

di alessandro nobis

Per noi che abbiamo passato la sessantina il ricordo di Ivanhoe è indissolubilmente legato all’omonimo sceneggiato televisivo mandato in onda dalla R.A.I. nei primi tre mesi del 1964, la domenica alle 17:30: si trattava del doppiaggio della versione originale inglese che la BBC mandò in onda nel 1958, protagonista Roger Moore, riduzione televisiva del romanzo storico che lo scozzese Sir Walter Scott scrisse nel 1829 per decenni derubricato a “romanzo per ragazzi”. La vicenda storica la conoscono (più o meno) tutti. Anno del Signore 1194: siamo al tempo della Terza Crociata, il Re Sassone Riccardo (Cuor di Leone) torna in incognito nella sua Inghilterra dopo la prigionia in Austria ma il fratello Giovanni (Senza Terra) da reggente è divenuto usurpatore del trono che vorrebbe mantenere facendosi amici i Normanni che lo avrebbero aiutato nell’impresa a scapito della sua gente Sassone. Nel romanzo di Sir Walter Scott, tra realtà e “fiction” come dicono quelli bravi, compaiono anche figure rimaste nell’immaginario collettivo come Robin “Locksley” Hood anche lui di ritorno dalla Crociate travestito da pellegrino e diseredato dal padre per essere andato in Terra Santa e frate Tuck. Sia che già conosciate gli avvenimenti e la conclusione della storia o che di Ivanhoe non abbiate mai sentito parlare, questo lavoro vi consente di avvicinare questo periodo storico raccontato “a china” da così belle ed evocative immagini, e vignette, da Alarico Gattia (1927 · 2022) eccellente sceneggiatore (qui il lavoro di “riduzione” a mio modesto parere è perfettamente riuscito) e figura importantissima nel panorama dell’illustrazione non solo italiana al quale la casa editrice ha dedicato tra il 2000 e il 2022 cinque volumi: “Ivanhoe“, “Vandea 1793“, “Il Prigioniero di Zenda“, “Giacche Blu · Garibaldi e la libertà promessa” e “I Tre Moschettieri“. Poi, letto questo fumetto, passate al romanzo di Walter Scott: non fate i timidi, questo non è un romanzo per ragazzi, eh!