Pasolini – Roman Poems

Uno dei primi libri che ho comprato al City Lights Bookstore di San Francisco è stato Roman Poems di Pier Paolo Pasolini. Il libro, pubblicato nel 1986 da City Lights Books, con una prefazione di Moravia, ci offre ventisette poesie con traduzione a fronte di Lawrence Ferlinghetti e Francesca Valente. E’ stato il mio primo Pasolini. In un periodo nel quale mi stavo dimenticando dell’Italia, Pasolini me l’ha ri-sbattuta in faccia: il pianto sulla patria devastata, prostrata, avvilita e la nostalgia per la cultura contadina. Questi i due temi principali identificati nella prefazione. Trovare questo piccolo libro proprio al City Lights Bookstore, a North Beach, dove andavo a cercare l’eco dell’America poetica di San Francisco, è stato uno splendido regalo. Rileggere ora Roman Poems, a Roma, mi riempie di un piacere nostalgico. Uno dei tanti cerchi che si chiudono. Uno dei tanti viaggi che sono possibili grazie ai libri. Riporto qui sotto la poesia che apre la raccolta, con relativa traduzione.

Diario

Adulto? Mai – mai, come l’esistenza
che non matura – resta sempre acerba,
di splendido giorno in splendido giorno –
io non posso che restare fedele
alla stupenda monotonia del mistero.
Ecco perché, nella felicità,
non mi sono abbandonato – ecco
perché nell’ansia delle mie colpe
non ho mai toccato un rimorso vero.
Pari, sempre pari con l’inespresso,
all’origine di quello che io sono.

e la traduzione in inglese:

Diary

Grown up? Never – never -!
Like existence itself
which never matures
staying always green
from splendid day to splendid day –
I can only stay true
to the stupendous monotony
of the mystery.
Thats’s why I’ve never abandoned myself
to happiness,
that’s why
in the anxiety of my sins
I’ve never been touched
by real remorse.
Equal, always equal,
to the inexpressible
at the very source
of what I am.

4 commenti

  1. Ci sono versi e brani di prosa che ci ricordano, improvvisamente, da dove proveniamo. Non a chi apparteniamo, questo no, non credo; solo il punto d’origine che non ci ha mai lasciati.

    Intenso il tuo ricordo pasoliniano, grazie. Ecco uno mio, piccino, di Andrea Zanzotto:

    Così siamo

    Dicevano, a Padova, “anch’io”
    gli amici “l’ho conosciuto”.
    E c’era il romorio d’un’acqua sporca
    prossima, e d’una sporca fabbrica:
    stupende nel silenzio.
    Perché era notte. “Anch’io
    l’ho conosciuto”.
    Vitalmente ho pensato
    a te che ora
    non sei né soggetto né oggetto
    né lingua usuale né gergo
    né quiete né movimento
    neppure il né che negava
    e che per quanto s’affondino
    gli occhi miei dentro la sua cruna
    mai ti nega abbastanza

    E così sia: ma io
    credo con altrettanta
    forza in tutto il mio nulla,
    perciò non ti ho perduto
    o, più ti perdo e più ti perdi,
    più mi sei simile, più m’avvicini.

    Concordo con te. Tutti i cerchi si chiudono.

    Mille complimenti e un abbraccio.

    E.

Lascia un commento