A spasso con Anselmo

15 Set

a spasso con anselmo

Fino a qualche anno fa, La Stampa distribuiva il suo supplemento settimanale Torino Sette non solo in provincia di Torino, ma su tutta la regione e il giovedì era un piacere leggere di appuntamenti, incontri, concerti e farsi una mappa mentale di possibilità varie, alcune manco contemplate non fosse stato per quelle pagine. Qua e là c’erano rubriche varie; alcune sfioravano il ridicolo (quella di Luciana Littizzetto coincideva sempre esattamente con quel che blaterava in tv da Fazio), altre decisamente piacevoli, come quella in cui Luca Morino raccontava la città da un angolo di via, di corso, di viale. E poi c’era Anselm, che si leggeva insieme ridendo nei corridoi del liceo. A spasso con Anselm era la divertente rubrica in cui Culicchia raccontava la convivenza con un formichiere di dodici anni che non indossa i pantaloni, che adora la marmellata di formiche e si spinge tra le strade di Torino osservando il mondo con sguardo candido e privo di schemi preconcetti. Nel 2001 da quella rubrica nacque un libro omonimo che fu pubblicato da Garzanti.

Ora, tredici anni dopo, il libro viene ripubblicato da Gallucci nella collana UAO, con un tocco di giallo in copertina e una O finale guadagnata al nome. Anselm diventa Anselmo e io sto qua a chiedermi che senso ha. Intendiamoci, sono le stesse avventure che mi hanno fatto sorridere anni fa, il protagonista è sempre timido e buongustaio, continua a uscire di casa tutto elegante ma senza pantaloni e quando è al culmine della felicità si esibisce nel “salto del formichiere”, demi-volée con triplo salto mortale intorno alla coda. Continua ad affrontare problemi comuni e a intavolare discussioni con l’umano che lo ospita. Però fa cose di un altro tempo (da quel che guarda in tv agli status symbol che dissemina nei discorsi o vede in giro). Quel che mi chiedo è come suonino ai ragazzini di oggi certi riferimenti e se rideranno ancora, nonostante, leggendo questi brevi capitoli. Insomma, mi interrogo sul senso di un’operazione editoriale simile – che non è la prima e nemmeno l’ultima – come su altre (tipo gli scrittori che apprezziamo in altri frangenti e che si mettono a scrivere per bambini giusto perché son genitori, come se fosse una garanzia. Non so cosa abbiate pensato voi di fronte ai racconti di Paolo Nori contenuti in “Tredici favole belle e una brutta”, Rizzoli 2012, ma io ero e resto alquanto perplessa).

Non ho ovviamente soluzioni né risposte; rimane soltanto la prova del nove, cioè ascoltare i giovani lettori e sentire ancora una volta – come sempre ci diciamo – le loro impressioni su quel che leggono, su quel che trovano in libreria e in biblioteca. E saper aggiustare il tiro delle nostre proposte e delle nostre idee rispetto a quanto ci dicono, confrontandoci e scambiandoci suggerimenti di lettura. Aspetto che un dodicenne mi racconti la sua lettura di questo libro. Con buona pace di chi mi ha portato questo libro perché effettivamente io ero a spasso con Anselmo, che però non mangia marmellata di formiche e per fortuna non conosce metodi inglesi o alpini per guarire dalla febbre alta.

In tutto ciò c’è una buona notizia: mentre su Torino Sette la rubrica che passeggiava avanti e indietro con Anselm ha lasciato posto a una in cui Culicchia racconta Ho visto cose, quella di Morino esiste ancora. Si intitola sempre Un uomo all’angolo e dunque buoni angoli di Torino a voi.

Giuseppe Culicchia, A spasso con Anselmo, Gallucci 2014, 183 p., euro 12

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