Il Tredicesimo Cavaliere

Scienze dello Spazio e altre storie

Quei visionari dello spazio che cambiarono il mondo… (prima parte)

La Corsa allo Spazio è nata grazie a due ingegneri visionari e geniali, von Braun e Korolev, che sapevano come influenzare le burocrazie e i leader dei propri paesi. Questo articolo racconta del perfetto gioco di squadra eseguito dai due, senza ma incontrarsi né scambiarsi una parola. E così la Terra entrò in una nuova era. (RF)

vonbraunSaturn5Nel mezzo della guerra più distruttiva della storia, Wernher von Braun fu incaricato di farla diventare anche peggiore costruendo un missile balistico da far piovere su Londra: il razzo V-2. Sfortunatamente per i suoi capi, le ambizioni di von Braun erano un tantino differenti. Egli riconobbe che il razzo aveva la potenzialità di raggiungere l’orbita terrestre trasportandovi il  primo satellite artificiale della storia, ma ogni volta che propose questa idea, i suoi superiori delle SS dichiararono (in toni via via più minacciosi) che il Führer voleva un’arma, non un giocattolo fantascientifico.

(Foto 1 – von Braun e il Saturno 5)

L’astuta insubordinazione di von Braun, cioè sottrarre risorse dal bilancio delle armi principali per proseguire la ricerca sui voli spaziali, facendo comunque abbastanza progressi con la V-2 da rimanere credibile di fronte ai suoi superiori, fu un atto di alto funambolismo. Ogni giorno rischiava sempre più la vita, e presto divenne chiaro che le SS intendevano uccidere alla fine gli scienziati della V-2 per impedire che gli americani o i russi ne acquisissero le competenze. Solo intuendo il momento giusto e fuggendo con dei documenti falsi, von Braun riuscì a consegnarsi agli americani insieme a un certo numero di membri della sua équipe.

vonbraun3foto 2 – von Braun a una riunione di ufficiali)

Sotto un vessillo votato alla distruzione, con i più stretti ordini di concentrarsi solo sulle applicazioni militari, un solo uomo riuscì in un modo o nell’altro a costruire, nel giro di pochi anni, le fondamenta per decenni di pacifica esplorazione spaziale, sopravvivendo per spiegare le sue ragioni alla storia. Il sogno di von Braun non ebbe il minimo impatto sulla pazzia del Terzo Reich, ma formò una spora virulenta che sarebbe sopravvissuta per infettare con la sua tecnologia ambedue le superpotenze.

Dal momento in cui gli Stati Uniti e l’URSS entrarono in possesso del materiale V-2, entrambi gli stati videro solo l’arma strategica che i Nazisti volevano sviluppare, e per più di un decennio non ne colsero, o ignorarono, il potenziale più profondo.  Di fronte alla possibilità di lasciare la Terra, il pensiero banale dei militari e dei burocrati poté soltanto concepirne un ritorno esplosivo sulle teste dei propri nemici.

Korolev+Sputnik

(foto 3  – Sergei Korolev con la sua prima creazione: lo Sputnik)

Von Braun, che allora lavorava per gli Stati Uniti, non era più costretto a nascondere le sue ambizioni più alte ma stava ben attento a non inimicarsi i suoi nuovi ospiti militari apparendo troppo entusiasta per idee che essi non avevano ancora compreso. Loro lo vedevano come uno strano secchione dalle fissazioni eccentriche che, se adeguatamente manipolato, poteva dar loro un vantaggio strategico sugli armamenti sovietici; e lui, a sua volta, li vedeva come sempliciotti da parrocchia che dovevano essere condotti per mano fino a comprendere ciò che era del tutto ovvio rispetto alla tecnologia in loro possesso. Lo scienziato tedesco veniva trattato con sufficienza per i suoi sogni, ma questi erano tollerati come manie personali.

Gagarin+Korolev(foto 4: – Korolev con Gagarin)

Nel frattempo i sovietici furono costretti a setacciare il loro vasto e segreto impero alla ricerca di qualcuno che avesse le competenze necessarie per capire e replicare il lavoro di Von Braun, e il migliore che trovarono fu Sergei Korolev – un uomo che aveva passato molti degli ultimi anni faticando nei gulag siberiani per colpa di false accuse. Negli ultimi anni del programma V-2 l’indole e l’esperienza di Korolev furono stranamente simmetriche a quelle di von Braun. Il suo governo chiedeva missili intercontinentali, minacciando le più severe conseguenze personali se avesse fallito, e non comprese, ignorò o guardò con sospetto qualsiasi idea non ortodossa, come il volo spaziale.

Korolev tenne un basso profilo finché non fu in grado di mostrare risultati, si costruì una credibilità e un’influenza nel governo, e ricercò sinergie tra ciò che l’Armata Rossa pretendeva e i razzi spaziali che egli voleva costruire. Il suo ruolo nel programma missilistico sovietico divenne così centrale e il suo talento così apprezzato che la sua stessa identità divenne un segreto di stato al massimo livello e lui sarebbe stato conosciuto fino alla sua morte semplicemente come il “Capo Progetto”.

Fu solo grazie a questa posizione privilegiata che egli riuscì faticosamente a sussurrare con discrezione alle orecchie dell’alto comando sovietico il suggerimento di usare le loro armi per il volo spaziale. I sovietici avevano a portata di mano un momento storico, disse loro, se solo il Politburo lo avesse permesso, un momento che avrebbe scatenato l’invidia e il desiderio di emulazione del mondo intero, senza il rimorso  di aver fatto qualcosa di ingiusto o di guerrafondaio. In caso di fallimento tutto quello che rischiavano era un banale imbarazzo, ma se invece avessero avuto successo il mondo sarebbe stato pervaso da un’incredula ammirazione.

korolevpostale

(foto 5: Korolev in un francobollo commemorativo)

Grazie a un misto di argomenti razionali e di quelli che oggi potremmo chiamare “giochetti mentali da cavaliere Jedi”, riuscì alla fine a convincerli, insinuando che gli americani stavano per lanciare (ma non era vero) e persuadendo i suoi superiori che erano stati loro a concepire la brillante idea del lancio nello spazio, mentre lui la stava soltanto realizzando. I suoi detrattori nell’Ufficio Razzi, che volevano concentrarsi sulla versione militare della missilistica, furono a poco a poco dipinti come dissidenti del Programma, piuttosto che come i suoi difensori dall’agenda estremista di Korolev. Improvvisamente una superpotenza totalitarista grande quanto un continente si impegnò nel volo spaziale, laddove dove prima d’allora vi si era dedicato solo un manipolo di visionari.

Rispetto a Korolev, Von Braun aveva molto meno accesso ai centri decisionali del potere, così le sue idee vennero trattate come opinioni interessate e non come suggerimenti urgenti e documentati. Inoltre, negli Stati Uniti l’immagine prevalente che si aveva dell’Unione Sovietica era quella di uno stato tecnologicamente arretrato. L’idea che Buck Rogers potesse indossare la Stella Rossa non trovava posto nell’immaginario americano, perciò il lancio dello Sputnik fu ancora più scioccante di quanto ci si possa oggi rendere conto. Fu così che il volo spaziale si trasformò da concetto vagamente interessante, ma di scarsa importanza, a urgente necessità nazionale, e Von Braun da dissidente a saggio.

vonbraunKennedy

(foto 6: von Braun a braccetto con Kennedy)

La strana simmetria tra von Braun e Korolev si ripeté di nuovo quando von Braun, dall’alto della sua nuova credibilità, convinse i leader americani che non sarebbe bastato semplicemente uguagliare gli obiettivi dei sovietici mano a mano che li raggiungevano, ma occorreva piuttosto che gli Stati Uniti li superassero drasticamente nel più breve tempo possibile. Le menti più fredde e pragmatiche obiettarono sulla necessità stessa di andare nello spazio, proprio come fanno oggi, ma furono del tutto ignorate nell’entusiasmo contagioso del momento. Altri, più modestamente, pensavano che sarebbe bastato lanciare il proprio satellite per salvare le apparenze, salvo poi lasciar perdere tutta la faccenda.

A von Braun, tuttavia, non importava affatto l’agitazione geopolitica del momento, o chi uguagliasse cosa, o quali vantaggi temporanei  si potessero ottenere. Lui voleva semplicemente promuovere il volo spaziale e, come Korolev sapeva suonare le menti del Politburo come strumenti musicali, così lui sfruttò ogni posizione di potere alla sua portata per far sì che ciò si realizzasse. Il giorno prima dello Sputnik le sue considerazioni in favore di un satellite americano erano ritenute premature e irrealistiche; il giorno dopo, le sue argomentazioni per portare l’Uomo sulla Luna venivano considerate serie e credibili.

vonbraun2(foto 7: von Braun illustra il progetto di una stazione spaziale)

Da quell’improvviso scossone avvenuto negli Stati Uniti, Korolev poté  trovare giustificazioni per le sue posizioni, spingendo i sovietici verso nuovi e più grandi impegni. Senza mai essersi incontrati  o aver scambiato una singola parola, von Braun e Korolev sfruttarono l’inimicizia tra i rispettivi governi a vantaggio del proprio sogno comune. Nacque così la Corsa allo Spazio, non  per una naturale tendenza delle due superpotenze, che avrebbero forse preferito tenere un comportamento cauto e pragmatico, ma grazie a ingegneri visionari che sapevano come mettere fuori gioco le burocrazie e fare il lavaggio del  cervello ai propri leader.

Mentre tutto questo accadeva, il solipsismo per il quale “ci sono cose migliori da fare quaggiù”  – quello che come tema dominante rende la maggior parte della storia monotona e priva di importanza – venne sopraffatto e ignorato, riducendosi a patetico rumore di fondo incapace di ostacolare in modo significativo la Corsa allo Spazio. Coloro che erano contrari, seppure numerosi, non venivano considerati ragionevoli o persuasivi, le loro opinioni suonavano pusillanimi ed egocentriche, se non piene di risentimento per qualcosa di così importante da far sembrare le loro preoccupazioni futili e fugaci. Chi invece era favorevole poteva vedere, forse per la prima volta nella vita, una visione dell’Umanità positiva e unificante, nella rincorsa pacifica di una frontiera estrema da parte di nemici mortali.

I semplici sogni innocenti di un bambino che guarda in su verso  le stelle avevano sopravanzato  la corsa verso l’ Armageddon nucleare nel momento più alto di pericolo globale. È perlomeno ragionevole chiedersi se la Corsa allo Spazio sia stata davvero il motivo per il quale la terza  guerra mondiale non è scoppiata. A partire da quel nuovo, elevato punto di vista, la visione di von Braun e Korolev pervase ogni recesso dei programmi spaziali delle due nazioni, e da allora decenni di scarsi finanziamenti e risultati di poco conto non sono riusciti a far rientrare il genio nella bottiglia.

vonbraunmarte(foto 8: progetti futuri….)

Né la fine del programma Apollo, né la mancanza di ricadute di qualche valore nei decenni successivi, nemmeno il totale collasso della stessa Unione Sovietica, sono riusciti a cancellare i programmi di volo spaziale delle due superpotenze, o ad annullare la convinzione generale che tali attività siano parte del carattere fondamentale di una grande nazione. Nel caso dell’Unione Sovietica, il programma spaziale è stato letteralmente più duraturo della nazione che lo aveva creato, dimostrando di avere radici in qualcosa di ben più profondo di un credo politico o del nazionalismo.

(continua….)

traduzione ed editing:

ROBERTO FLAIBANI

DONATELLA LEVI

Titolo originale: “The strange contagion of a dream” di Brian Altmeyer

pubblicato il 6 ottobre 2014 da The Space Review

27 gennaio 2015 - Posted by | Astronautica, Epistemologia, News | , , , , , , , ,

2 commenti »

  1. […] bomba atomica si creò l’arma definitiva: il missile balistico intercontinentale (ICBM). Sergei Korolev, (sopranominato dai suoi “Il grande progettista”) ne usò la versione sovietica per mettere in […]

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    Pingback di La storia del volo spaziale senza razzi « Il Tredicesimo Cavaliere | 19 ottobre 2015 | Rispondi

  2. […] La prima parte di questo imperdibile articolo sui grandi visionari dell’astronautica era dedicata a Wernher von Braun e Sergei Korolev. La seconda parte, che vi proponiamo qui di seguito, è dedicata a Elon Musk e SpaceX, e alla ISS, con le sue caratteristiche innovative e le potenzialità per il futuro dell’astronautica commerciale. Come traduttore, posso dire che è stato uno dei lavori più appaganti e divertenti che abbia mai fatto, come space-enthusiast raccomando ai lettori di favorire al massimo la sua diffusione. Non può venirne che del bene. (RF) […]

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    Pingback di Quei visionari dello spazio che cambiarono il mondo…(seconda parte) « Il Tredicesimo Cavaliere | 16 febbraio 2015 | Rispondi


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