Il Padiglione italiano dell’Expò non rappresenta l’Italia.

domus-02-nemesi-padiglione-italiaSono sempre più convinto che il Padiglione italiano dell’Expò non rappresenti l’Italia.

Troppo innovativo, con un aspetto così internazionale, con caratteristiche tecnologiche troppo distanti dalla tradizione.

Poi l’idea di contestare le regole del Responsabile Unico del Procedimento che pretendeva, come di norma, una gara al ribasso è contro tutto ciò che c’è di più ragionevole, e si corre inoltre il concreto rischio di realizzare tale “opera” così come progettata.

Il senso comune ci spinge a condividere principi ed a reagire nel pericoloso momento in cui le basi nel nostro quieto vivere vengono messe in discussione, quando la famigliarità della prospettiva tradizionale vengono allontanate per mera sperimentazione, la tradizione ci viene in soccorso e possiamo smettere di trattenere il fiato, la pressante esigenza di stabilità e di sicurezza viene esaltata e dialoga in modo naturale con tale tradizione.

La nostra patria è, di fatto, un’oasi in cui è possibile trovare ancora i valori sani di un tempo, in cui la parola data ha più valore di una firma su un contratto.

Non è quello che stanno costruendo il padiglione che meglio rappresenta la nostra nazione, e non era forse neanche necessario costruirne uno, così da risparmiare denaro pubblico con il quale si sarebbe potuto fare ben altro.

Il contesto in cui è collocato il padiglione non sembra in nessun modo collegato allo stesso, e le relazioni che intesse con il territorio non sono sane:

Dove sono i materiali tipici della zona? La forma tipologica del padiglione temporaneo (che addirittura non sarà temporaneo) da cosa si evince? Ed anche se è vero che al suo interno è prevista una piazza connessa visivamente con tutti i piani dell’edificio, dove si trova un tale rimando nella storia dell’architettura italiana? E questa superficie poi, con microforature che danno origine ad una pelle traspirante ramificata così da creare internamente giochi di luce ed ombra, cosa aggiunge al dibattito dell’architettura in Italia?

Ed infine, cito dal sito dei progettisti: “(il padiglione)….si basa sull’idea del Borgo Italiano, formato da volumi giustapposti a piccole piazze, terrazze e percorsi porticati. Composizioni geometriche differenti, talune a sbalzo, si susseguono incastrandosi tra loro come a dar vita a un grande mosaico in cui ogni pezzo ha una propria autonomia e identità progettuale. Al piano terra e al primo piano sono previste le “piazzette” generate dalle alternanze dei volumi architettonici.”

E’ sufficiente uno sguardo fuggevole per rendere evidente come, nella realizzazione, si sia lontani dalle intenzioni progettuali iniziali.

La tradizione è una predisposizione innata, e sembra mancare totalmente a Molè ed associati, chiusi in isolamento, ed abbarbicati su picchi lontani dagli interessi della nazione.

Piccola divagazione.

vicino-ikea3Attorno alla capitale si è consumato suolo, è vero in maniera poco sostenibile a volte, ma i risultati sono di altro livello, i nostri costruttori con professionisti, meno affermati di Molè e compagni (Nemesi), hanno realizzato un tessuto urbano di altri tempi, con forme ed elementi costruttivi più consoni e più vicini alla nostra natura.

vicino-ikeaVolete mettere il risultato?

Si! Ssono sempre più convinto, il Padiglione italiano dell’Expò non rappresenta l’Italia.

4 Comments

  1. Concordo con quanto detto, ma se la metafora del padiglione è un contenitore rotto, ammalorato, bucato e in via di sfacelo direi che rappresenta appieno l’Italia del 2015.

    1. La mia è una evidente provocazione, non penso che il Padiglione passerà alla storia come landmark dell’architettura del 2015, ma credo che fra le costruzioni italiane degli ultimi anni, non sia quella da criticare maggiormente. In una nazione dove il massimo è fare il tetto a falde con coppi alla romana, ed all’interno un bel archetto tra “tinello” e cucina ovviamente questo tipo di architettura, quantomeno al passo coi tempi, non ci rappresenta.

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