Mainograz

Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Consulenti nella crisi: voi cosa ne pensate?

Complice la crisi (mai ci fu scusa sociale più facile e autolegittamente) da qualche tempo a questa parte, nell’ambito della consulenza, si ripetono episodi di opportunismo professionale da parte dei clienti (free-rider clients).

La dinamiche opportuniste si manifestano in due forme principali:

  • forma lieve (richieste di consulti, confronti, ripetute email per avere indicazioni, suggerimenti, dritte…)
  • forma grave (richieste di progetti, preventivi, materiali, richieste di incontri, di revisioni e di ritorni post interventi…)

Sto maturando la decisione di cambiare il modo di corrispondere alle ‘richieste’ dei clienti (parzialmente) consapevole dei rischi che la cosa comporta…

Voi cosa ne pensate?

9 comments on “Consulenti nella crisi: voi cosa ne pensate?

  1. Laura Papetti
    29 March 2012

    Gli architetti si occupano spesso di progettazioni, senza essere certi che quell’opera, quell’immobile verrà realizzato. Questi progetti architettonici per i clienti sono importanti, servono per fare scelte consapevoli.
    Una volta che l’architetto consegna il progetto, può emette fattura. Questo ai clienti degli studi di architettura appare ovvio, scontato.
    Ma perché non è così scontato se si pensa ad altre categorie di professionisti?
    Le idee sono risorse preziose e come tali è giusto pagarle. Dietro ad un progetto-preventivo c’è tempo, energia, pensiero di chi progetta. Ci sono giornate di lavoro.
    Questo tempo viene in qualche modo ricompensato se il consulente prende il lavoro, ma se l’incarico non arriva? Il consulente ha comunque lasciato al cliente un “bene”, delle idee, un progetto. Tutto questo deve rimanere gratuito?

  2. anna fervidi
    28 March 2012

    non usufruisco di consulenze, ma quando vado dal dentista mi sembra legittimo pagare preventivo e visita generale. perchè non dovrei farlo ad altri “consulenti” ai quali comunque mi rivolgo per una cura?
    Io commercio in beni tangibili, ma chiedo prepagamento su acquisto (prima della produzione)…non a tutti, ma ormai – vista la crisi – a molti.
    Concordo con Donatella: il vizio è precedente alla crisi, riguardo a professioni non direttamente legati alla salute, dove si paga subito. Penso ad architetti, imbianchini, avvocati: il parere a volte costa diversi giorni di studio e lavoro….
    siccome non ci possiamo permettere di perdere clienti, suggerirei di chiarire subito, al primo incontro, che un esame della situazione ha un costo, quindi parte della parcella (30%? forse troppo, visto che in alcuni casi non si può predire l’iter della “cura”, ok va bene anche 10%) vada bonificata prima dell’ “inizio lavori”.

  3. ovittorio
    28 March 2012

    eccomi, rispondo da cliente, che periodicamente lancia verso Graziano o addosso a Graziano o sopra a Graziano o dentro Graziano….richieste di idee, accenni di progetti possibili, spunti di collaborazioni…in qualche misura mi riconosco come freeriderclient soft addicted ed assorbo i postumi della malattia nell’intensità della relazione con Graziano, in quello spazio di consapevolezza/inconsapevolezza che tanto di solleva dalle onde!

    Ritengo che però una progettazione concreta, svolta in base a parametri di riferimento, anche se soltanto preventiva dovrebbe essere riconosciuta. E’ una parte che a noi operatori nei servizi non viene riconosciuta dagli enti: in alcuni casi si trasforma in servizio, in altri diventa patrimonio comune o sfuma fra le tante cose da fare e chissà ma domani? non so …..E non parlo dei progetti di gara, quanto delle proposte di riorganizzazione dei servizi, dell’individuazione di fondi alternativi o di modalità innovative di finanziamento, ecc…

    In questo quadro, vedo il riconoscimento economico come una dichiarazione e condivisione di una scelta (rispetto al tema specifico) e di una metodologia di lavoro (rispetto alla relazione con un collaboratore).

    Ma come si guarisce dalla freeriderità?!?

    • mainograz
      2 April 2012

      Ciao Vittorio,
      il nostro è un caso diverso.
      Per più motivi.
      Intanto ci conosciamo da anni.
      Abbiamo lavorato con/per voi.
      C’è stato modo di collaborare in più occasioni.
      C’è quindi un rapporto consolidato.
      E a partire da questa consuetudine di rapporti si intrecciano nuovi scambi.

      C’è poi il fatto che lavorando insieme ci siamo scambiati idee, spunti, suggerimenti, quindi è inapplicabile la legge meccanica del misurare le quantità in entrare e in uscita.
      Dove c’è scambio e reciprocità vige una legge differente, quella del dono.

      Da ultimo nei rapporti professionali (quando formalmente rappresentiamo le organizzazioni verso le quali abbiamo responsabilità tutto sommato precise) siamo sempre stati chiari. La questione economica è stata posta e affrontata: servirebbero queste risorse… ci sono… non ci sono… proviamo a cercarle… siamo in una fase preliminare… siete interessati a partecipare a un bando… non sappiamo se lo approvano… le risorse potrebbero essere queste… troppo poche ci fermiamo qui… sono poche ma ci interessa: andiamo avanti;-)

      La domanda diventa: cosa si scambia?
      – riconoscimento (come suggerisce Matteo Lo Schiavo);
      – idee inusuali che ciascuno può usare;
      – metodologie;
      – know-how (invoco il ritorno di questo termine);
      – ascolto e supporto (vitali!).
      In questo quadro mi viene da pensare che si può essere reciprocamente e opportunamente opportunisti perchè l’attingere viene da quello che si mette insieme.
      Nello specifico tu sei tra quelli che fanno più commenti in assoluto sui blog: leggi, rilanci e spiazzi, riagganci, alimenti il dialogo e quindi la questione non si pone.

      Si pone invece la questione di come si guarisce dalla freerità (che tu segnali subita nei rapporti con gli enti pubblici da parte delle cooperative sociali).
      Vero: come si guarsice?
      Mah, intanto nominando, facendo vedere, riconoscendo il valore delle conoscenze che si accumulano.
      Va detto che facendo si producono conoscenze.
      E queste di chi sono?
      Vendo ore/operatore o vendo servizi?
      Vendo servizi o vendo competenze?
      Vendo e/o costruisco?
      Per cosa si viene pagati?
      Per il tempo, per il valore di quello che si fa?
      Quali alleanze esplicite con i nostri clienti?

  4. matteoloschiavo
    28 March 2012

    La dinamica opportunista si attiva, penso, anche grazie alla collusione dell’interlocutore. Il quale non lo fa necessariamente per un disegno malevolo ma perché valuta (magari superficialmente, questo si) che gli convenga. Lo stesso penso si possa dire del cliente free rider.

    Personalmente sto supportando un referente di un’organizzazione che è interessato a far partire un progetto abbastanza complesso. Abbiamo fatto un paio di incontri con alcuni suoi collaboratori, ho scritto un progetto ed il budget, l’ho revisionato più volte per aggiustamenti vari, sono in contatto telefonico periodico per gli aggiornamenti, consigli, strategie…
    Il tutto da dicembre 2011.
    Il progetto se si farà – e ci sono ancora diversi nodi da sciogliere – non partirà prima di settembre.

    Il mio interlocutore dimostra, a mio avviso, sensibilità perché inizialmente aveva proposto di pagare almeno per gli incontri ed ogni volta ci tiene a sottolineare la paura di “approfittarne”, di chiedere troppo, …

    Che fare?

    . chiedergli almeno di pagare il lavoro fatto fino a qui (contabilizzabile in 2-3 gg lavoro?)
    . sospendere la relazione fino a che il progetto non è finanziato?
    . continuare a muoversi in questa terra di confine (o di nessuno, secondo altri) che cerca di tenere insieme relazioni, possibilità, opportunità, interessi, paure ed anche qualche speranza che la cosa vada in porto o che possa gemmare qualche cosa d’altro?

    E’ vero che un tassista solo in caso di urgenza (forse) ci darà un passaggio gratis. Ma è anche vero che al di là dell’urgenza il passeggero ha altri strumenti a disposizione. Andare a piedi, in bici, coi mezzi pubblici, ….. In fondo se il cliente – free riders si rivolge a noi è perché ci ha scelto. Già questo è parte di un compenso (non monetario certo – ed anche purtroppo di questi tempi).

    C’entra anche un dato culturale? La mia compagna francese rimprovera una certa italianità del non essere “mai” chiari nelle questioni professionali ed in particolare per quello che riguarda lo scambio di danaro, il compenso della prestazione. Uscendo dagli stereotipi, è pur vero che i miei parenti quando regalavano soldi a noi nipoti li mettevano rigorosamente in una busta o ce li passavano di nascosto stringendoci la mano… Ora forse mia nonna era eccessivamente pudica, ma io non le ho mai chiesto come mai facesse così!

    Vorrei segnalare anche un’esperienza diversa. Un amico che dirige un’agenzia di pubblicità ha deciso di non partecipare più a gare che non prevedono rimborsi spese. Pur di averli in gara, alcuni società prevedono per loro dei rimborsi…

    Ora ditemi quell’amministrazione pubblica che fa un bando di gara a) rimborsato, b) che è disposta a rimborsare una data agenzia pur di averla nel bando. E vi sfido anche trovare un’agenzia che non parteciperebbe a un bando pubblico senza rimborsi spese.

    Ps. Difficile rispondere alle domande. Obbligano a scelte precise…

    • mainograz
      28 March 2012

      Ciao Matteo.
      Intanto grazie per le tue considerazioni.
      Sono molte, mi aiutano a riflettere, toccano temi che tante volte ho considerato (da solo, con Giovanna mia moglie, con i miei soci in Pares, con altri colleghi/e e – qualche volta – con i clienti).

      Le prenderò (pian piano) tutte in considerazione.

      Parto dall’ultima.
      Condivido la scelta di non partecipare gratuitamente a gare d’appalto.
      Non solo per il lavoro richiesto e non pagato, ma (soprattutto dal mio punto di vista) per la quantità di conoscenze che si immettono e che di fatto vengono trasferite a chi indice la gara. Ora questo non è sostenibile. Mi sono capitati clienti che chiedendo tre o quattro preventivi a organizzazioni serie e disponibili (ahimè) hanno – in un attimo – acquisito un differenziale conoscitivo, senza pagarlo (chiamo questo comportamento ‘deliberata sottrazione di conoscenze’).
      Segnalo che il nostro ordinamento prevede forme di gare di appalto (cfr. project financing e chiedo conferma a chi ha maggiori conoscenza di me) dove un soggetto viene incaricato di predisporre l’impianto di gara: il progetto (e per questo viene pagato) e successivamente vengono chiamati i competitors a presentare le loro offerte su un impianto definito.
      Si ammetterà che è diverso prezzare un’attività dal progettarla ex-novo.

      Seguiranno altre considerazioni.
      Non nascondo l’attivazione emotiva quando affronto il tema.
      E lancio (nuovamente) la proposta di un gruppo che affronti il tema.

      ;-)

  5. Donatella
    27 March 2012

    il vizio di chiedere consulenze gratis preesisteva alla crisi: sono sempre tante le persone che aprofittano dei consulenti e quando ci si azzarda a chiedere un compenso ti dicono”in fondo hai scritto una semplice lettera o hai fatto qualche telefonata…” .
    Mio marito, a proposito di richieste gratuite ai professionisti, utilizza una frase che rende molto l’idea: è come chiedere un passaggio a un tassista”.

  6. mgsalaris
    27 March 2012

    Questa questione mi interessa moltissimo facendo parte della folta schiera dei liberi professionisti che si vedono “estorcere” la consulenza gratis…

    • Maria Teresa
      12 May 2012

      Cara mgsalaris, mi associo alla folta schiera dei liberi professionisti che si vedono “estorcere” la consulenza gratis… penso sia un vecchio vizio piuttosto diffuso legato all’intangibilità di quanto offriamo. E’ una questione che affligge d’altra parte molti settori. Quando tanti anni fa lavoravo nel settore dell’information technology, ricordo molto bene i clienti che ci facevano ‘perdere’ un sacco di tempo a rispondere alle loro domande, dubbi, richieste di informazioni, ‘demo’ interminabili di software (d’accordo, piuttosto complicati e articolati ;-)), preventivi e offerte articolate… per poi non concludere il contratto, perché avevano voluto solo capire di più sul tema, o per utilizzare tutte le informazioni raccolte per farsi fare un preventivo dalla concorrenza. Un falegname di mia conoscenza, tanto per fare un altro esempio, mi raccontava di come alcuni clienti prendessero accurate informazioni negli show room di noti mobilifici, per poi arrivare da lui con il disegno bell’e fatto e farsi fare il mobile ad un prezzo molto più vantaggioso.

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