di Marco Cau, Graziano Maino, Anna Omodei
Il laboratorio si sviluppa in quattro tappe: due hanno preceduto la pausa natalizia, il 05 e 16 dicembre 2014, e due si realizzeranno il 13 e il 27 gennaio 2015. Fare il punto è dunque essenziale per tenere la rotta, per non lasciarsi sfuggire alcune idee emerse e per orientare i nostri prossimi incontri.
Ecco un post per ricapitolare e rilanciare alcuni degli spunti scaturiti dal laboratorio “Costruire Partnership Pubblico-Privato-NonProfit”.
Nella prima giornata abbiamo tematizzato il ruolo che il progettare assume nella costruzione di Partnership che si vogliano non dispersive. Quando diciamo ‘Progetto’ in relazione alla costruzione di Partnership, possiamo avere in mente due possibilità:
Insomma le partnership sono contemporaneamente progetti per gli attori in campo (rappresentazioni e significati densi) e sono fatte di progetti operativi (temporanei strumenti per l’azione). Senza un progetto e senza la capacità di costruire progetti e reggerne la complessità le partnership faticano a decollare e a compiere un tragitto apprezzabile.
Un elemento distintivo che identifica le partnership fra organizzazioni è la pluralità delle relazioni in gioco. Mosse da interessi diversi, non sempre consapevoli, non sempre espliciti, non sempre considerati/bili. Il nodo strutturale rimane: non si possono costituire partnership se non rilevando, collegando, facendo dialogare, e orientando la pluralità dei punti di vista e dei soggetti in gioco. Se le partnership sono sistemi dinamici di relazioni (la pluralità è un tratto distintivo), che attraversano confini più o meno definiti (ad esempio organizzazioni pubbliche interagiscono con organizzazioni private e non profit in vista di traguardi comuni), orientate verso un qualche obiettivo parziale (in quanto non coinvolgono la totalità delle strategie delle organizzazioni interessate), possiamo sottolineare due aspetti:
Senza capitali sociali è difficile innescare processi che conducano alla costruzione di partnership. E senza immaginare i soggetti come portatori di interessi, di conoscenze, di competenze, di intenzionalità è difficile edificare partnership sufficientemente salde. Il costrutto di stakeholder è essenziale, sia che si ragioni di costruire accordi che impegnano gli attori, sia che si ragioni di contesto, di partecipazione (stakeholder engagement) o di reti relazionali (capitale sociale), sia che si voglia misurare l’impatto e dar conto del lavoro e dei risultati prodotti (ne parleremo nella quarta giornata).
Le partnership per funzionare richiedono un delicato lavoro di regia. La terza giornata – anche sulla base degli apporti frutto dei primi due incontri – approfondirà proprio la questione di come favorire collaborazioni interne alla partnership. In particolare – in assonanza con quanto succede nelle reti e nei progetti 2.0 – emerge l’esigenza di figure si prendano cura del funzionamento della partnership, che giochino d’anticipo rispetto a possibili problemi, che sostengano la partecipazione e favoriscano il coinvolgimento, valorizzando i diversi apporti, che accompagnino le evoluzioni e facilitino il procedere delle attività programmate o emergenti. Spesso proprio con questa finalità viene istituito un gruppo di pilotaggio del progetto o della partnership, a volte tuttavia nei sistemi inter-organizzativi la questione del coordinamento si rivela uno degli aspetti critici, in grado di condizionare funzionalità e operosità della partnership.
Uno dei problemi che possono emergere è il distacco tra “il livello degli operatori” (composto da persone ingaggiate per svolgere attività concrete sul campo) e il “livello del gruppo di pilotaggio” (composto dai dirigenti delle organizzazioni partner). Se le occasioni di coordinamento e di confronto coinvolgono esclusivamente i dirigenti, la partnership non può funzionare:
Buone soluzioni sono:
Figure che si prendano cura del buon funzionamento delle partnership e dei progetti in partnership (Partnership Manager) sono utili.
Non si tratta della vecchia idea di “progettista” (che – da conoscitore dei bandi e delle tecniche di compilazione dei formulari – elabora il progetto e poi si defila), ma di un facilitatore che co-progetta con gli attori della partnership (insieme e senza sostituirsi ad essi), di un consulente che accompagna il progetto lungo tutto il suo ciclo di vita (sporcandosi le mani e operando “dentro” e non “sopra” il progetto), di un “professionista riflessivo” che – secondo la definizione di Donald A. Schӧn (1983) – pur esercitando la sua funzione tecnica – opera sul campo fronteggiando quel particolare progetto in quel determinato contesto disponendosi a imparare facendo, a costruire sul terreno, insieme a tutti gli attori, le conoscenze necessarie perché il progetto generi cambiamento, di un “sarto artigiano”.
D’altra parte la costruzione e la realizzazione dei progetti sono processi circolari nei quali:
Gli strumenti per progettare e per gestire i progetti (complessi) in partnership ci sono, sono utili e vanno utilizzati. Si tratta di strumenti che consentono (tra l’altro) di determinare:
Inoltre (e soprattutto) permettono di collegare logicamente questi diversi aspetti consentendo di gestire con maggior duttilità le azioni e le attività del progetto in partenariato (e di modificarle e adattarle in itinere secondo l’approccio “riflessivo” di cui si è detto sopra) senza tuttavia perdere il controllo della situazione.
In questo senso, il Partnership Manager è un consulente (o un piccolo gruppo di consulenti coeso) con competenze trasversali e complementari.
D’altra parte – e proprio affinché rispondano ai fini indicati di flessibilità – occorre utilizzare gli strumenti di progettazione e gestione dei progetti con la giusta “laicità”; si tratta di strumenti, appunto: di mezzi, non del fine.
Occorre pertanto evitare, nell’utilizzarli, due delle nove possibili patologie che Jean-Pierre Boutinet ha individuato nella programmazione dei progetti:
Gli strumenti di progettazione e gestione, quindi, come cassetta degli attrezzi per garantire la tenuta del progetto a fronte di una continua sua evoluzione e non come gabbia per fossilizzarlo.
Sul “professionista riflessivo” si veda: Donald A. Schön, Il professionista riflessivo: per una nuova epistemologia della pratica professionale, Dedalo, 1993-2010 e Fabio Folgheraiter, La cura delle reti, Erickson 2006-2011 (capitolo quinto), Richard Sennett, L’uomo artigiano, Feltrinelli, 2008.
Sui rischi (le “patologie”) della programmazione dei progetti si veda: Jean-Pierre Boutinet, Psychologie des conduites à projet, PUF, 2014 e Jean-Pierre Boutinet, Anthropologie du projet, PUF, 1990-2012.
Sugli strumenti per progettare e per gestire i progetti si veda: Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, L’ABC di un progetto, Centro Servizi per il Volontariato di Padova, 2004, Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, Ideare e gestire progetti nel sociale, Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Trento, 2009, Commissione Europea, Project Cycle Management: Manual, 2001.
Sul processo di costruzione e gestione di un progetto in partenariato si veda: APAT- Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, Agenda 21 locale 2003, APAT, Manuali e Linee Guida 31/2004.
Anche nel quarto incontro riserveremo del tempo per considerare il lavoro e le idee emerse nei tre gruppi di lavoro.
Affronteremo poi il quarto nodo che si presenta nella costruzione di partnership: l’individuazione, la raccolta, l’aggregazione, la gestione e infine la rendicontazione (in progress e post action) delle risorse economiche (e non solo). Tra le questioni che affronteremo:
Il laboratorio prevede un format di lavoro strutturato e aperto: attraverso una proposta di formazione/ricerca affrontiamo quattro questioni chiave nella costruzione di partnership (progetto, capitale relazionale, regia e risorse) e contemporaneamente apriamo a sviluppi e digressioni non predeterminate, che scaturiscono dalle elaborazioni dei gruppi di lavoro formati dalle persone che prendono parte al laboratorio.
Questi in sintesi gli ingredienti che combiniamo:
Interessante l’approccio euristico nella modalità di progettazione-intervento proposta.