Yazbek, un viaggio in Siria ai confini della morte

Con il suo ultimo libro, “Passaggi in Siria”, Samar Yazbek racconta la sua vita in esilio, la decisione di entrare in Siria clandestinamente, attraverso il confine turco, per rendere testimonianza ad una guerra che sta distruggendo la sua terra e il suo popolo

Samar Yazbek, giornalista e scrittrice affermata, regista e sceneggiatrice per il cinema e per la tv, è una donna alawita impegnata nella lotta contro la dittatura di Bashar al-Assad. Dopo ripetute minacce e intimidazioni da parte dei servizi segreti siriani, è stata costretta a fuggire in Francia, insieme alla figlia, per iniziare a Parigi la vita da esiliata. La sua colpa è quella di avere alzato la voce e manifestato contro il regime autoritario per reclamare la libertà e i diritti negati. Lei stessa viene arrestata, picchiata, rinchiusa in una prigione, dove vede con i propri occhi la sorte riservata ai dimostranti. Nasce così la volontà di raccontare la rivoluzione pacifica, iniziata nel marzo del 2001 e repressa con brutalità, e la sua trasformazione in lotta armata.

Una caduta in un baratro senza fondo

Passaggi in Siria (340 pagine, 16,00 euro) di Yazbek, pubblicato da Sellerio nella traduzione di Andrea Grechi, racconta dei passaggi di confine che l’autrice ha compiuto clandestinamente tra il 2012 e il 2014, a partire dalla nascita della rivoluzione pacifista e fino al momento del suo esilio. Un viaggio che, come afferma Cristophe Boltanski nella nota al libro, rappresenta “una caduta in un baratro senza fondo, un cammino di sofferenza interminabile”. Samar attraversa il filo spinato che separa la Turchia dalla Siria per testimoniare, far conoscere e comprendere in che modo il suo Paese sia precipitato in un abisso profondo, per denunciare i crimini perpetrati dal regime degli al-Assad, per rivendicare maggiori diritti per la popolazione siriana. Dall’agosto 2012 al luglio 2013 è ritornata tre volte nella sua terra, ad ogni passaggio sempre più irriconoscibile e lontana dalla rivoluzione pacifica.

Un urlo contro l’indifferenza dell’Occidente

La scrittrice ha scelto di raccontare la sua storia e quella dei “martiri traditi dalla rivoluzione siriana”, nel disperato tentativo di scuotere la coscienza dell’Occidente che osserva inerme la distruzione di un popolo, senza intervenire per fermare lo spargimento di sangue.

“I voyeur di tutto il mondo si stanno godendo lo spettacolo di una Siria che lotta disperatamente per la sopravvivenza – una scena costituita essenzialmente dai cumuli di cadaveri siriani. Il mondo si accontenta di osservare, di colorire e rendere ancora più sensazionale la messinscena della guerra tra Assad e l’Isis, lo spauracchio che ormai è cresciuto fino a diventare il mostro spaventoso di cui avevano bisogno per placare la loro coscienza, o meglio mancanza di coscienza”

Il merito del libro-diario è quello di documentare le brutalità e le privazioni subite dai siriani, con il coraggio di chi intraprende un viaggio verso gli inferi di una guerra, aggrappandosi con le unghia alla speranza che dalle macerie possa edificarsi una Siria libera e laica.

La scrittrice intervista miliziani islamici, raccoglie le testimonianze di combattenti, attivisti e persone comuni, assiste ai bombardamenti a cui sa perfettamente di avere avuto la fortuna di sopravvivere, incontra le donne che subiscono violenza di ogni tipo e per le quali fonda una Ong, Woman Now for Development. Uomini con arti dilaniati, ragazze violentate dai soldati del regime, madri a cui sono strappati i figli, sangue e morte ovunque, case sventrate, cumuli di macerie: Samar urla al mondo occidentale la voglia di sopravvivenza del popolo siriano che, nella quotidianità diventata inferno, continua a lottare per la libertà.

“La libertà di una donna risiede in una vita vissuta in maniera responsabile, ossia l’esatto opposto di come la società siriana considera l’emancipazione femminile, giudicata una trasgressione disordinata dei costumi e delle tradizioni”

La letteratura della catastrofe di un Paese in guerra

Passaggi in Siria rientra nella cosiddetta letteratura della catastrofe che tenta di “far emergere dai buchi neri della Storia una traccia di umanità”, di esaltare l’aspetto umano delle vicende che vengono narrate. Perché, sebbene lo straordinario è restare vivi in mezzo all’orrore della Siria, l’umanità sopravvive, resiste: quella delle donne che, dopo aver perso tutto, ricominciano da capo avviando laboratori artigianali; degli amori che nascono sotto i bombardamenti; dei bambini che giocano tra le macerie. Di uomini e donne che aspettano la fine della guerra nella loro terra, perché sanno che ci sarà bisogno di loro per edificare le fondamenta di un nuovo Paese, finalmente libero.

Sebbene quello di Yazbek sia un romanzo, è anche e soprattutto una testimonianza fedele e veritiera del martirio subito dal popolo siriano, come lo sono altri libri che, nella letteratura araba e nella narrativa siriana contemporanea, perseguono lo scopo di porre l’attenzione dell’opinione pubblica sulla Siria e sul dramma di una guerra e delle due numerose vittime. Per esempio, pubblicati entrambi da add editore, Esilio dalla Siria. Una lotta contro l’indifferenza e La felicità araba del giovane scrittore Shady Hamadi, che fotografano la storia più recente del Paese.

L’esilio, morte interiore e cuore in frantumi

Una scrittura che diventa un vero e proprio atto di coraggio, un legame intimo con la morte. Con un linguaggio poetico e spoglio allo stesso tempo, la Yazbek racconta la paura, i dubbi, le speranze del suo popolo. Ho avuto la fortuna di ascoltare Samar alla presentazione del libro a Palermo, nell’ottobre scorso (nell’ambito del Festival delle Letterature Migranti), durante la quale ha raccontato cosa voglia dire la sofferenza dell’esilio, paragonandola a una morte interiore e a un cuore in frantumi; ha spiegato la sua decisione di tornare illegalmente nel suo Paese per portare soccorso agli abitanti delle aree insorte contro il regime. Nella sua voce, nei suoi occhi, l’umanità di una donna che è sopravvissuta e si sente unita da un legame indissolubile a tutti coloro che hanno perso la vita.

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