Il vero motivo per cui non tutti possono essere artisti.

La vincitrice di X Factor 5

Cos’è l’Arte?
Chi è l’artista?
Perché, oggi, si arriva a definire “artista” chi vince un programma televisivo di talento canoro?
O una qualsiasi popstar costruita a tavolino?
O un qualsiasi “caso letterario”, di solito femminile e minorenne e pruriginoso?

Ogni mestierante, ogni artigiano, ogni interprete, chiunque dimostri di essere sufficientemente tormentato (e di prendersi molto sul serio), oggi ha la patente di artista.

L’impressione è che “artista” sia oggi una parola usata con molta leggerezza. Se non abusata.
Però non accusatemi subito di snobismo, perché il mio criterio di discrimine non ha niente a che vedere con la qualità.
Il mio discorso è esistenziale.

Tutti sentiamo in noi qualche pulsione che definiamo “artistica”. Nessuno escluso.
Chiedete agli insospettabili. Perfino il mio ex macellaio Fernando, l’essere umano più rozzo che mi sia stato dato incontrare, andava in estasi per la sua collezione di boccali da birra. Collezionare era la sua arte.
Ognuno è disposto a concedere l’esistenza della Bellezza e ognuno coltiva qualche sua forma di estetismo. Si dice che il CSS è un’arte, ed è vero. Tanti programmatori si emozionano per un bel codice e ci vedono, sicuramente, qualcosa di artistico. La ricerca dell’arte intesa come tensione al Bello è in noi.
Diverso è, al massimo, il nostro grado di consapevolezza.

Per consapevolezza non intendo la raffinatezza. Intendo il rendersi conto di avere un impulso al bello che può declinarsi in qualche espressione.
Chi in questa vita può studiare, viaggiare, fare esperienze, spesso accresce il proprio livello di consapevolezza. E spesso, per il fatto di conoscere meglio la storia dell’arte, si sente più artista degli altri. Invece è solo più raffinato.

Chi è dispensato, grazie alla ricchezza, dalle grettezze della vita quotidiana, si sente spesso un prescelto. Crede di potersi, di doversi anzi, dedicare ai propri impulsi artistici. Quanti gentiluomini annoiati si davano, e si danno, all’arte, per passatempo e capriccio. Eppure erano e sono in buona fede, credono davvero di essere artisti, esteti, anime particolarmente sensibili e tormentate, un gradino sopra agli altri.

Ma l’arte ci mette un gradino sotto, non sopra. Cercare di sublimare la vita attraverso espressioni artistiche è una forma di fuga –comprensibile- dalla incomprensibile realtà. L’ho sempre pensato: l’artista è qualcuno che non sa vivere, felicità terrena e arte sono incompatibili. L’arte ti abita come un demone, ti spossessa del tuo corpo e ti spinge alla follia, al martirio. A prescindere dalla grandezza, dalla bellezza del risultato raggiunto, i veri artisti confermano lo stereotipo di essere persone “mezze matte”, perché hanno preso, consapevolmente, una distanza dalla vita.
Non serve ricordare gli artisti morti giovani, pazzi, suicidi eccetera. Anche chi non si è spinto verso le conseguenze più estreme dell’alienazione era un alienato. E ripeto: tutto questo indipendentemente dalla grandezza/bellezza del risultato raggiunto.

Bisogna scegliere se essere felici o essere artisti. Se essere nella vita o essere nell’arte. L’arte vuole ben piu’che dedizione. Vuole tutto il nostro essere. La convenzionalità non porta alla sua strada. E nemmeno il dolore, per quanto grande, se è convenzionale. E’ l’atteggiamento, il distacco dalla convenzione con cui siamo immersi nell’esistenza, che stabiliscono il primo passo. E non escludo che molti l’abbiano fatto quel passo, e poi, sconvolti, siano tornati indietro.

Ma oggi chiamiamo “artista” qualcuno che vince un programma come X Factor. Cioè il contrario di un alienato: un superintegrato, una persona che ha un dimostrabile successo, un vincente. Tecnologia e cultura hanno formato l’impressione che l’arte sia alla portata di tutti, raggiungibile senza fatica: tutti fotografi con Instagram (vedi l’ottimo articolo di Piero Vietti), tutti dj con Tractor, tutti scrittori con un laptop e un blog, tutti modelli con Photoshop, tutti registi con una Canon 5D e un Final Cut craccato. (Se non c’è una tensione collettiva a esser tutti pittori, è solo perché la pittura in questo momento storico non è trendy).

Dico raggiungibile “senza fatica” e non parlo banalmente degli sforzi per la padronanza della tecnica. Perché puo’ anche darsi che qualcuno, appassionandosi con Instamatic, si metta a studiare fotografia seriamente, e la conquisti, la tecnica. Puo’ anche darsi che qualcuno che non avrebbe mai posseduto una macchina da scrivere -figuriamoci imparato a usarla- scopra, picchiettando le dita in Word, una vena letteraria. La fatica di cui parlo è il sacrificio consapevole. Quanti si lasceranno realmente conquistare dal demone? Quanti avranno il coraggio di seguire quella voce fino in fondo?
Chi preferirà perdersi nel proprio trip rinunciando, se il caso, anche alle luci della ribalta?

Per definirsi artisti, sentirsi “fuori posto” aiuta, ma non basta. Fuori posto bisogna proprio starci, non solo sentircisi. Anche sentirsi “incompresi” è un buon inizio e un buon indizio. Abbracciare l’incomprensione della maggior parte degli uomini, accettarla come pedaggio dell’esser nati in questo mondo, è il passo successivo.

L’arte è esclusivista. Vuole che ci si chiuda a chiave dentro di lei. Stabilisce un confine tra l’artista e il mondo, un confine invalicabile, una soglia da cui non si torna.
L’arte chiede all’artista un sacrificio immane. L’arte puo’ anche essere una vocazione, ma è –comunque- una scelta. Non credo all’inevitabilità dell’arte. Anche Van Gogh e Ian Curtis avrebbero potuto salvarsi, tirarsi indietro.

L’artista si immola per l’umanità. L’artista va trattato con rispetto. Di lui dobbiamo essere orgogliosi. Ha avuto un coraggio che pochi hanno davvero: allontanarsi di un passo per riunirci tutti nel suo sguardo.
L’artista è colui che più di tutti merita onori e successo perché a lui onori e successo sono indifferenti. A lui interessa solo una cosa: l’arte per cui vive.

A tutti gli altri, a quelli che lo fanno per passatempo e in buona fede, e che di solito hanno più successo degli artisti veri, va tutta la mia comprensione. Ma non la mia stima.

12 pensieri su “Il vero motivo per cui non tutti possono essere artisti.

  1. L’artista vero non ha patenti perché non solo non si piega supinamente ai codici, ma spesso ne inventa lui stesso di nuovi.
    Ho letto con interesse anche l’articolo sulla fotografia a tempo dei sn, fare fotografie e essere fotografi sono due cose ben diverse.

    • Ho di proposito evitato di addentrarmi nel discorso “talento”, o “riuscita”, o anche “successo”, dell’artista.
      Mi interessava soprattutto fare un distinguo tra artisti veri e pseudoartisti contemporanei, persone che godono dello status di artista senza fare per l’Arte alcun sacrificio reale.
      Cosa penso del talento? Che – purtroppo- è per pochi.
      Se un artista è in buona fede e ha talento, farà davvero grandi cose. Se un artista ha talento ma non ha la buona fede, sarà solo talento sprecato, al soldo del successo terreno.
      Ti faccio un esempio: io credo che Isabella Santacroce sia una scrittrice di grandissimo talento, che spreca il suo talento per scrivere romanzi finto-provocatori e finto-osceni di ottimo successo commerciale. Ma gli esempi sono infiniti…

  2. Riuscita e successo mi interessano meno..
    Il talento credo sia fondamentale anche se non capito o accettato e questo mi porta a chiedermi come riconoscere l’artista? Quello che e’ un artista per te lo e’ di sicuro anche per me?
    Scusa…e’ che mi fa pensare il tuo post..!

    • La mia era una analisi sulle intenzioni.
      Per me artista è “uno che ci prova”. Ma che ci prova davvero.
      Se poi non riesce ora, non è detto che non riuscirà.
      E poi i parametri di valutazione del suo lavoro variano di persona in persona, di epoca in epoca…
      La domanda che poni tu (e che sono felice di aver suscitato) riguarda l’ontologia dell’arte: “Che cosa rende l’arte tale? L’arte è universalmente riconoscibile?”
      Sono ottime domande a cui credo nessuno sa dare risposta…io personalmente me lo chiedo da una vita e ancora non so.

  3. Si capisce che l’argomento ti sta a cuore e che ti appartiene molto.
    Di certo io sono l’ultima persona capace di replicare, purtroppo non ho gli strumenti necessari ad per sostenere il tuo livello e me ne rammarico. Credo solo che, forse, anche quella ragazzina ha investito qualcosa di se’ che le da’ il diritto di dire “ci sto provando”.

    • Il mio “livello” è quello di una semplice e personale opinione!
      Riguardo alla vincitrice di X Factor sospendo il giudizio. E’ molto giovane e vedremo cosa farà del suo talento. Talento sembra averne.
      Me la prendevo con lo spettacolarizzare la riscontrabilità del successo (televoto del pubblico, eccetera) come parametro per stabilire chi è più artista di un altro…ecco, questo non mi sembra proprio giusto.

  4. Ho letto il tuo articolo con grande interesse. Ho condiviso molte delle opinioni da te espresse.
    Io non sono un’artista, ma ho conosciuto delle persone che si definiscono tali e che all’arte dedicano tutto il loro tempo a scapito di tutto il resto (affetti, amicizie, lavoro, divertimento, viaggi ecc.). Probabilmente non sono dei veri artisti. Non lo so.
    So però che vorrebbero volentieri giungere alla notorietà, godere della stima di altri artisti ed essere giudicati degni di lode dai critici.

  5. Bellissimo articolo! Mi permetto di dire che mi ci trovo molto in quello che ho appena letto in questo blog..in confidenza vi dico che ho 34 anni,non posseggo nulla,ne casa,ne famiglia,ne lavoro stipendiato al momento..ma una cosa la posseggo..la pittura,dipingo,dipingo e dipingo in tutte le situazioni possibili anche quando non posso permettermelo..perché la pittura è veramente l’unica cosa che ho,l’unica cosa che la vita fino a questo momento mi ha dato,questo è quel demone di cui l’articolo sopracitato parla..fare pittura nelle mie condizioni non è semplice ma non impossibile a quanto pare..l’amarezza è non avere un proprio studio dove poter dipingere in tranquillità e spesso dover lasciare o regalare a destra e manca i lavori poiché non avendo un posto dove custodirli devo disseminarli qua e la..a volte quando questo capita mi sento come un genitore che deve lasciare il figlio al collegio..nonostante tutto nel 2011 sono riuscito a lavorare tutta l’estate per poter permettermi di fare la prima mostra personale dove non ho venduto nulla ma mi ha dato gioia. Sono materialmente povero al momento ma contento che l’arte abbia preso la mia vita e se un giorno mi aprirà qualche porta,vi entrerò a testa alta.
    Credo che per un artista il denaro non sia il fine ma un mezzo per continuare a fare arte..questo è di solito lo spirito con il quale cerco di vendere e far conoscere i miei quadri.
    Sogno che la pittura mi possa permettere di avere una casa tutta mia dalla quale non debba più spostarmi,con un grande spazio dove poter dipingere a tutte le ore!

    Nunzio Zurzolo

  6. Mi sono sempre interrogata sulla definizione del vero artista e ho trovato oggi il tuo articolo. Sto cercando di farmi un’idea al riguardo e mi sembra che tu abbia la serenità e la sicurezza di conoscere le caratteristiche che lo distinguono , per questo vorrei farti alcune domande ( forse un pò scomode) perché credo di poter dare valore alle eventuali risposte che mi darai.

    2 in che modo o a che punto l’attore può essere considerato un vero artista? So che si parla di arte performativa, ma io vedo nell’attore un bravo interprete, un professionista nel suo mestiere di interpretazione appunto, ma non riesco a vederci l’atto creativo, penso che appartenga più al regista (secondo me gli artisti più grandiosi) o allo sceneggiatore o ancora al direttore della fotografia.
    3. Riguardo all’alienazione , che da quello che hai scritto sembra essere la prerogativa essenziale per lo sviluppo creativo dell’artista, è spesso la giustificazione che la maggioranza degli artisti o ‘pseudo tali’ sfruttano per drogarsi. mi sono spesso chiesta se autodefinirsi artisti fosse più una scusa per drogarsi con meno sensi di colpa, che altro. Tu che ne pensi?
    Nel mio piccolo credo che la totale alienazione (uno stato che può essere effettivamente incentivato dall’uso di droghe) non sia un presupposto indispensabile del “creare” , credo che il talento innato possa manifestarsi con la dedizione, lo studio , la passione e l’amore per l’arte, ma non necessariamente con una totale assoluta e perenne alienazione. A maggior ragione quando questa diventa una scusa per fare uso costante di droghe. Addirittura penso che l’uso di droghe porti a un artificiale sublimazione che può essere indotta a chiunque ne faccia uso, la sublimazione dell’artista invece è naturale e non indotta. Credo che la droga sia una ‘comoda’ via di fuga per chi non si sente all’altezza , per chi si definisce ‘”artista”ma non lo è.
    Mi interessa conoscere la tua opinione rispetto a questi due argomenti. ( sul web c’è veramente poco e niente!) grazie

    • Ho bisogno di un po’ di tempo per pensare a quello che mi chiedi. Tu hai dubbi riguardo all’arte recitativa. Credo siano gli stessi che ho io in merito alle “arti marziali”. Se qualche attore o qualche esperto di arti marziali può su questo punto illuminarci gliene sarei grata.
      Al resto ci penso un attimo…

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