Solo la parola stuzzica il palato e sollecita le papille gustative, ma parlare di cacciucco non è facile. 

Cacciucco
Cacciucco

Come tutti i piatti nati dalla cucina popolare e non dall’estro culinario di un cuoco, le sue origini sono difficili da ricostruire come le variazioni nel tempo e nei luoghi legate alla diffusione oltre quello d’origine che per il cacciucco si può configurare probabilmente con le barche dei pescatori come indica nella Parte prima del breve trattato dedicato a questo piatto il professor Giorgio Mandalis* livornese, tracciandone una storia documentata.

Nel Dizionario della “Treccani” alla voce cacciucco  si legge:

s. m. [da un der. del turco küçük «piccolo»] (pl. –chi). – Zuppa di pesce caratteristica di Livorno e Viareggio: è fatta con pesce di varie qualità cotto in un soffritto di cipolle, cui si aggiungono pomodori sbucciati, aglio, pepe o peperoncino, e un po’ di vino bianco o rosso, versando poi il tutto in una zuppiera su fette di pane abbrustolito.

L’etimo turco, oggi comunemente accettato, nell’accezione di minutaglia potrebbe infatti trovare radici storiche nella presenza nella città di Livorno, appena costituita per mandato dei Granduchi, di schiavi turchi, tanto che, conclude Mandalis, il piatto potrebbe avere avuto origine con tale nome tra Cinque e Seicento e sicuramente a Livorno prima che in altre località della Toscana.

Scorfano
Scorfano uno dei esci tipici da cacciucco

Nel Dizionario della Treccani il termine compare con tutte le sue c. mentre in altri dizionari si contempla accanto ad esso la variante con solo quattro c, che in altri ancora viene indicata come “non corretta”. La prima comparsa del termine nei dizionari viene datata 1864 che comunque non ne attesta la data di nascita testimoniata in documenti molto precedenti, e confermata e nell’aneddotica e nelle leggende di cui, come avviene per tutti i “grandi”, è circonfuso: una leggenda lo vuole nato dalla generosità dei colleghi di un pescatore annegato alla famiglia bisognosa dando chi un pesce chi un altro, l’altra aneddotica narra di un guardiano del faro costretto dai bandi fiorentini a non friggere con l’olio per la lanterna il suo pesce e, il cacciucco ne vuole poco! L’aneddotica locale tramanda che nel 1814 il generale Bonaparte in esilio lo avesse assaggiato attratto dal profumo che si sprigionava dalla cucina di bordo di un vecchio pescatore, ma che lo stesso Napoleone lo avesse già gustato nel 1796 a Livorno.

Gattuccio
Gattuccio uno dei pesci tipici da cacciucco

La storia documentata trova citato il piatto tra Sette e Ottocento: il resoconto particolareggiato di un pranzo offerto ai primi del Settecento da un ammiraglio veneziano di stanza a Livorno: tra le portate viene annoverato un coloratissimo cacciucco offerto ai non invitati al banchetto, l’affamato nugolo dei poveri. Interessante l’aggettivo che indicherebbe l’uso del pomodoro portato dagli Ebrei cacciati dalla Spagna. Che il cacciucco non sia stato sempre colorato pare certo come che non da sempre fosse “zenzeroso” che venisse cioè spaziato con il peperoncino piccante dai livornesi e viareggini chiamato impropriamente zenzero. La tradizione vuole che per il cacciucco si utilizzino pesci di poco pregio, quelli liscosi. A confera Paolo Petroni nel suo libro sulla vera cucina toscana scrive che la versione più tradizionale della ricetta livornese non prevede pesci di pregio, né scampi ne gamberoni né muscoli e aggiunge:

ma quel che veramente conta è che nel cacciucco ci siano molte varietà di pesci, una volta si diceva che dovevano essere 13 […] ma almeno 5 o 6 ci vogliono altrimenti non è cacciucco”.

Cicale uno dei crostacei da cacciucco
Cicale crostacei da cacciucco

Al cacciucco non poteva non dedicare alcune righe il testo dell’Artusi che, oltre a una breve e storicamente interessante parentesi sul nome, gli dedica ben due ricette e non dimentichiamo che il testo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” era stato pubblicato nel 1891:

Artusi ricetta 455

Cacciucco! Lasciatemi far due chiacchiere su questa parola la quale forse non è intesa che in Toscana e sulle spiagge del Mediterraneo, per la ragione che ne’ paesi che costeggiano l’Adriatico è sostituita dalla voce brodetto. A Firenze, invece, il brodetto è una minestra che s’usa per Pasqua d’uova, cioè una zuppa di pane in brodo, legata con uova frullate e agro di limone. La confusione di questi e simili termini fra provincia e provincia, in Italia, è tale che poco manca a formare una seconda Babele. Dopo l’unità della patria mi sembrava logica conseguenza il pensare all’unità della lingua parlata, che pochi curano e molti osteggiano, forse per un falso amor proprio e forse anche per la lunga e inveterata consuetudine ai propri dialetti. Tornando al cacciucco, dirò che questo, naturalmente, è un piatto in uso più che altrove nei porti di mare, ove il pesce si trova fresco e delle specie occorrente al bisogno. Ogni pescivendolo è in grado di indicarvi le qualità che meglio si addicono a un buon cacciucco; ma buono quanto si voglia, è sempre un cibo assai grave e bisogna guardarsi dal farne una scorpacciata. Per grammi 700 di pesce, trinciate fine mezza cipolla e mettetela a soffriggere con olio, prezzemolo e due spicchi d’aglio intero. Appena che la cipolla avrà preso colore, aggiungete grammi 300 di pomodori a pezzi, o conserva, e condite con sale e pepe.

Cotti che siano i pomodori, versate sui medesimi un dito d’aceto se è forte, e due se è debole, diluito in un buon bicchier d’acqua. Lasciate bollire ancora per qualche minuto, poi gettate via l’aglio e passate il resto spremendo bene. Rimettete al fuoco il succo passato, insieme col pesce che avrete in pronto, come sarebbero, parlando dei più comuni, sogliole, triglie, pesce cappone, palombo, ghiozzi, canocchie, che in Toscana chiamassi cicale, ed altre varietà della stagione, lasciando interi i pesci piccoli e tagliando a pezzi i grossi. Assaggiate se sta bene il condimento; ma in ogni caso non sarà male aggiungere un po’ d’olio tenendosi piuttosto scarsi nel soffritto. Giunto il pesce a cottura e fatto il cacciucco, si usa portarlo in tavola in due vassoi separati; in uno il pesce asciutto, nell’altro tante fette di pane, grosse un dito, quante ne può intingere il succo che resta, ma prima asciugatele al fuoco senza arrostirle.

Polpo
Polpo

Cacciucco 2

Questo cacciucco, imparato a Viareggio, è assai meno gustoso dell’antecedente, ma più leggero e più digeribile. Per la stessa quantità di pesce pestate in un mortaio tre grossi spicchi d’aglio e dello zenzero fresco, oppure secco, per ridurlo in polvere. Per zenzero colà s’intende il peperone rosso piccante, quindi va escluso il pepe. Mettete questo composto al fuoco in un tegame o pentola di terra con olio in proporzione e quando avrà soffritto versateci un bicchiere di liquido composto di un terzo di vino bianco asciutto oppure rosso e il resto acqua. Collocateci il pesce, salatelo e poco dopo sugo di pomodoro o conserva sciolta in un gocciolo d’acqua. Fate bollire a fuoco ardente tenendo sempre il vaso coperto, non toccate mai il pesce per non romperlo, e lo troverete cotto in pochi minuti. Servitelo come il precedente, con fette di pane a parte che asciugherete prima al fuoco senza arrostirle.

Se il pesce, prima di cuocerlo, resta crudo per diverse ore, si conserva meglio salandolo; ma allora è bene di lavarlo avanti di metterlo al fuoco.

Peperoncino piccante uno degli ingredienti "aggiunti" nel tempo come il pomodoro
Peperoncino piccante uno degli ingredienti “aggiunti” nel tempo

*G. Mandalis Il cacciucco ontologia, eziologia e metamorfosi.

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